lunedì 19 giugno 2017

Così l'Italia resta fuori dalla stanza dei bottoni Ue in ul Sussidiario 19 giugno



FINANZA E POLITICA/ Così l'Italia resta fuori dalla stanza dei bottoni Ue
Si saldano i rapporti tra Germania e Francia. Questo conferma ancora una volta che l’Italia si illude se pensa di contare qualcosa nell’Ue, spiega GIUSEPPE PENNISI
19 giugno 2017 Giuseppe Pennisi
Angela Merkel con Alexis Tsipras (Lapresse)Angela Merkel con Alexis Tsipras (Lapresse)
Questa nota viene scritta da Lipsia, in Sassonia, dove sono per seguire un festival musicale. A circa due ore da Berlino si respira bene quanto avviene nella capitale federale e la presenza di numerosi amici e colleghi francesi (oltre che tedeschi) consente di toccar con mano il ravvicinamento dei due Paesi e la chiara intenzione di essere loro due l’architrave dell’Europa (senza la partecipazione di altri che potrebbero essere “scomodi” prima ancora che incomodi).
L’autorevole testata di Francoforte (Frankfurter Allgemeine Zeitung) e l’importante giornale di Monaco di Baviera (Süddeutsche Zeitung), ma anche le meno note (in Italia) testate di Berlino, sostengono che Angela Merkel va verso il quarto cancellierato abbastanza tranquillamente (sempre che non sorgano per ora inattesi imprevisti). I rapporti con la Francia e in particolare con l’Eliseo comunque non cambierebbero se il vincitore fosse Schultz. Lo spiega bene un’analisi di Nathalie Versieux, apparsa sul francese Libération, una testata nata e rimasta a sinistra: non solo tanto il Cancelliere tedesco quanto il Presidente francese hanno l’obiettivo di “rinegoziare i trattati europei” - ne esisterebbe già una prima bozza alla cui stesura l’Italia non solo non ha partecipato, ma non ha avuto alcuno invito a dare un parere -, ma Macron può contare su un’amicizia di lunga data con Sigmar Gabriel, autorevole membro della Spd ed attualmente ministro degli Esteri della “grande coalizione” della Repubblica Federale.
Il programma “europeo” del binomio che si accollerebbe la guida di quel-che-resta-del-continente includerebbe non solo elementi di una politica di difesa comune, e una strategia europea nei confronti del terrorismo, ma anche una politica economica concertata e diretta all’abbassamento del debito pubblico. Quindi, secondo il binomio franco-tedesco chi più debito pubblico ha, più ne deve abbattere anche facendo ricorso a imposte patrimoniali (i francesi sono maestri in materia).
Chi ricorda l’Europa degli anni Sessanta rammenta che allora l’Italia era più sostenitore dell’accesso della Gran Bretagna in quella che allora si chiamava Comunità economica europea (Cee). La guida del binomio franco-tedesco veniva giudicata pesante in molti settori (agricoltura, siderurgia). Con l’ingresso di Londra, ci sarebbe stato un re-equilibrio con un tandem italo-britannico che avrebbe bilanciato quello franco-tedesco. Non solamente il re-equilibrio non c’è mai stato, ma con la Brexit ormai in fase negoziale non ci potrà essere. Da allora l’Italia tenta di entrare in un direttorio a tre. Parte delle concessioni ottenute (specialmente in materia di finanza pubblica) vengono presentate al pubblico non solo come successi della nostra diplomazia economica e finanziaria (indubbiamente lo sono), ma come segno che il “triunvirato” sarebbe già cosa fatta.
Grande errore. Da un lato, la Costituzione tedesca dà al Cancelliere poteri che nessuna riforma costituzionale italiana darebbe al Presidente del Consiglio. Da un altro, come acutamente rilevato da Marcelo Wesfreid su Le Figaro (testata conservatrice), Macron all’Eliseo vuol dire “l’americanizzazione del potere” (uso sfrenato dei media, dello spoil system, di fedelissimi con cui ha lavorato sin dagli anni delle grandes écoles con eccellente preparazione tecnica). Da un altro ancora, l’Italia si presenta con un tripolarismo in cui le due forze tradizionali sono frammentate e litigiose. Prive delle qualità di base per essere ammesse nella “stanza dei bottoni” europea. È soltanto “terzo scomodo”.
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