mercoledì 9 maggio 2018

Da dove rischia di partire la prossima crisi globale in Avvenire 10 maggio

Incognite finanziarie
Da dove rischia di partire la prossima crisi globale
GIUSEPPE PENNISI
Mentre l’Italia è alle prese con una difficile crisi politica, a livello internazionale si stanno addensando le nubi di una prossima crisi finanziaria. Da un lato, l’economia reale di numerosi Paesi e continenti (unica eccezione gli Stati Uniti) dà segni di rallentamento; ciò non può non aumentare il peso del debito su Stati, imprese e famiglie che negli ultimi anni (quando è riapparsa la crescita) hanno utilizzato la leva finanziaria per migliorare il proprio futuro. Da un altro lato, il 'benign neglect' degli Usa nei confronti del tasso di cambio del dollaro può essere una miccia pericolosa. Dopo un primo trimestre in cui il biglietto verde ha perso valore rispetto alle altre principali valute, a ragione proprio del buono stato di salute dell’economia americana (crescita quasi al 3% l’anno, tasso di disoccupazione sul 2,4% delle forze di lavoro), le autorità monetarie hanno cominciato a stringere leggermente i freni nel timore di un aumento dell’inflazione con la conseguenza che il dollaro si sta rafforzando e che tutti coloro (soprattutto Stati e imprese che nel recente passato hanno venduto dollari per acquistare titoli ad alto rendimento in mercato emergenti, in gergo 'carrytrade') stanno accusando forti perdite. Ciò sta aggravando la situazione di quella che potrebbe essere la determinante della prossima crisi: il mercato obbligazionario.
Non tanto, però, quello dei titoli di Stato, schiacciati dal peso di forti debiti pubblici aggravatisi durante la crisi iniziata nel 2008, quando quello dei corporate bonds, obbligazioni emesse da imprese, grandi e piccole. Negli anni in cui, anche a ragione delle politiche monetario mirate a tornare alla crescita, i tassi d’interesse erano bassi, le aziende hanno utilizzato la leva obbligazionaria per uscire dalla crisi, prima, e per espandersi, poi. Un’analisi di Standard & Poor Global conclude che a fine 2017, il 37% delle grandi imprese a operazioni mondiali erano eccessivamente indebitato (rispetto, per intenderci, al 32% nel 2008, quando scoppiò la crisi). Mediamente il valore dei corporate bonds è diminuito fortemente; ora il rating medio è BBB- poco più del BB+ delle 'obbligazioni spazzatura' di più alto grado. Per il momento, ciò non sembra preoccupare molto i grandi investitori istituzionali. Ma il risveglio potrebbe essere brutale.
Anche in quanto, in questi anni, le banche centrali hanno messo in atto una rete di salvaguardia nei confronti di crisi del debito pubblico, ma i risultati degli sforzi per definire una rete analoga per i corporate bonds e l’indebitamento bancario hanno avuto risultati molto meno incoraggianti. Lo si deduce dall’Occasional Paper No 2017 ('Strengthening the Glbal Financial Safety Net') appena messo in rete dalla Banca centrale europea (Bce), un lavoro uscito il 4 maggio e – si badi bene – firmato non da un dirigente di peso della Bce, ma da suoi colleghi di tutte le banche centrali dell’eurosistema.
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