venerdì 6 gennaio 2017

Mps, l’Italia e la Befana in Formiche 6 gennaio



Mps, l’Italia e la Befana

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Mps, l’Italia e la Befana
L'opinione dell'economista Giuseppe Pennisi
Oggi 6 gennaio, al risveglio della dodicesima notte da quella di Natale – che ci ricorda una delle più belle commedie di William Shakespeare – gli italiani andranno a cercare, sotto il camino di casa, cosa la vecchietta che a cavallo di una scopa ha portato loro mentre dormivano, ovvero la Befana. Nella calzetta non troveranno dolciumi e regali, ma tutti, anche i neonati e gli anziani negli ospizi, un debito di circa 110 euro cadauno (ma potrebbe aumentare) per “salvare” quella che, con orgoglio e un briciolo di supponenza, si è fatta chiamare per decenni “la più antica banca del mondo” e che ora assomiglia a un cumulo di macerie, il Monte dei Paschi di Siena (Mps).
I 60 milioni circa di italiani (neonati e moribondi inclusi) sono stati tutti “monelli” nell’anno appena trascorso tanto che la Befana ha deciso di punirli (in modo uguale dato che sarebbe stato troppo difficile differenziare le “monellerie” di ciascuno da quelli degli altri)? Arduo capirlo. Tanto quanto comprendere perché un politico è andato su tutte le reti televisive a dire che investire nel Monte dei Paschi era “un affare” e non è stato ancora incriminato per aggiotaggio. Soprattutto dopo che nessuno si è fatto avanti o perché in altre faccende affaccendati (come costituire comitati per il Sì o per il No per il referendum del 4 dicembre) o perché quando vanno al mercato ittico sanno che il pesce vecchio puzza dalla testa e la pubblicità a tale merce non paga.
A mio avviso, il “salvataggio” di Mps a spese degli italiani, sui quali già grava la più alta pressione fiscale del mondo e uno dei maggiori debiti pubblici d’Europa, non s’ha da fare. Esattamente per le stesse ragioni per cui, nelle prime fasi della crisi finanziaria, il governo americano è intervenuto per sostenere Fanny Mae e Fredd Mac (le due maggiori società per azioni, nate con partecipazione pubblica, per il mercato dei mutui edilizi) e ha invece lasciato fallire Lehman Brothers.
Le prime due, oltre a essere nate negli anni Trenta su impulso dello stesso governo federale e diventate società ad azionariato diffuso solo nella seconda metà degli anni Sessanta, erano lo strumento per salvaguardare dallo sfratto per insolvenza oltre venti milioni di famiglie (di cui si avevano nome, cognome, indirizzo e montante del debito residuo e relativo di interesse). Lehman Brothers, invece, aveva giocato sulla teoria del too big to fail (troppo grande per fallire, senza portarsi dietro una fetta significativa dell’economia americana) e non rivelava come si fosse ridotta con debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Gran parte di queste erano – si suppone – operazioni “riservate” e ad alto rischio. Se Lehman Brothers le avesse svelate alle autorità federali, e queste ultime al pubblico (perché avrebbe dovuto comunque comunicarle al Congresso), la finanziaria avrebbe perso, per sempre, la propria clientela, usa a trattative segrete in salottini con poltrone e divanetti “Frau”. Se non le avesse rese note, le regole sulla trasparenza avrebbero impedito anche soltanto di iniziare a istruire una pratica allo scopo di un eventuale finanziamento.
La situazione di Mps è molto simile. Ci si sarebbe potuti rivolgere al Meccanismo europeo di stabilità, chiamato colloquialmente Fondo salva-Stati. Ma prima di aprire un eventuale fascicolo, il Fondo avrebbe voluto avere i dettagli su crediti incagliati, insolvenze e quant’altro. I funzionari e i dirigenti del Fondo sono banchieri riservati, ma dell’intera Unione europea. Se dalle carte fosse risultato che Mps avesse fatto operazioni per favorire gli “amici degli amici”, il Fondo si sarebbe dovuto rivolgere alla procura della Repubblica italiana per appropriate indagini.
Ci ascolti, signora Befana. Sappiamo che a pensare male si commette peccato e forse il 60% degli italiani ha pensato male e anche per questo ha votato No al referendum, ma spesso ci si azzecca. Quindi, faccia una riflessione su chi merita cenere e carbone.
E al caro amico Piercarlo Padoan un consiglio davvero fraterno: sia il ministero dell’Economia e delle Finanze a mettere online i dettagli di crediti incagliati e inesigibili che hanno ridotto Mps a una sorta di Aleppo. La trasparenza è sempre un merito. Nel 2018 la Befana gli porterà un calzettone pieno di godurie.
e.

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