sabato 2 luglio 2016

Merkel sarebbe irritata per le «circostanze eccezionali» in Avvenire 2 luglio



Merkel sarebbe irritata per le «circostanze eccezionali»
GIUSEPPE PENNISI
La sera del 30 giugno, al termine di due giornate concitate, Bruxelles ha dato il via libera a un piano di sostegno pubblico alle banche italiane. La documentazione ufficiale precisa che l’autorizzazione è stata data in base ai regolamenti «sugli aiuti di Stato» (una comunicazione della Commissione pubblicata nel 2013) in situazioni «eccezionali». Ieri è stato precisato che le garanzie non servono per ricapitalizzare. C’è un nesso tra questa decisione della Commissione e le polemiche che il 29 giugno sono esplose in seguito a dichiarazioni contrastanti della cancelliera Angela Merkel e del premier Matteo Renzi?
La mattina del 30 giugno numerose testate internazionali hanno riportato una nota dell’agenzia Reuters secondo cui, al recente Consiglio Europeo, l’Italia avrebbe tentato (senza riuscirci) di fare sancire, nella confusione creata dalla Brexit, un’interpretazione di comodo delle deroghe al bail-in (e degli aiuti a banche in diffi- coltà) quali previste dalla regole sino ad ora approvate dell’unione bancaria. Come è noto, sono stati definiti due pilastri: la vigilanza e la 'risoluzione' di istituti in dissesto (dove si prevede il bail-in) ma non il terzo (la garanzia comune per i conto correnti). Quindi, l’unione bancaria è per ora uno sgabello a due sole gambe. Nel corso della giornata, anche in seguito a un rapporto del Fmi, è apparso chiaro che Deutsche Bank è fra gli istituti con una forte porzione di crediti deteriorati nelle proprie attività. Ciò ha dato agio a Jean Claude Juncker di individuare una soluzione, al di fuori della normativa sull’unione bancaria, nelle deroghe (per questo motivo un tampone di soli si mesi) alle norme sugli aiuti di Stato. Sull’unione bancaria, le ragioni del diverbio vengono da lontano. Durante il negoziato degli strumenti giuridici relativi alle 'risoluzioni' fu chiaro a economisti e giuristi italiani che le nuove regole avrebbero creato problemi a istituti di medie e grandi dimensioni. I negoziatori non ottennero alcunché. Quando le nuove regole andarono al Parlamento europeo per la co-decisione (con il Consiglio Ue) necessaria, economisti e giuristi italiani discussero con membri italiani del Pe la possibilità di una fase di transizione. La proposta non venne neanche articolata e sollevata. Ora che la Germania si sente tirata per la giacchetta sul terzo pilastro, si irrigidisce di fronte alle richieste italiane sul bail-in. In punta di diritto – si afferma al ristorante 'Eisenstein' del boulevard Unter der Linden di Berlino, all’angolo della Wilehlmstrasse, dove ha sede il ministero federale dell’Economia e vanno a pranzo alti dirigenti del dicastero – le regole prevedono eccezioni in caso di dissesti tali da coinvolgere l’intera unione bancaria. In parole povere, se IntesaSP o Unicredit oppure Deutsche Bank stessero per saltare, si indosserebbero occhiali benevoli per evitare un collasso europeo. Ciò che irrita la cancelliera e i suoi collaboratori è il richiamo alla deroga concessa dal Consiglio Europeo a Francia e Germania nel 2003. Deroga – si sottolinea – basata sull’articolo 104 del Trattato di Maastrich in cui si prevede la possibilità di derogare ad uno solo dei due parametri chiave in caso di «circostanze eccezionali» come gli uragani che in quegli anni devastarono Francia e Germania. Tale deroga – si aggiunge con malizia – potrà essere chiesta dall’Italia per il deficit di bilancio se si verificano «circostanze eccezionali» e quando il rapporto debito Pil sarà giunto al 60% (ora al 132%, alla firma del Trattato di Maastricht era al 105%). L’intervento della Commissione, pertanto, ha fornito un tampone temporaneo, ma le divergenze continuano.
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A Berlino non piace il richiamo alla deroga concessa dal Consiglio a Francia e Germania nel 2003

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