giovedì 28 aprile 2016

PUCCINI , L’AMERICANO in Formiche mensile maggio



PUCCINI , L’AMERICANO

Quasi per coincidenza le due opere ‘americane’ di Puccini vengono presentate alla Scala a Milano ed al Teatro dell’Opera di Roma quasi contemporaneamente. Ha cominciato Roma il 17 aprile con ‘Il Trittico’, coprodotto con il Teatro Reale di Copenhagen e segue Milano con ‘La Fanciulla del West’ che debutterà il 3 maggio. Tecnicamente unicamente ‘La Fanciulla del West’ sarebbe da considerarsi ‘americana’ perché di ambientazione statunitense , tratta di un lavoro teatrale di David Belasco e presentata per la prima volta al Metropolitan nel 1910. Anche ‘Il Trittico’ ha debuttato al Metropolitan nel gennaio 1918, ad appena prima guerra mondiale finita.
Tuttavia,  il nuovo allestimento de ‘La Fanciulla del West’ ( direzione d’orchestra di Riccardo Chailly , regia di Robert Carsen, Eva-Marie Westbroek, Roberto Aronica e Claudio Sgura nei tre ruoli principali) deve essere considerata quasi un debutto assoluto perché è la prima volta che l’opera viene presentata come la compose Puccini. Cioè prima che Arturo Toscanini la rimaneggiasse , togliendo la scena in cui Minnie dà una lezione all’indiano Billy ed un’altra che racconta la dura vita dei minatori, nonché qualche taglio minore. E’ vero che – come scrive Alberto Cantù in L’Universo di Puccini da Le Villi a Turandot (Zecchini Editore, 2016)- tutti i lavori di Puccini sono in certo senso dei work in progress ritoccati più volte dalla stesso autore. Ma Toscanini aveva la brutta abitudine di mettere mano nelle partiture degli autori di  cui concertava la musica: basti pensare a quel che fece al bellissimo finale di Turandot predisposto da Franco Alfano e che si è potuto ascoltare ed apprezzare solo negli Anni Sessanta del secolo scorso. Quindi, è una Fanciulla integrale che merita la massima attenzione e che sarà seguita anche dalla critica internazionale. E’ possibile che dopo questa esecuzione scaligera , direttori artistici decidano di riprendere l’opera quale concepita da Puccini prima che Toscanini ci mettesse troppo le mani.
Differente il caso de Il Trittico , a cui Puccini lavorò, non interrottamente, per circa tre lustri. Il suo epistolario rivela che già dopo il  trionfo di Tosca , il compositore aveva pensato a tre atti unici di ispirazione quasi dantesca: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Una lavorazione lunga , al termine della quale  il dramma granguignolesco de Il Tabarro ha certamente colori infernali, mentre Gianni Schicchi è quasi un ironico Purgatorio e Suor Angelica (presentata come secondo dei tre atti) ha un finale paradisiaco. Il Trittico richiede un numerosissimo cast ed una concertazione attenta (Daniele Rustioni). La regia è affidata al trentasettenne Damiano Michieletto ed è stata accolta con successo Copenhagen ed a Vienna . Nella lettura di Michieletto i tre atti unici trattano rispettivamente un omicidio, un suicidio e una vicenda comica ma molto “nera”, incentrata sulla morte. Quindi , la regia accentua il lato più notturno e cupo, per far risaltare la violenza  Nel Tabarro, ambientato in un porto industriale, viene messo in scena un mondo di sofferenti, di schiavi oppressi dal lavoro, che cercano una forma di libertà attraverso la realizzazione delle loro pulsioni sessuali.  Suor Angelicà è invece prigioniera in un luogo di penitenza, un carcere: non ha scelto lei la sua condizione, ma è detenuta per scontare una pena, un peccato che ha commesso. Gianni Schicchì invece è la rappresentazione di una lotta tra i vari personaggi per accaparrarsi l’eredità di un morto che ha degli aspetti comici, ma è anche ferocissima: tutti cercano di ingannare gli altri, e nessuno risparmia colpi bassi. Le scene, progettate da Paolo Fantin, prevedono elementi di collegamento tra le tre opere, rappresentati soprattutto da container industriali. I costumi sono firmati da Carla Teti, mentre le luci sono curate da Alessandro Carletti. Nel cast spiccano Patricia Racette (Giorgetta e Suor Angelica), Roberto Frontali (Michele e Gianni Schicchi), Roberto Aronica (Luigi).

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