martedì 15 maggio 2018

I quattro cavalieri dell'Apocalisse arrivano a Santa Cecilia in Il Sussidiario del 16 maggio


MUSICA SACRA/ I quattro cavalieri dell'Apocalisse arrivano a Santa Cecilia
Il 14 maggio è finalmente giunto a Roma Apokàlypsis di Marcello Panni frutto della collaborazione tra il musicista ed il Card. Gianfranco Ravasi. GIUSEPPE PENNISI 16 maggio 2018 Giuseppe Pennisi
Il Cardinal Ravasi in un momento dello spettacoloIl Cardinal Ravasi in un momento dello spettacolo
Il 14 maggio è finalmente giunto a Roma Apokàlypsis di Marcello Panni (autore anche del libretto). E’ il frutto della collaborazione tra il musicista ed il Card. Gianfranco Ravasi, il quale era anche sul palco nella veste di ‘introduttore’ e ‘commentatore’ . Il 21 gennaio scorso, su questa testata, venne intervistato il compositore. In effetti, la rappresentazione era programmata per fine gennaio, ma un incidente a Marcello Panni (slittato sul ghiaccio ha avuto varie fratture) ha provocato il rinvio.
Non è un lavoro nuovo. E’ stato presentato la prima volta a Spoleto nell’ambito del Festival dei Due Mondi nel 2009. Successivamente si è visto  a Milano, in Francia, in Svizzera ed altrove. E’ interessante notare che un lavoro di musica sacra per grande organico orchestrale e corale (quindi, costoso da mettere in scena) ha avuto già tante esecuzioni (ed altre forse verranno nell’avvenire) . Una delle ragioni è che è facilmente fruibile, principalmente sotto il profilo musicale.
Panni è notissimo come direttore d’orchestra in Italia ed all’estero  dove ha diretto, oltre alle opere di repertorio, numerosi lavori contemporanei di teatro in musica. Lui stesso ha composto opere liriche di rilievo e di successo (scrivendone spesso anche il libretto).
Alcune hanno un forte carattere filosofico come The Banquet, tratto dal ‘Simposio’ di Platone e visto ed ascoltato alcuni anni fa al Teatro dell’Opera di Roma, e Hanjo che abbiamo recensito il 23 novembre 2016. Tra i suoi lavori di musica sacra, ricordiamo Missa Brevis composta per la Cattedrale di Nizza, il mottetto Laudate Dominum per il Duomo di Milano e per l’appunto Apokàlypsis.
Apokàlypsis nasce da un progetto del Cardinale Ravasi, studioso di grande spessore, noto scrittore e da anni Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura nonché titolare di altri importanti incarichi presso la Curia vaticana. Il progetto iniziale era collegato con il Festival dei Due Mondi di Spoleto; il  ‘concerto in piazza’, con cui, tradizionalmente, termina la manifestazione. Doveva fornire un’interpretazione positiva, e densa di speranza, dell’’Apocalisse’ di San Giovanni, di cui, nella vulgata corrente, si sottolineano gli aspetti più tragici. In effetti, nonostante la grande orchestra, l’enorme coro, la corale di voci bianche, il lavoro non termina con un finale in crescendo (si pensi sullo stesso tema a Das Buch mit Sieben Siegeln di Franz Schmidt, oratorio novecentesco ma con impronta tardo-romantica, ascoltato alcuni anni fa nei concerti dell’Accademia e recensito su questa testata il 7 febbraio 2012) ma in diminuendo colmo di speranza.
Il lavoro segue gli stilemi dell’oratorio seicentesco: ciascuna delle due parti inizia con una presentazione (del Cardinal Ravasi in persona) e le sezioni per orchestra e cori si alternano sezioni drammatico- riflessive con letture dal testo di San Giovanni. E’ strutturato in sette quadri con un prologo ed un epilogo.
Mentre negli orari seicenteschi, le sezioni drammatico- riflessive erano affidate a cantanti (spesso di coloratura), in questo oratorio moderno sono attribuite ad attori: Sonia Bergamasco e Elio De Capitani. In ruoli minori, Patrizia Polia, Gabriella Martellacci, Sergio Leone e Marco Santarelli.
La partitura è volutamente eclettica con richiami a a canti popolari di vari Paesi (viene evocato anche il rap) per marcare il senso di universalità , con momenti diatonici e momenti atonali. Il testo ha punti in francese, inglese, tedesco, e spagnolo e nel finale in greco antico. La grande orchestra (in questa esecuzione è la Banda dell’Esercito Italiano) e ben 31 strumenti a fiato, come un gigantesco organo, e quattro percussionisti. I cori utilizzano sovente il melologo. C’è una grande attenzione (da parte di Panni) di non coprire le voci in modo che il messaggio giunga trasparente e nelle sua interezza.
Le uniformi dell’orchestra ed alcuni elementi sul palco fanno sì che l’esecuzione non sia solo concertistica ma rassomigli ad una mise en éspace.
Pubblico non foltissimo, come è consueto ad un concerto fuori abbonamento, programmato per il lunedì sera, ma che ha applaudito generosamente e con convinzione. Forse sarebbe stato preferibile eseguire il lavoro in una Chiesa (come Santa Maria degli Angeli e dei Martiri) piuttosto nell’enorme (3000 posti) Sala Santa Cecilia del Parco della Musica.
© Riproduzione Riservata.

Nessun commento: