martedì 22 marzo 2016

Cosa succede all’Inps in Formiche del 22 marzo



Cosa succede all’Inps

Cosa succede all’Inps
Il corsivo dell'economista Giuseppe Pennisi
Gli italiani appartengono a due categorie: i pensionandi, ossia coloro che, dopo lunghi anni di “prestiti forzosi”, i versamenti contributivi, all’Inps, si augurano di potere andare in quiescenza con una pensione “decorosa” (come scritto nella Costituzione) ed i pensionati, coloro che sono andati in pensione, ma che, invece di passare tranquillamente l’ultima fase della loro avventura umana, vivono ormai nell’incertezza di imboscate da parte del Palazzo tardo fascista di Via Ciro il Grande, sempre famelico nonostante sguazzi in miliardi di crediti non riscossi.
Ci sono notizie per gli uni e per gli altri. Per i primi sembrano buone. Con ritardo di decenni rispetto agli altri Paesi Ocse, da aprile il pachiderma INPS invierà le così dette ‘buste arancione’. Una prima tranche verrà inviata in aprile a 7 milioni di pensionandi (su una platea di una ventina di milioni circa) perché l’Istituto (i cui residui attivi crescono al ritmo di un miliardo al mese, in quanto il suo ispettorato e la sua avvocatura non riescono a riscuotere crediti dovuti all’ente) ‘non ha i soldi per i francobolli di posta ordinaria’. Sappiamo che i bilanci delle amministrazioni e degli istituti pubblici sono rigidi, ma sulla base della mia esperienza come direttore generale in due dicasteri posso assicurare che impegnandosi nella bisogna e collaborando con la Ragioneria Generale dello Stato le riallocazioni necessarie possono essere fatte anche senza attendere l’estivo assestamento di bilancio.
Ma cosa contiene ‘la busta arancione’? Una stima di quella che, a progressione di carriera invariata, sarebbe il trattamento su cui, a normativa anche essa invariata, possono contare quando in sempre più tarda età andranno i pensione. E’ un documento utile non solo come strumento di alfabetizzazione finanziaria ma anche per fare comprendere, o meglio metabolizzare ai ‘pensionandi’ che, seconda una seconda gamba (una pensione completare collettiva, di categoria o di azienda), ed una terza (privata secondo le regole europee) il loro sgabello previdenziale sarà molto instabile e fragile ; la promessa in busta consiste nel suggerimento di avere sin da ora buoni rapporti con la Caritas o con la San Vincenzo.
Proprio mentre il presidente dell’Inps, Prof. Tito Boeri, presentava le ‘buste arancione’ è stato diffuso il Netspar Discussion Paper No. DP 11/2015-072, in cui Najatel Mekkaqui de Freitas (Università di Paris Dauphine) e Beranger Legendre (Università della Savoia) dove una ‘busta analoga’ è in vigore dal 2007. Sulla base dei dati dell’indagine europea SHARE, concludono che l’informazione ha un impatto sulle fasce della popolazione a reddito più alto che possono metabolizzare i dati e tradurli in azione, iscrivendosi a forme di previdenza complementare. “Al contrario – concludono – non riesce ad incoraggiare le famiglie con pochi risparmi. Li deprime ulteriormente”. E ne scoraggia la domanda, incidendo negativamente sul ciclo economico. Tuttavia – aggiungo io – proprio le prospettive secondo cui gran parte delle famiglie, a bocce ferme, si avviano non a previdenza ma ad assistenza sociale dovrebbe stimolare il Governo ad una riforma davvero drastica quale quella tratteggiata al recente convegno Cisal-Confedir- Federspev del 17 marzo.
Ora andiamo ai pensionati. Per loro mala tempora currunt. Non solo i timori di riduzioni ulteriori alle pensioni per i superstiti, ma molti di loro (me compreso) stanno combattendo con il sito Inps per avere il proprio CUD ai fini della dichiarazioni dei redditi. Dopo ore di battaglia in cui il sito, quando risponde, diventa all’improvviso bianco con l’affermazione ‘sessione finita’ (prima che sia iniziata!), si passano altre ore al numero verde per apprendere che il ‘sito è in riparazione’ ed avere il suggerimento di ‘rivolgersi ad un CAF’.
I pensionati si chiedono giustamente in che mani sono finiti e se il primo compito del management dell’Inps non sia quello di gestire correttamente l’istituto, il quale tra miliardi di residui attivi, confusione tra assistenza e previdenza (in barba alla legge del 1989 che ne sanciva la netta separazione) e siti in riparazione.

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