sabato 31 dicembre 2016

Diciamo addio all’Europa di Maastricht? in Formiche 31 dicembre

Diciamo addio all’Europa di Maastricht?
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Diciamo addio all’Europa di Maastricht?
Il commento dell'economista Giuseppe Pennisi
Prosegue il dibattito su presente e futuro dell’Unione economica e monetaria. Dopo la proposta di Giorgio La Malfa e Paolo Savona, e l’analisi di Giovanni Tria, ecco l’intervento di Giuseppe Pennisi
L’articolo di Giorgio La Malfa e Paolo Savona sulle riflessioni che la Germania deve fare sul futuro dell’euro è una proposta sintetica ma articolata, frutto di due anni di scambi di idee nei “cenacoli” della Fondazione Ugo La Malfa l’ultimo giovedì di ciascun mese a cui ho spesso partecipato. Rispecchia, quindi, in gran parte anche il mio pensiero, che, quando lo esprimevo in una rubrichetta quotidiana su Il Foglio nel 1992-96, veniva accusato di essere anti-europeista, euroscettico, ove non motivato da disegni oscuri architettati alla Cia o di quel-che-restava del Kgb.
Vorrei, però, porre l’accento sull’addio all’Europa di Maastricht, non all’Europa, in una prospettiva leggermente differente e formulare un paio di proposte più specifiche. Spesso si dimentica che l’unione monetaria non fu una proposta della Germania. Berlino avrebbe risposto alla propria unificazione chiedendo ai partner europei o di accollarsene parte del costo (tramite un aumento dei tassi d’interesse pilotato da Francoforte allo scopo di finanziare la ricostruzione e lo sviluppo dei Länder orientali senza iniettare inflazione oppure tramite un apprezzamento del marco). Venne proposta dalla Francia per evitare, con un possibile apprezzamento del marco (che sarebbe stato forte), la fine del “patto del Louvre” del 1987 (che aveva fissato le parità centrali tra le monete dei due Paesi e che rappresentava l’ancora delle politica industriale francese) e con esso dell’architrave franco-tedesco nella costruzione dell’Europa.
L’Italia non solo per orgoglio nazionale (non si voleva essere secondi a nessuno dei Paesi fondatori dell’Unione europea, Ue) si accodò nell’illusione che vincoli esterni alla politica economica ci avrebbero costretto a risolvere almeno parte dei nostri problemi. Pochi ricordano che la situazione dell’Italia, già grave, era stata resa più difficile nel novembre 1989 quando il Tesoro e la Banca d’Italia decisero di abolire le ultime vestigia dei controlli sui cambi e simultaneamente far entrare la lira nella “fascia stretta” degli accordi europei sui cambi (misura che ove suggerita avrebbe comportato una bocciatura ad un esame d’economia di primo anno). Ciò innescò un apprezzamento strisciante ma sostenuto della lira che portò alla crisi dell’estate 1992 e al “rientro” a cambio sopravvalutato nel 1996. Tale apprezzamento si è aggravato anno dopo anno perché la produttività italiana ristagnava mentre quella di altri Paesi (Germania in primo luogo) cresceva.
Prima dell’unione monetaria, nel consesso europeo, la Repubblica federale tedesca aveva una posizione analoga a quella dell’Impero di Bismarck: qualsiasi suo starnuto in politica economica si trasformava in una bufera sul resto del continente, ma al tempo stesso non era abbastanza forte di prendersi cura dei problemi di tutti i Paesi europei. Nessuno, neanche i tedeschi, vogliono ripetere l’esperienza di quando la Germania tentò di realizzare Europa unita e moneta unica. Oggi, l’unione monetaria ha esacerbato la posizione della Germania (e di un piccolo gruppo di Paesi a lei legati) ed ha reso più difficile la situazione per tutti.
Non ritengo che la Germania sia disposta a rivalutare unilateralmente e da sola. La seguirebbero un piccolo gruppo di altri Paesi e si realizzerebbe il progetto olandese di un’Europa sostanzialmente a due euro, uno ‘aureo’ e l’altro “normale”. Una soluzione di breve periodo.
Il passaggio migliore sarebbe quello di tornare a tassi di cambio moderatamente flessibili gestiti collegialmente e sostenuti da istituzione finanziarie internazionali (Bce, Bei) che abbiano in vario grado il compito di promuovere la convergenza. Quindi, una Bretton Woods all’europea e adattate alle esigenze del XXI secolo.
Il vero nodo è come farlo senza fare sì che i Paesi dell’Europa meridionale subiscano in una prima fase una massiccia svalutazione, particolarmente forte per coloro a reddito fisso come i dipendenti della pubblica amministrazione.
Non mancano esperienze di unioni monetarie che si sono trasformate, dissolte ed in certi casi ricostituite dopo avere trovato il percorso della convergenza ed avere fatto parte del cammino. La proposta concreta è che venga fatto uno studio economico approfondito di queste esperienze. Idealmente dovrebbe essere condotto a livello europeo. Altrimenti, potrebbe essere commissionato dal Governo a un gruppo di buoni istituti di ricerca italiani come base per una nostra proposta al resto dei Paesi dell’area dell’euro.
Altra proposta è quella di un’analisi giuridica sui margini che gli attuali trattati forniscono per rivedere periodicamente i cambi tra gli euro emessi dai vari Paesi dell’unione monetarie.
Se nessuna di queste proposte è accettabile, se ne formulino altre che lo siano. Non si può eludere il problema.

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Bobo Craxi, Romano Prodi, Franco Frattini e Stefania Craxi
Bobo Craxi
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giovedì 29 dicembre 2016

Abstract and Symbolic in Music and Vision December 1



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Ensemble
Abstract and Symbolic
'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma
enthralls GIUSEPPE PENNISI

On 27 November 2016, Teatro dell'Opera di Roma inaugurated the 2016-17 season with a new production of Richard Wagner's Tristan und Isolde — a joint venture with Théâtre des Champs Elysées in Paris (where it had its debut last May) and with De Nationale Opera in Amsterdam (where it will be staged soon). The theater was full, and several politicians, business and media people were in the audience. After the opera, there was a gala dinner for some two hundred guests in the Opera Museum of Costumes. In brief, conductor Daniele Gatti raised his baton at 4.30pm; after the performance, the applauses and accolades terminated at 10.30pm and the gala dinner finished well after midnight. This is a clear indication that Teatro dell'Opera di Roma is now competing with La Scala Milan in terms of plush and elegance for inaugurating its opera season. Of course, ladies wore soirée attire and gentlemen black ties. I was in the orchestra seats.
Rachel Nicholls as Isolde and Andreas Schager as Tristan in Act I of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama
Rachel Nicholls as Isolde and Andreas Schager as Tristan in Act I of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama. Click on the image for higher resolution
The production is the outcome of very close work between conductor Daniele Gatti and director Pierre Audi and his creative team — Willem Bruls for dramaturgy, Christof Hetzer for sets and costumes, Jean Kalman for lighting and Anna Bertsch for video. It is a highly abstract and symbolic production: the costumes, rather poor, are timeless, the sets just suggestions with fragments of Isolde's ship in the first act, a garden without flowers but with whales bones and teeth in the second act, and rocks in the third. However, the sea is always present at the back of the stage and, in the third act, a mummy set on a scaffold — a frequent African symbol — shows the thrust for real love only after death. Indeed, during the 'action' in three acts (as Wagner called it), the two lovers touch each other only for a few seconds. The abstraction is fascinating and fully in tune with Gatti's expanded tempos. The Teatro dell'Opera orchestra was up to the challenge, especially some soloists, for example the clarinet. In short, it provided the right atmosphere and colors for the performance.
Andreas Schager as Tristan and Rachel Nicholls as Isolde in Act II of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama
Andreas Schager as Tristan and Rachel Nicholls as Isolde in Act II of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama. Click on the image for higher resolution
Tristan und Isolde is also an opera with strenuous and impervious singing roles. Andreas Schager is the perfect Tristan of our times. He has a clear timbre, excellent acute, gorgeous phrasing and incredible stamina; after the long second act duet, he sang the forty-five-minute third act monologue without even a sign of being tired. Some critics say they prefer a Tristan with a darker voice, like a bari-tenor. Ludwig Schnorr con Carolsfeld, the first protagonist who prepared the opera under Wagner's own guidance in Munich in 1865, was a lyric tenor spinto expert in Verdi roles. Also, Wolfgang Windgassen was a lyric tenor — I heard him at Teatro dell'Opera di Roma in 1959 (with Birgit Nilsson as Isolde and Heinz Wallberg in the pit).
A scene from Act III of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama
A scene from Act III of Wagner's 'Tristan und Isolde' at Teatro dell'Opera di Roma. Photo © 2016 Yasuko Kageyama. Click on the image for higher resolution
Rachel Nicholls deserves high marks, although she was clearly tired at the end of the performance. Brett Polegato and John Relyea were very good as Kurwenal and King Marke, and Michelle Breedt was a very experience Brangäne. The rest of the company was good, and it was an enthralling performance.
Copyright © 1 December 2016 Giuseppe Pennisi,
Rome, Italy
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