giovedì 2 novembre 2017

Opera lirica e Tecnologia in Formiche mensile 2 novembre

La tecnologia riduce i costi di
produzione ed espande l’offerta.
Perché la “musa bizzarra e altera
– così in un testo fondamentale
degli anni Ottanta il musicologo
Herbert Lindenberger definì
l’opera lirica – non appassisca e,
come tante sue eroine, non muoia
di tisi occorre far leva sulla
tecnologia”. Da diversi anni,
la Metropolitan opera house
di New York e la Royal opera
house di Londra confezionano
dirette che si possono vedere nei
cinema a prezzi accessibili e con
visione e acustica di altissimo
livello. La stagione della Metropolitan
opera house è la più antica,
comprende una dozzina di
titoli che vengono trasmessi una
sola sera in 2mila sale cinematografiche
in settanta differenti
Paesi, tra cui l’Italia. Più recente
quella della Royal opera house,
che include un numero minore
di opere (una mezza dozzina
ma un pari numero di balletti).
La Scala trasmette in numerosi
cinema la serata del 7 dicembre
ma, dal punto di vista tecnologico,
la qualità non ha ancora
raggiunto quella del Metropolitan
e della Royal opera house.
Tuttavia, le dirette cinematografiche
hanno avvicinato nuovo
pubblico (anche perché i biglietti
costano quasi come quelli di un
film) che un giorno sarà pubblico
di opere dal vivo. In Italia, in
numerose città di provincia dove
manca un teatro d’opera, sono
occasione per “serate all’opera”,
anche se in surroga: ci si veste
bene, si organizzano cene dopo
lo spettacolo, ci si organizza per
andare in città più grandi per
andare a vedere l’opera dal vivo
(non solo in diretta). In breve,
si raggiungere appieno l’obiettivo
di sviluppare la domanda,
espandendo l’offerta e spesso
solo facendola conoscere. C’è
un grande sviluppo tecnologico
nella produzione scenica. Sino
a tempi relativamente recenti
si utilizzavano fondali dipinti e
quinte. Spesso le stesse scene (salone,
piazza di paese, cattedrale,
prigione) venivano utilizzate dal
teatro per più opere e potevano
essere cedute ad altri teatri
anche per titoli differenti. Se
si scorrono le locandine delle
prime di metà Ottocento, però,
arrivano, le scene d’autore; si
inizia a specificare, quando presente,
l’utilizzo di scene inedite.
Nella seconda metà dell’Ottocento
arriva la scenografia vera
e propria; ne diedero grande
impulso Wagner e Mahler (nel
decennio in cui fu direttore
generale dell’Opera di Vienna).
Apparvero le scene fatte essenzialmente
da luci (come quelle di
Adolphe Appia). Si arrivò poco
a poco a scene costruite e, quindi,
a costosi palcoscenici (spesso
a più piani) per utilizzarle. Tali
palcoscenici (in Italia li hanno la
Scala, il Carlo Felice di Genova,
l’Opera di Firenze) sono presto
passati di moda a ragione della
tecnologia, che ha reso possibile
scene proiettate, con effetti
ancora maggiori e migliori di
quelle costruite. Ora, la grande
novità, che potrà rivoluzionare
gli allestimenti, sono le scene di
carte in 3D, già sperimentate a
Roma nell’opera Frà Diavolo di
Daniel Auber coprodotta con
il Teatro Massimo di Palermo.
Per ora vengono realizzate da
un’unica azienda di Massa Lombarda.
La scenografia è composta
da pezzi realizzati da un
braccio meccanico, strato dopo
strato, utilizzando carta di mais
e materiale plastico facilmente
trasportabile e riciclabile. In Frà
Diavolo danno un particolare
effetto la pop art e la pittura di
Salvador Dalì. Un passo avanti
per svecchiare quella “musa
bizzarra e altera”.
di Beckmesser
Opera lirica e tecnologia
PALCHI E PLATEE
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