sabato 12 novembre 2016

Il giovane Bellini debutta a Jesi in Avvenire 13 novembre



Il giovane Bellini debutta a Jesi
Una prima mondiale a Jesi? Di un’opera dimenticata (e mai ascoltata in versione integrale critica) di Vincenzo Bellini?
Ebbene sì. Ciò spiega perché nella sala del delizioso Teatro Pergolesi, venerdì sera c’erano numerosi critici, e musicologi stranieri, principalmente austriaci e tedeschi ma anche francesi.
In scena Adelson e Salvini che l’allora ventitreenne Vincenzo Bellini, al termine del corso di composizione, mise in scena nel febbraio 1825, nel teatro del Real Collegio di Musica di Napoli, seguendo le regole dell’istituzione: ad esempio, trattandosi di un collegio maschile, i ruoli femminili venivano interpretati da adolescenti con registro simile a quello dei contralti. L’opera, pur se concepita come un saggio di fine corso, ebbe un certo successo e si vide e Venezia, Firenze, Milano e qualche altra città. In una “seconda versione” di cui non pare che Bellini ebbe mai contezza, è apparsa, senza grande successo, a Catania nel 1980 e nel 1992. Una svolta decisiva si è avuta con il ritrovamento di molte parti della versione originale nel Fondo Mascarello del conservatorio di Milano. Dopo anni di lavoro, viene presentata , secondo il filologo musicale Fabrizio Della Seta, al 98% identica all’originale nel 1825. Perché la si mette in scena a Jesi? Secondo quella che era una buona prassi, le tre rappresentazioni jesine, sono un’anteprima dell’allestimento che sarà il fulcro del prossimo Festival Bellini a Catania. Nella versione originale del 1825, pur nei vincoli e limiti di un saggio di conservatorio, il lavoro ha alcune caratteristiche di grande interesse. In primo luogo, è una rara opera italiana di quel periodo con parti dialogate (in luogo di recitativi), quindi “in stile francese” con il “basso buffo” che recita e canta in napoletano (nonostante la vicenda si svolga tra le brume irlandesi) . In secondo luogo, pur se si avvertono forti influenze rossiniane (il pesarese era stato per anni il Re della musica a Napoli), ci sono anche spunti che sembrano originate da Schubert e dell’allora giovanissimo Mendelssohn-Bartholdy, segno che, nonostante le difficoltà logistiche, l’innovazione viaggiava. Non ci sono presagi di quello che sarebbe stato “il bel canto” belliniano ma numerosi spunti del primo Romanticismo, periodo in cui l’opera andò in scena. I momenti musicalmente più alti sono i duetti tra baritono e tenore. L’intreccio riguarda l’amicizia per la pelle di due giovani, un aristocratico britannico e un pittore italiano.
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