giovedì 1 marzo 2018

Turandot contro Turandot da Formiche mensile marzo



TURANDOT CONTRO TURANDOT
Beckmesser
Il Teatro Lirico di Cagliari inizia la stagione 2018 ai primi di marzo con una rarità : Turandot di Ferruccio Busoni. Precede di qualche anno la più nota opera di Puccini. Ebbe la prima assoluta nel 1917 a Zurigo, dove il noto pianista e compositore (con ascendenza sia italiana sia tedesca) aveva trovato riparo, durante la prima guerra mondiale. E’ molto rappresentata all’estero ma poco in Italia. In tempi recenti, ne ricordo edizioni a Verona, a Sassari ed a Torre del Lago. In tempi più antichi alla Scala.
Più breve dell’opera di Puccini (i due atti durano poco più di un’ora) ma volutamente fedele allo spirito della ‘fiaba teatrale’ di Carlo Gozzi di cui mantiene le maschere della Commedia dell'Arte, filtrate attraverso il lontano e immaginario Oriente. A differenza del lavoro di Puccini, post romantico ed anche ispirato al simbolismo di Debussy, l’impianto drammaturgico e musicale è un misto di serio e di burlesco, di ‘fuor del tempo’ e di attuale,  oscillante tra forme della tradizione musicale e innesti o tagli di fattura moderna, sovente modernissima. Un aspetto essenziale è la polemica contro il teatro musicale ottocentesco, romantico e naturalista. Nella Turandot take polemica è accentuata e sferzante quanto spogliata da deliberati intenti parodistici o da confessioni amaramente sarcastiche. Che la ‘fiaba teatrale’ con il suo continuo e variopinto alternarsi di passione e di gioco, di realtà e di irrealtà, di atmosfera quotidiana e di fantasia esotica, avesse potuto affascinare Busoni, non è cosa che meravigli conoscendo i suoi gusti e le sue idee sul teatro, musicale e non; ma che  quella fiaba potesse dar vita a una creazione teatrale originale e indipendente, è sorprendente .
Per la stesura del libretto Busoni non prese in considerazione la più famosa delle rielaborazioni romantiche della Turandot, quella di Schiller a cui si era ispirato anche Carl Maria von Weber per le sue musiche di scena composte nel 1809. Non a caso fu questa versione di Schiller, nella traduzione italiana del 1857 di Andrea Maffei, ad attrarre Puccini verso  la sua ultima opera incompiuta. Per Busoni era essenziale la  sensazione che si tratta sempre di un gioco - persino nelle scene che confinano con la tragedia. Si rivolse al testo originale di Gozzi; ridusse la trama alle sue linee essenziali abolendo personaggi ed eventi secondari, ma mantenne inalterato il carattere fiabesco del soggetto, e ne accentuò attraverso situazioni eminentemente musicali gli elementi propriamente magici e illusionistici, fantastici e irreali. Soprattutto si giovò della presenza delle maschere della Commedia dell'Arte, rappresentate dall'eunuco Truffaldino, da Pantalone e da Tartaglia, non soltanto per conferire vivacità e umorismo alla vicenda, ma anche per distruggere, ogni impressione realista e sentimentale. Questo ruolo di mediatore è affidato anzitutto a Pantalone, che impersona lo spirito del veneziano e che con le sue allusioni alla città natale e le sue locuzioni dialettali ricorda costantemente l'ambiente reale circostante. Per Pantalone Busoni arrivò addirittura a inventare una sorta di lingua dialettale tedesca, grottesca e caricaturale. Così anche gli altri personaggi d'invenzione della vicenda non hanno modo di uscire dai limiti prefissati, uniformandosi a ciò che Busoni chiamava ‘la piacevole menzogna della scena’.
Adottando la struttura del Singspiel mozartiano, con parti parlate, e  numeri cantati in forma chiusa e di pezzi, puramente musicali, Busoni conferisce unità e varietà formale all’opera ; tenendo distinti i ruoli e i compiti di ogni specifico mezzo espressivo, può rivestirli dei simboli che a ciascuno di essi sono propri e nello stesso tempo mantenere, ancor più accentuato, quell'equilibrio composito caratteristico del dramma fiabesco. Ciò che a Mozart era riuscito in modo insuperabile, Busoni lo tenta in prospettiva moderna e con  lucido distacco.
E’ un lavoro da non perdere.

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