venerdì 19 agosto 2016

Il rilancio infrastrutturale rilancia l’economia in Avvenire del 20 agosto



L’analisi.
Il rilancio infrastrutturale rilancia l’economia
GIUSEPPE PENNISI
I1 Governo ha risposto ai dati economici negativi degli ultimi giorni varando un piano straordinario di investimenti pubblici, in gergo un macroprogramma tematico e territoriale. È un programma ambizioso, affidato ad una 'cabina di regia' (di cui farà parte la Ragioneria generale dello Stato al fine d’assicurare che non ci saranno ritardi dovuto a problemi di cassa - ossia di trasferimenti dal Tesoro agli enti appaltanti, in primo luogo il Ministero delle Infrastrutture nelle sue diramazioni sul territorio). Il piano si articolerà in dieci comparti che probabilmente includeranno progetti nuovi ed anche numerosi già in esecuzione). È, infatti, caratteristica delle economie mature l’esigenza non tanto d’infrastrutture nuove di zecca quanto di manutenzione straordinaria, di ammodernamenti, di completamenti e di ampliamenti. Le infrastrutture (vale la pena ricordarlo) hanno effetti distinti nel breve e nel medio e lungo periodo. Nella 'fase di cantiere' contribuiscono ad una migliore utilizzazione della capacità produttiva, in questi anni in Italia principalmente del fattore lavoro. Una volta completate, l’incremento di capitale fisso sociale genera, durante la loro vita economica, un aumento dellaproduttività (che in Italia ristagna da circa quindici anni). Non è certo un caso che la riduzione, prima, e la stagnazione, poi, della produttività si sia verificato nel periodo in cui l’investimento in infrastrutture scendeva dal 3,5% del Pii (in linea con le altre economie mature) negli Anni Ottanta all’1% circa di questi ultimi esercizi finanziari.
Ci sono alte aspettative sul contributo che potrà dare il programma. Tuttavia, occorre non solo che i progetti siano effettivamente cantierabili nel brevissimo periodo, ossia che dispongano di tutte le specifiche tecniche (tra cui computi metrici dettagliati) perché i cantieri possano essere aperti e i lavori di realizzazione possano andare avanti. Altrimenti, rischiano di finire in un cassetto e di restarci a lungo. A riguardo, un’indicazione preoccupante è che meno di un terzo del fondo per la progettazione stabilito oltre quindici anni fa è stato utilizzato. È comprensibile che negli anni in cui si riducevano gli investimenti pubblici, sia diminuita anche l’attività di progettazione, ma c’è il pericolo che i progetti 'pronti' non costituiscano una platea sufficientemente vasta da cui selezionare i migliori, facendo ricorso alle più avanzate tecniche di valutazione e di scelta degli investimenti.
Inoltre è in vigore da alcuni mesiUn decreto legislativo 50/2016, ossia 'il Nuovo Codice Appalti', un dispositivo che tutti gli interessati devono studiare (università pubbliche e private stanno iniziando corsi specifici in materia) e metabolizzare. Ciò comporterà necessariamente ritardi, almeno iniziali, nell’attuazione del programma. L’impulso alla crescita, dunque, non sarà rapido. Nel varare il 'New deal' per uscire dalla 'grande depressione', Roosevelt non solo aveva a disposizione risorse molto più ingenti ma derogò alle normative sugli appalti, affidandone buona parte in force account ('in economia') al Genio civile e militare. Oggi un’operazione del genere (ammesso che sia concepibile) ci porterebbe fuori non solo dall’Ue ma anche dall’Ocse e dall’Organizzazione mondiale del commercio.
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L’ambizioso programma varato nei giorni scorsi dal Governo deve però far leva sull’immediata cantierabilità per non vanificare l’obiettivo
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