lunedì 30 aprile 2018

Quando anche il pianoforte diventa sovietico. in Atlantico 30 aprile


Quando anche il pianoforte diventa sovietico. La difficile vita dei pianisti sotto il comunismo (e il nazismo)

http://1.gravatar.com/avatar/7a0d00b20269f859fb87932894b6a2d1?s=24&d=mm&r=gdi Giuseppe Pennisi, in LibriRecensioni, del 30 Apr 2018, 05:06
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La presentazione al San Carlo di Napoli dell’allestimento, nato ad Amsterdam, di Una Lady Macbeth del distretto di Mzensk, di Dmitri Šostakovič, ha riproposto ancora una volta il tema del lavoro e dei musicisti nella Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. L’opera – ricordiamolo – venne messa all’indice da Stalin in persona nel 1936, nonostante l’ancor giovane Dmitri Šostakovič fosse quasi il “compositore di corte” della Mosca dell’epoca. Il teatro in musica ed il cinematografo vennero strumentalizzati dal regime sovietico (fato analogo ebbero nella Germania hitleriana e nell’Italia fascista) come strumento di mobilizzazione delle masse. E’ molto meno noto che la cameristica e, in particolare, la pianistica furono anche esse oggetto di attenzione speciale da parte del regime staliniano.
Lo documenta un elegante volume uscito in questi giorni: Soviet Piano – I Pianisti dalla Rivoluzione d’Ottobre alla Guerra Fredda, di Luca Ciammarughi (Zecchini Editore 2018, pp. 370, Euro 29). Ciammarughi, conduttore su Radio Classica dal 2007, vive la musica nella sua totalità: parlandone, riflettendo su di essa, suonando. Pianista fra i più stimati della sua generazione, ha una particolare affinità con la musica di Franz Schubert e con la grande tradizione francese, da Rameau fino a Debussy e oltre. La passione per l’arte nel suo complesso, dalla letteratura al teatro, e l’amore per i viaggi lo conducono su un cammino animato da curiosità e continuo senso della scoperta. Collabora assiduamente al mensile Musica.
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Soviet Piano – I Pianisti dalla Rivoluzione d’Ottobre alla Guerra Fredda
Luca Ciammarughi
Zecchini Editore 2018
pp. 370, Euro 29

Il volume, elegantemente rilegato e con un’eloquente copertina, sorprende perché le persecuzioni subite da compositori (specialmente di teatro in musica) e di registi (in particolare di cinematografo) nella Patria del socialismo reale erano note, ma pochi si aspettavano che solisti venissero anche loro considerati “nemici del popolo”, sempre che non fossero diventati come Rostropovic e sua moglie apertamente legati alla dissidenza.
Dalla attenta ricerca di Ciammarughi, e dalla sua ottima prosa (mai troppo sofisticata o troppo tecnica in quanto fatta per il lettore colto ma non specialista), apprendiamo che a Horowitz adolescente è stato defenestrato il pianoforte, che il piccolo Cherkassky sente il sibilo di un proiettile che passa sopra la sua testa e si va a conficcare nel muro di casa, che Magaloff fugge in slitta con la famiglia. Tutto ciò avveniva negli anni della rivoluzione d’ottobre o in quelli immediatamente successivi, quando numerosi artisti pensavano che finito il gioco puritano dello zarismo, era arrivata la libertà in molti campi, anche quello sessuale: non per nulla in quel periodo la pièce teatrale di maggior successo a Pietroburgo (non ancora rinominata Lenigrado) si intitolava L’amore di gruppo ed i costumi erano biancheria intima (è stata ripresa a Bologna in un teatro sperimentale una trentina di anni fa).
Al contrario, la presa di potere sovietica su tutte le espressioni (anche il suono del pianoforte) sta diventando sempre più stretta e sempre più severa. Lo studio la descrive con puntualità nel periodo 1917-1991, ossia dall’inizio al crollo del regime sovietico. Mentre da un lato sparivano i resti della Russia ottocentesca e si andava verso la modernità (non dimentichiamo che nei primi anni successivi alla rivoluzione d’ottobre fece passi avanti un “futurismo russo” ispirato a Marinetti e che Šostakovič fu un grandissimo compositore e suonatore di jazz), si intrecciavano “eroismi e drammi”: l’orgoglio solitario di Sofronickj, la ribellione di Marja Judina nei confronti dello stesso Stalin, l’arresto di Neuhaus per le sue origini tedesche e quello di Štarkman per l’omosessualità, i tormenti di Richter e Gilels, le disavventure con il KGB di Aškenazi, Egorov, Berman, Rudy, Gavrivol e molti altri. Tutti artisti lontani dalla politica e che non avrebbero mai immaginato di diventare eroi.
Nella parte conclusiva, prima di alcune interessanti interviste nell’appendice, Ciammarughi sottolinea che la persecuzione degli artisti è l’altra faccia di una medaglia caratterizzata dal forte senso della cultura che ha caratterizzato l’Unione Sovietica. Purché – vorrei aggiungere – fosse di regime e consenziente nei confronti del regime medesimo.
E’ un libro per chi studia storia della musica? Certamente, ma si rivolge ad una platea molto più vasta. In primo luogo, agli storici ed ai sociologi della politica, perché ci illumina su un capitolo rimasto quasi sconosciuto oppure ignorato dalla storiografia e dalla sociologia ufficiale. In secondo, agli uomini di cultura in senso lato perché sappiano di cosa si nutriva il bolscevismo. E’ utile ricordare il film del 2002 Il Pianista di Roman Polánski tratto dal romanzo autobiografico omonimo di Wladislav Szpilman, un film che ha ottenuto la Palma d’Oro al Festival di Cannes: certi nazisti avevano rispetto per i grandi pianisti. Con ciò non si vuole mostrare che il nazismo avesse un volto migliore del comunismo ma che, come ha dimostrato Luciano Pellicani in Lenin e Hitler – I due volti del totalitarismo (Rubettino 2009) – se visti da vicino si assomigliavano molto.

Rischi e trabocchetti, le "guide" pronte per il nuovo Governo in Il Sussidiario 30 aprile


FINANZA E POLITICA/ Rischi e trabocchetti, le "guide" pronte per il nuovo Governo
Il Governo Gentiloni ha varato un Def che risulta inutile per l'esecutivo che gli succederà. Molto più interessanti degli altri documenti arrivati negli stessi giorni, dice GIUSEPPE PENNISI 30 aprile 2018 Giuseppe Pennisi
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Il Documento di economia finanza è stato presentato dal Governo Gentiloni (in carica per l'ordinaria amministrazione) e verrà, quindi, esaminato dal Parlamento che si esprimerà con una risoluzione. È un Def "senza qualità", non perché abbia carenze tecniche, ma poiché, al pari del romanzo incompiuto di Robert Musil Der Mann ohne Eigenschaften (L'uomo senza qualità), esprime la fine se non di un'epoca almeno di un lungo ciclo politico: il ciclo caratterizzato da un bipolarismo (ove non un bipartitismo imperfetto come lo chiamò Giorgio Galli in un importante libro del lontano 1966) sin dalla nascita della Repubblica.
Su questa testata si era suggerito che il Governo Gentiloni soprassedesse nel presentare il documento poiché sino al prossimo autunno (quando si deve presentare la nota di aggiornamento del Def come base per la Legge di bilancio) tutti i termini relativi alla presentazione al Parlamento, e poi, alle autorità europee, sono "ordinatori", non "perentori", per utilizzare il lessico dei giuristi; tanto più che non prevedono sanzioni. Quindi, un Def che descrive l'andamento economico nell'ultimo anno e contiene previsioni a normativa costante (ed è, quindi, necessariamente privo di qualsiasi proposta politica) è poco utile. È un Def sospeso i cui benefici non sono commisurati ai costi del tanto buon lavoro effettuato da funzionari e dirigenti principalmente del ministero dell'Economia e delle Finanze. Dato che a nessuno piace lavorare, anche duramente, senza una finalità, questo esercizio in futilità non giova certo ai rapporti tra livello politico e livello tecnico- amministrativo.
La lettura attenta del documento lascia l'impressione che sia stato scritto in vitru senza tenere conto dei difficili flussi in cui naviga l'Italia. Infatti, nelle previsioni per il futuro sembra si facciano estrapolazioni lineari degli andamenti nell'ultimo anno: un irrobustimento (molto moderato) della crescita, una riduzione dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, una flessione anche del peso del debito sulla finanza pubblica e sul potenziale d'espansione dell'economia reale. Un quadro ottimista? Probabilmente, sì. Ma, e ciò e più grave, un quadro banale che non lascia alcuna eredità concettuale e strategica a chi dovrà governare il Paese. Non contiene neanche una riga sui "rischi di previsione", un capitolo, di norma, importante in tutti i rapporti di uffici studi e centri di ricerca che fanno uso di previsioni econometriche.
Proprio nei giorni in cui il Consiglio dei Ministri licenziava il Def, Prometeia e CongiunturaRef presentavano le loro analisi. Il primo dei due istituti metteva l'accento sulla difficile ripresa in Europa tra pericoli geopolitici e possibili guerre commerciali; il secondo sull'ardua gestione dell'uscita dal Quantitative easing. Il giorno successivo alla diramazione del Def, il Centro Studi Confindustria pubblicava un rapporto sulle "clausole di salvaguardia" e gli effetti dei possibili aumenti dell'Iva. Questi tre documenti hanno un sentore , anzi "puzzano", di economia e finanza reale più di quanto non si avverta leggendo un Def che olezza di polvere di scrivanie. I tre documenti citati sono densi di avvertimenti a chi avrà il compito di governare l'Italia di difficoltà e trabocchetti, internazionali e interni, su cui porre l'accento nel concepire e articolare una politica economica che coniughi crescita con equità e, soprattutto, con consolidamento della finanza pubblica e aumento della produttività multifattoriale.
I prossimi mesi saranno un cammino impervio non la strada rosea da Bella Addormentata nel Bosco che pare tratteggiata in un Def il cui sunto è dalla mattina del 27 aprile su tutti i giornali. I Governi in carica per l'ordinaria amministrazione spesso dimenticano il detto Il silenzio è d'oro. Il Governo Gentiloni, così preso dal fare nomine che forse travalicano i suoi compiti e forse speranzoso in un accordo M5s-Pd che mantenga qualche Ministro sulla sua poltrona, avrebbe fatto meglio a non redigere questo Def sospeso e senza qualità.
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La "Carmen" per bambini in Il Sussidiario 30 Aprile


OPERA DOMANI/ La "Carmen" per bambini
Questo è l’anno di Carmen, la stella del circo di Siviglia, coprodotta da Opera Domani, un programma dell’AsLiCo e del Festival di Bregenz. di GIUSEPPE PENNISI 30 aprile 2018 Giuseppe Pennisi
Foto Alessia SantambrogioFoto Alessia Santambrogio
Questo è l’anno di Carmen, la stella del circo di Siviglia, coprodotta da Opera Domani, un programma dell’AsLiCo e del Festival di Bregenz, un’importante manifestazione estiva sul lago ai confini tra Svizzera e Austria. Andiamo con ordine. Su ‘quel ramo del ramo di Como' c’è un piccolo, ma importante, Teatro Sociale che sbanca tutti gli altri teatri italiani, almeno per numero di repliche di un’opera l’anno. Questa stagione sono programmate ben 150 repliche in Italia e molte altre in Austria, Francia, Germania, Stati Uniti e Svezia di una produzione di Carmen di Bizet adattata ai bambini ed ai ragazzi di tutte le età. Da ventidue anni l’AsLiCo – L’associazione lirica concertistica italiana nata a Como (dove ha la sede centrale) da anni collabora con reti di teatri stranieri nell’ambito di un programma per educare le generazioni al teatro in musica. Sono programmi pluriennali; ad esempio, questa primavera, mentre circuita in circa trenta teatri italiani Carmen, la stella del circo di Siviglia’ , in una rete di teatri della Turchia un’altra troupe As.Li.Co. porta l’adattamento del Barbiere di Siviglia  di Gioachino Rossini visto lo scorso anno in Italia, Francia e Germania.
Il primo progetto, Opera Domani, che tuttora fa parte della piattaforma Opera Education, è nato 22 anni fa dall’idea di creare una proposta musicale per i ragazzi che potesse educare le nuove generazioni all’enorme e ricco patrimonio rappresentato dalla musica lirica. Allora non esisteva nulla di simile in Italia e l’obiettivo è stato fin da subito quello di interessare il pubblico di bambini e di ragazzi utilizzando gli strumenti adeguati alla loro età e proponendo un percorso scolastico che fosse divertente, interessante, che li facesse sentire protagonisti, coinvolgendoli in prima persona nel processo di apprendimento e che fosse coniugato con attività scolastiche divertenti per imparare a cantare alcune arie e costruire piccoli oggetti di scena con cui giocare dal proprio posto in platea e diventare ‘co-protagonisti’ di un vero e proprio spettacolo di opera lirica.
Parallelamente, Opera Domani comportava anche il coinvolgimento di giovani artisti (cantanti, registi, attori, scenografi, musicisti organizzatori) chiamati alla produzione di opere liriche “adattate” ad un pubblico di ragazzi. Una vera sfida! Il progetto è stato da subito quella di educare i bambini all’opera vera per creare veri spettatori di domani, i ragazzi sono coinvolti in uno spettacolo “da grandi” per diventare “grandi spettatori” (o attori, cantanti, registi, musicisti, organizzatori, critici..!). Al primo progetto si sono aggiunte negli anni proposte per tutte le fasce d’età: Opera Kids, rivolto ai bambini delle scuole materne, Opera it, pensato per i liceali, Orchestra in gioco, il progetto dedicato alla musica sinfonica, Opera Baby per i neonati fino a 36 mesi e, l’ultimo, Opera meno 9, per le mamme in attesa. Ognuno dei progetti dedica percorso e produzione teatrale ad un autore, esplorandolo ed adattandolo al pubblico di riferimento. Opera Education è la piattaforma per i giovani che racchiude tutte le possibilità di educazione alla musica lirica e sinfonica.
Non c’è distinzione anagrafica di pubblico, Opera Education e tutti i suoi progetti vengono seguiti sia dai ragazzi che provengono dai centri delle città sia dalle periferie che da piccoli paesi più difficili da raggiungere. Dopo il successo di Opera Domani, che si rivolgeva principalmente a bambini di scuola elementare e media, AsLiCo ha ora esteso, come si è visto,  le proposte a tutte le fasce d’età comprese tra gli 0 e i 18 anni .
Ma veniamo a Carmen, la stella del circo di Siviglia vista ed ascoltata al Teatro Olimpico di Roma il 27 aprile scorso, in una delle recite serali in cui sono ammessi genitori , parenti ed adulti in genere. Ovviamente il violento lavoro di Bizet è contenuto in un’ora un quarto (senza intervallo) e reso fruibile a bambini (i quali partecipano cantando dalla platea alcuni cori a cui sono stati addestrati a scuola); i bambini che hanno seguito la prepazione all’opera sono distinguibili dagli altri poiché indossano cappellini di carta (da loro stessi manufatti) e portano bandierine. Restano molto delle principali arie e degli ensemble, ma la vicenda è spostata in un circo di cui Zuniga (Jacopo Sorbini) è il proprietario, Carmen (Irene Molinari) la stella maga e ballerina, Josè (Ugo Tarquini) il giovane guardiano, Escamillo (Luca Galli) è ‘l’uomo d’acciacio’ che si dedica a esercizi spericolati, Micaela (Tiberia Monica Naghi) l’assistente del lanciatore di coltelli , Mercedes (Luana Grieco) la trapezista, Dancario (Guido Dazzini) il lanciatore di coltelli , Remediario (Ermes Nizzardo) il fachiro. Dato che siamo in un circo , non mancano giocolieri e ballerini . Nella bella scena di Alessandro Bernard (autore anche della regia) e di Alberto Beltrame, la vicenda si sviluppa da un pomeriggio alla mattina seguente.. C’è ovviamente un’orchestra dal vivo (l’orchestrazione è semplificata) diretta con brio da Azzurra Steri.
La vicenda si dipana più o meno come  nel libretto: Carmen irritisce il giovano Josè (appena assunto come guardiano del circo) e lo tradisce con Escamillo, José (licenziato ed ignavo della tresca di Carmen con Escamillo) la segue in atttività illegali di contrabbardo. Nel finale , Josè trafigge Carmen che ha cercato di colpire Carmen (rifugiatasi nella scatola del lanciatore di coltelli) con una sciabola. Quando gli altri accorrono ed aprono la scatala , il manufatto è vuoto. In fin dei conti, questa Carmen è una maga. Ed uno spettacolo per bambini e ragazzi non vuole essere cruento.
Tre ottime voci di cui si parlerà in futuro: Irene Molinari, Ugo Tarquini, e Luca Galli.
Molto divertimento e tanti applausi.
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L’Ouverture spirituale e la musica contemporanea a Salisburgo in Formiche del 28 aprile


L’Ouverture spirituale e la musica contemporanea a Salisburgo
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L’Ouverture spirituale e la musica contemporanea a Salisburgo
Conversazione con Kent Nagano che il 20 luglio aprirà il Festival estivo di Salisburgo
Il 20 Luglio, Kent Nagano inaugurerà il Festival estivo di Salisburgo alla guida della sua Orchestra Sinfonica di Monréal con la Passione Secondo San Luca di Krysztov Penderereki, di cui ebbi la fortuna di ascoltare, quando vivevo negli Stati Uniti, una esecuzione (diretta dall’autore), al Kennedy Center di Washington.
Ogni estate il Festival di Salisburgo è introdotto da una decina di giorni di musica spirituale, non necessariamente sacra o cattolica ma di varie religioni e confessioni purché diretta verso l’Alto e caratterizzata da contenuti attinenti alla trascendenza. Nagano è spesso ospite del Festival. Questa estate tornerà al Festival a metà agosto per dirigere Le Bassadiri di Henze, di cui diresse la prima mondiale nel 1966. In passato, ha diretto, tra l’altro, Oedipus Rex e Symphony of Psalms di Stravinsky, Saint François d’Assise e La Transfiguration de Notre Seigneur Jésus-Christ di Messiaen, Die Gezeichneten di Schreker, Der König Kandaules di Zemlinski, L’amour de loin di Saariaho e Lux Aeterna di Ligeti. Tutti spettacoli che hanno fatto epoca. Numerosi in prima mondiale.
Gli ho posto alcune domande sul suo lavoro a Salisburgo.
Inizia, Maestro, la Ouverture Spirituale del Festival di Salisburgo con la Passione Secondo San Luca di Krysztov Penderereki. Ci può descrivere questo opera?
Questo lavoro ha debuttato nel 1966 a Münster. Allora vivevo negli Stati Uniti, dove lo considerammo un grande avvenimento. La chiamammo ‘nuova musica’ perché combinava un innovativo idioma musicale con la struttura formale di un oratorio. Ad oggi non ha perso nessuna di queste caratteristiche.
Cosa rende speciale l’Orchestra Sinfonica di Monréal (Osm)?
Come altre orchestre del Nord America ha una capacità tecnica eccezionale che la mette in grado di eseguire qualsiasi cosa il direttore e gran parte dei compositori viventi hanno nella loro immaginazione. La Osm rispecchia gli aspetti più provocatovi della tradizione esecutiva del ‘Nuovo Mondo’ ed in particolare quella del Quebec, la regione del Nord America dove arrivarono i primi europei. Il Quebec non ha mai interrotto i legami con la cultura europea e ne mantiene la sensibilità ; è quindi molto adatta alla musica europea del XXI secolo. È anche l’unica regione del Nord America in cui si parlano differenti lingue: Quindi quando si ascolta la OSM si ha davvero un’esperienza unica poiché la sua estetica riflette contemporaneamente quella europea ed americana.
Cosa, a suo parere, rende speciale la musica di Henze di proporrà Le Bassaridi?
Le vette a cui è arrivato Henze e la sua prolifica produzione sono davvero speciali. È un’estetica del tutto differente dalle avanguardie di Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen and Luigi Nono perché immersa nella tradizione musicale europea. Ha composto in una vasta gamma di forme della sintassi tradizionale europea: sinfonie, composto in una vasta gamma di forme della sintassi tradizionale europea: sinfonie, opere, musica di camera, musica per solisti. Henze ha sviluppato un linguaggio musicale personale indipendente dalle tendenze prevalenti. Al centro del suo lavoro c’è la sua visione politica e sociale e la sua polemica con le ideologie del capitalismo occidentale, specialmente nei suoi lavori per il teatro come “The Raft of the Medusa”, “Tristan” or “We come to the River”, per citarne solo alcune. Ma anche tramite le sue iniziative di lunga durata come il “Cantiere Internazionale d’Arte” di Montepulciano e successivamente la ‘Biennale di Monaco’ per il nuovo teatro in musica. L’opera Le Bassaridi, tratta da Euripide e commissionata dal Festival di Salisburgo alla metà degli Anni Sessanta riflette un periodo di grandi conflitti sociali ed internazionali e rispecchia in particolare il cambiamento delle strutture sociali in Germania, in Europa e nel resto del mondo. Il disegno musicale di Henze mostra una passione furiosa per il movimento ed una grande forza esistenziale. E’ senza dubbio uno dei capolavori più importanti della seconda metà del Ventesimo Secolo.
Krzysztof Warlikowski, che collaborazione ha con questo regista a cui è affidato l’allestimento de Le Bassaridi?
Ho lavorato con lui una volta sola, a Monaco per una produzione di Eugene Onegin di Tchaikovsky. Ne ho grande stima e lo considero un regista coraggioso, analitico e pieno di immaginazione ; cerca di rendere il contenuto più profondo delle opere che mette in scena. L’opera verrà allestita nella Felsenreitschule (l’antica scuola di equitazione del Principe Cardinale) , uno spazio unico scavato nella montagna ; permette diverse prospettive ed aumenta l’attenzione per lo spettacolo. La Felsenreitschule crea un’atmosfera special e tensioni tra il pubblico e gli interpreti, un contrappunto quasi ai nostri tempi.
Avverte cambiamenti nella percezione della musica moderna e contemporanea?
Anche se siamo nel Ventunesimo secolo solo da 18 anni, per il pubblico di oggi la musica del Ventesimo secolo (allora associata con avanguardia, sperimentalismo e simili esperienze), oggi è considerata come parte di una ricca tradizione che affonda le proprie radici nei secoli precedenti. Oggi i repertori includono capolavori del Ventesimo secolo che solo 50 anni fa venivano considerati controversi.
(Foto: © Felix Broede)
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