martedì 5 settembre 2017

Investimenti e regole i nodi della partita italiana per la banda ultralarga im Avvenire 6 settembre



Investimenti e regole i nodi della partita italiana per la banda ultralarga
Uno dei temi centrali della prossima legislatura è il rilancio della produttività. A sua volta, il miglioramento della produttività richiede quello della tecnologia. Prendiamo la banda larga: l’Italia è venticinquesima in classifica a livello europeo, e cinquantacinquesima a livello mondiale. Se ne parla poco, ma dietro le quinte sono in corso confronti di punti di vista (e si stanno affilando coltelli in quanto l’argomento implica forti interessi industriali e finanziari). Le questioni principali sono le seguenti: a) Il monopolio 'tecnico' di Telecom per la rete, un retaggio storico per l’Italia e per altri Paesi dovei la compagnia telefonica di Stato non ha mai ceduto la rete, è ancora compatibile nel contesto europeo e mondiale? b) In caso di risposta positiva a questa domanda, come affrontare il problema dell’ultimo miglio ed evitare i frequenti disservizi spesso imputati a inefficienze della rete Telecom? c) Se si decide di privatizzare, come farlo? Creando un duopolio ad esempio Telecom-Open Fiber (l’azienda creata da Enel e dalla Cassa Depositi e Prestiti) oppure tramite un’impresa a cui partecipino tutti i maggiori operatori del settore? d) Dato l’enorme sforzo finanziario richiesto, quali incentivi possono essere concepiti nella nostra situazione di bilancio e nel quadro delle regole europee?
La banda larga o ultra-larga serve a portare la fibra a casa dell’utente, o almeno all’armadietto di strada accessibile a tutti gli operatori nelle medesime condizioni, eque, trasparenti e non discriminatorie. Si confrontano due soluzioni : la prima (Ftth) è quella che sta realizzando Open Fiber dato che ha vinto le gare bandite da Infratel per gli stanziamenti messi a disposizione per le aree a fallimento di mercato; la seconda (Fttc) è quella che sta realizzando Tim, che consente di sfruttare ancora un pezzo della sua rete in rame. Mentre la prima soluzione (Ftth) è completamente autonoma nell’accesso all’utente finale rispetto alla rete di Tim, la seconda soluzione (Fttc) vincola la concorrenza a usarne comunque l’ultimo tratto e richiede forti investimenti in quel che resterebbe della rete in rame (sulla quale negli ultimi lustri ci si impegnati meno del necessario, come documentato, ad esempio, nel libro di Maurizio Matteo Decina nel libro 'Goodbye Telecom?').
A rendere il quadro più complesso ci sono le regole europee in evoluzione. La Commissione europea ha formulato una proposta legislativa per sostituire l’ormai vetusto European Regulatory Framework for Electronic Communications (Rfec) del 2002 con un nuovo European Electronic Communications Code. Tra gli obiettivi del nuovo 'Codice' come stimolare investimenti sulla banda veloce e ultraveloce. Molto utile, a riguardo , il lavoro di J. Scott Marcus (Bruegel), Veronica Bocarova (Cullen International) e Georgios Petropoulos (Bruegel) 'Incentives for investment in fast broadband: How much can be expected from the proposed European Code?' (Incentivi per investimenti in banda larga: quanto ci si può aspettare dal Codice europeo in via di preparazione?). Il nuovo 'Codice' è mirato a sviluppare linee di azione per incrementare gli investimenti. Potrebbe essere il punto d’avvio per un dibattito rigoroso in Italia e fare sì che a Bruxelles il Governo apporti un contributo per chiarire punti ambigui o poco chiari.
Giuseppe Pennisi
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