venerdì 20 gennaio 2017

Un "Così" che non piace a tutti al Teatro dell'Opera di Roma in Il Sussidiario del 21 gennaio



MOZART/ Un "Così" che non piace a tutti al Teatro dell'Opera di Roma
Pubblicazione: sabato 21 gennaio 2017
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Foto di Yasuko Kageyamaa Foto di Yasuko Kageyamaa
A Roma Così fan tutte, o La scola degli amanti di Mozart mancava da diversi anni: dal 2007 quando è stato presentato nella sala ‘minore’ del Teatro dell’Opera e dal 1995 quando si è visto nella sala ‘maggiore’ attualizzato alla fine del secolo scorso con i personaggi in abiti di Giorgo Armani. 
Il’ ’dramma giucoso’ in due atti,  su libretto di Lorenzo Da Ponte, è stata concepita per il piccolo Burgtheater di Vienna, prevede brevi interventi di un coro di pochi artisti e una fortissima teatralità ben messa in risalto dalle regie di Patrice Chéreau a Aux-en-Provence (portata in tutta Europa e negli Usa) e di Alvis Hermanis alla Komische Oper di Berlino.
Nella vicenda, fatta di simmetrie e di scambi, si confrontano fermezza morale e libertà individuale. In scena, sei personaggi (due coppie di innamorati, un filosofo amico dei quattro e una servetta) ai quali la musica di Mozart infonde specifiche caratteristiche psicologiche delineandone i caratteri, i sentimenti, le idee e scandagliandone l’anima per coglierne ogni minima vibrazione, mantenendo sempre un grande equilibrio tra sensualità, cinismo e amaro “morality play” (commedia con un chiaro intento morale).
 Così” è il lavoro più difficile da eseguite tra quelli ideati dal duo Da Ponte-Mozart, probabilmente, con “La clemenza di Tito”, l’opera più ardua a mettere in scena di tutto il repertorio mozartiano. Per questa ragione non perché considerata “indecente” sino quasi all’inizio della seconda guerra mondiale, le sue esecuzioni sono state abbastanza rare sino all’esplosione in questi ultimi anni motivata in gran misura dal fatto che richiede unicamente sei cantanti, due brevi interventi del coro, un piccolo organico orchestrale; inoltre si presta ad allestimenti scenici sia leziosi (quasi goldoniani) sia attualizzati anche in modo abbastanza esplicito (l’intreccio riguarda letti, lenzuola e tradimenti). E’ diventata comunque  molto nota e si è vista ed ascoltata in allestimenti in tutte le salse-
E’ un’opera lunga, oltre tre ore di musica, con l’intervallo tra le due parti si sfiorano le quattro. Il pubblico del Teatro dell’Opera romano è di norma tranquillo: al calar del sipario, applausi (più o meno convinti) e poi si fugge per prendere l’ultima corsa della metro, specialmente in una serata gelida come quella del 18 gennaio. Invece alla prima (il 18 gennaio) è successo l’imprevedibile: dopo ovazioni quasi alla direttrice d’orchestra (Speranza Scappucci) ai sei interpreti (Francesca Dotto, Chiara Amarù, Monica Bacelli, Juan Francisco Gatell, Vito Priante , Pietro Spagnoli), all’orchestra ed al coro (il quale, diretto da Roberto Gabbiani, ha cantato in buca) all’apparizione del pluridecorato regista Graham Vick e dei suoi collaboratori è scoppiato il putiferio fischi e proteste a più non posso.
L’opera che – come accennato – è stata ambientata nei contesti più diversi , questa volta è stata situata in una scuola elementare o di medie inferiori. Dato che il titolo originario era La Scuola degli Amanti , porre l’azione ai tempi nostri in una classe scolastica sarebbe potuto andare bene ma si sarebbe dovuto trattare di una università (magari per una laurea triennale) oppure dell’anno della maturità. 
Dal libretto si evince che le ragazze hanno sui 15 anni ed i giovanotti un po’ di più; ma si era nel 1790, ci si fidanzava, sposava (e moriva) prima. Per di più i costumi erano francamente deludenti: con i due giovanotti travistiti da guerriglieri dell’Isis.  Vick ha puntato molto( ed efficacemente)  sulla recitazione, ma non pare aver colto la principale difficoltà di realizzazione (sia scenica sia musicale) del lavoro: mentre la prima parte è brillante ed ironica, la seconda è un’amara riflessione sul genere umano in cui ciascuno è, simultaneamente, infedele e geloso
Lo hanno compreso bene i musicisti. Speranza Cappucci, dal podio ed al forte piano durante i ‘recitativi secchi’, ha colto perfettamente la differenza tra le due parti del ‘dramma giocoso( e l’orchestra la ha assecondata perfettamente.. Pietro Spagnoli – lo ricordo nella produzione ‘cinese’ di Aix -  ha curato perfettamente la propria voce in questo quarto di secolo ed  è un ottimo  Don Alfonso . A Juan Francisco Gatell (in bermuda bianchi)  è anche un grande attore e gli ha a pennello la vocalità chiara e ben articolata  richiesta da Mozart per Ferrando. Vito Priante è un solido Guglielmo. Molto bravo il terzetto femminile (Francesca Dotto nel ruolo di Fiordiligi, Chiara Amarù in quello di Dorabella, e Monica Bacelli in quello di Despina) ma con costumi  che non giovano a nessuna delle tre.

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