sabato 13 maggio 2017

Il Pil che serve per i crediti deteriorati in Avvenire 14 maggio



Studio.
Il Pil che serve per i crediti deteriorati
Un’analisi del Fmi cerca di rispondere a un domanda cruciale: di quanti anni di crescita (moderata, ma realisticamente prevedibile) ha bisogno l’Italia per liberarsi del fardello dei crediti deteriorati?
L’analisi è contenuta in un paper, ancora inedito, di Mehdi Raissi e di Anke Weber (del Fmi) e di Kamiar Mohaddes del Girton College della Università di Cambridge in Gran Bretagna Per rispondere alla domanda il lavoro utilizza un metodo innovativo: un modello non aggregato per l’intero Paese, ma disaggregato in 17 aree economiche e finanziarie al fine di individuare un 'livello di soglia' per la crescita economica al di sotto del quale non solo non si riducono gli effetti perversi dei Npl, ma si aggravano.
Il livello di soglia viene individuato in un tasso dell’1,2% di crescita reale del Pil mantenuto, però, per diversi anni (almeno una decina). In tal modo ci si può basare solo o principalmente sulla crescita per portare i crediti deteriorati a livelli sostenibili. Tuttavia, il lavoro Fmi spiega anche come tale obiettivo non sia facilmente raggiungibile: non solamente a ragione dell’esperienza del passato, secondo la quale l’Italia è entrata in una ciclo di stagnazione secolare o quasi dall’inizio degli anni Novanta, ma a causa di «rigidità strutturali di lungo periodo e della urgenza di migliorare la situazione della finanza pubblica». Quindi , non è affatto facile raggiungere un tasso di crescita del Pil dell’1,2% nel lungo termine e «altre misure di politica economica devono essere messe in atto».
Il lavoro non indica quali debbano essere queste misure. L’analisi suscita perplessità per due ragioni. Da un lato, lo studio sembra un invito non troppo implicito a fare ricorso al Meccanismo Europeo di Stabilità, misura che toglierebbe all’Italia qualsiasi ambizione di avere un ruolo chiave di orientamento delle politiche UE (e quindi di entrare in un eventuale gruppo di direzione dell’Unione). Dall’altro, come ricorda annualmente la Banca d’Italia nel Rapporto sulla Stabilità Finanziaria, le definizioni di credito deteriorato (non-performing loans, Npl) in ambito UE sono molto eterogenee, e quella adottata dalle banche italiane è particolarmente ampia. In particolare, negli ultimi anni le banche italiane hanno richiesto maggiori garanzie e ridotto il rapporto tra credito erogato e valore della garanzia. Se si applicasse alle banche italiane la definizione di credito deteriorato adottata da primarie banche europee, che esclude le posizioni interamente garantite, il tasso di copertura del sistema bancario italiano risulterebbe molto più alto e mostrerebbe un andamento crescente negli ultimi anni. Il lavoro Fmi, dunque, va preso con le pizze prima di giungere da esso a conclusioni di politica economica.
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