mercoledì 18 gennaio 2017

Perché la giustificazione del 'troppo grande per fallire' non può essere un alibi in Avvenire 19 gennaio





Perché la giustificazione del 'troppo grande per fallire' non può essere un alibi
Sta per essere varata la Commissione parlamentare d’inchiesta sul 'maledetto imbroglio' del Monte dei Paschi di Siena. A questo punto, sarebbe auspicabile che la Commissione lavorasse e solo successivamente si decidesse quanti aiuti pubblici erogare, quando e come. Ma, è noto, le commissioni parlamentari hanno tempi lunghi e, a quel che si sa, il Monte è con l’acqua alla gola e se dovesse portare i libri in tribunale trascinerebbe con sé altre banche e una fetta dell’economia italiana. È, in breve, 'too big to fail' (troppo grande per fallire). Quindi, il supporto a Mps sarebbe necessario per evitare guai peggiori al resto del sistema creditizio italiano.
Da anni la letteratura economica ha dimostrato che il paradigma 'too big to fail' non regge. Ci sono casi recenti, e di grande rilievo, che dimostrano che ci sono altre strade fattibili senza accollare 120 euro a ciascun italiano. Ad esempio nelle prime fasi della crisi finanziaria iniziata nel 2008 il Governo americano è intervenuto per sostenere Fanny Mae e Fredd Mac (le due maggiori società per azioni, nate con partecipazione pubblica, per il mercato dei mutui edilizi) e ha invece lasciato fallire Lehman Brothers. Le prime due, oltre a essere nate negli anni Trenta su impulso dello stesso Governo federale e diventate società ad azionariato diffuso nella seconda metà degli anni Sessanta, erano lo strumento per salvaguardare dallo sfratto per insolvenza oltre venti milioni di famiglie (di cui si avevano nome, cognome, indirizzo e montante del debito residuo e relativo tasso di interesse). Lehman Brothers, invece, aveva giocato sulla teoria del 'too big to fail' e non rivelava come si fosse ridotta con debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi.
Gran parte di queste erano – si suppone – operazioni 'riservate' e ad alto rischio. Se Lehman Brothers le avesse svelate alle autorità federali, e queste ultime al pubblico (perché avrebbe dovuto comunque comunicarle al Congresso), la finanziaria avrebbe perso, per sempre, la propria clientela, usa a trattative segrete in eleganti salottini. Se non le avesse rese note, le regole sulla trasparenza avrebbero impedito anche soltanto di iniziare a istruire una pratica allo scopo di un eventuale finanziamento pubblico. I 160 anni della Lehman Brothers si possono vedere nell’ultimo lavoro di Luca Ronconi che, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, è in giro per l’Italia da circa un anno.
La situazione di Mps pare simile a quella di Lehman Brothers: molte sofferenze sembrano essere con clienti 'speciali' e senza adeguate garanzie per correntisti, azionisti, e titolari di obbligazioni di vario grado. C’è un alternativa. Seguire l’esempio della Spagna che si è rivolta, con successo, al Meccanismo europeo di stabilità, Mes (di cui l’Italia è contributore). Naturalmente, prima di aprire un eventuale fascicolo, il Mes avrebbe voluto avere i dettagli su crediti incagliati, insolvenze e quant’altro. Dati che sarebbero, prima o poi, diventati pubblici. In caso di fumo di reati , Mes sarebbe stato obbligato a rivolgersi alla procura della Repubblica italiana per appropriate indagini. Si afferma che ciò avrebbe comportato una perdita di immagine. Non la hanno percepita cosi gli hidalgo e i caballero spagnoli le cui banche sono state risanate e la cui economia cresce a tassi superiori alla nostra.
Giuseppe Pennisi
© RIPRODUZIONE RISERVATA




Sta per essere varata la Commissione parlamentare d’inchiesta sul 'maledetto imbroglio' del Monte dei Paschi di Siena. A questo punto, sarebbe auspicabile che la Commissione lavorasse e solo successivamente si decidesse quanti aiuti pubblici erogare, quando e come. Ma, è noto, le commissioni parlamentari hanno tempi lunghi e, a quel che si sa, il Monte è con l’acqua alla gola e se dovesse portare i libri in tribunale trascinerebbe con sé altre banche e una fetta dell’economia italiana. È, in breve, 'too big to fail' (troppo grande per fallire). Quindi, il supporto a Mps sarebbe necessario per evitare guai peggiori al resto del sistema creditizio italiano.
Da anni la letteratura economica ha dimostrato che il paradigma 'too big to fail' non regge. Ci sono casi recenti, e di grande rilievo, che dimostrano che ci sono altre strade fattibili senza accollare 120 euro a ciascun italiano. Ad esempio nelle prime fasi della crisi finanziaria iniziata nel 2008 il Governo americano è intervenuto per sostenere Fanny Mae e Fredd Mac (le due maggiori società per azioni, nate con partecipazione pubblica, per il mercato dei mutui edilizi) e ha invece lasciato fallire Lehman Brothers. Le prime due, oltre a essere nate negli anni Trenta su impulso dello stesso Governo federale e diventate società ad azionariato diffuso nella seconda metà degli anni Sessanta, erano lo strumento per salvaguardare dallo sfratto per insolvenza oltre venti milioni di famiglie (di cui si avevano nome, cognome, indirizzo e montante del debito residuo e relativo tasso di interesse). Lehman Brothers, invece, aveva giocato sulla teoria del 'too big to fail' e non rivelava come si fosse ridotta con debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi.
Gran parte di queste erano – si suppone – operazioni 'riservate' e ad alto rischio. Se Lehman Brothers le avesse svelate alle autorità federali, e queste ultime al pubblico (perché avrebbe dovuto comunque comunicarle al Congresso), la finanziaria avrebbe perso, per sempre, la propria clientela, usa a trattative segrete in eleganti salottini. Se non le avesse rese note, le regole sulla trasparenza avrebbero impedito anche soltanto di iniziare a istruire una pratica allo scopo di un eventuale finanziamento pubblico. I 160 anni della Lehman Brothers si possono vedere nell’ultimo lavoro di Luca Ronconi che, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, è in giro per l’Italia da circa un anno.
La situazione di Mps pare simile a quella di Lehman Brothers: molte sofferenze sembrano essere con clienti 'speciali' e senza adeguate garanzie per correntisti, azionisti, e titolari di obbligazioni di vario grado. C’è un alternativa. Seguire l’esempio della Spagna che si è rivolta, con successo, al Meccanismo europeo di stabilità, Mes (di cui l’Italia è contributore). Naturalmente, prima di aprire un eventuale fascicolo, il Mes avrebbe voluto avere i dettagli su crediti incagliati, insolvenze e quant’altro. Dati che sarebbero, prima o poi, diventati pubblici. In caso di fumo di reati , Mes sarebbe stato obbligato a rivolgersi alla procura della Repubblica italiana per appropriate indagini. Si afferma che ciò avrebbe comportato una perdita di immagine. Non la hanno percepita cosi gli hidalgo e i caballero spagnoli le cui banche sono state risanate e la cui economia cresce a tassi superiori alla nostra.
Giuseppe Pennisi
© RIPRODUZIONE RISERVATA


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