mercoledì 28 ottobre 2015

TREDICI TEATRI PER UN DON PASQUALE in Formiche Novembre



TREDICI TEATRI PER UN DON PASQUALE
Beckmesser


Quando si pensa all’economia dei teatri lirici la mente va immediatamente ai pozzi senza fondo- ossia ai disastri finanziari a cui sono ormai collegati i nomi di alcune fondazioni. Non si pensa né a quelle che hanno o stanno attuando una vera svolta (ad esempio il Teatro dell’Opera di Roma o La Fenice di Venezia) oppure alla buone notizie che vengono da teatri ‘di tradizione’ sostenuti da enti locali o da operazioni puramente private che sanno coniugare originalità ed economicità
In questi giorni , una buona notizia riguarda alcuni teatri di tradizioni che hanno in Jesi, luogo di nascita non solo di Federico Secondo ma anche di Pergolesi e di Spontini. In primo luogo, la Fondazione Pergolesi Spontini, di Jesi e per il nono anno consecutivo chiude in bilancio pareggio:  9 Stagioni Liriche di Tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi e 14 edizioni del Festival Pergolesi Spontini per un volume d’affari complessivo di circa 55 milioni e 200 mila euro,
senza nessun deficit.  Dal Bilancio Sociale 2014 emerge che l’anno scorso  gli eventi organizzati sono stati 173, gli spettatori sono stati 47.863, le giornate di utilizzo dei teatri 487 (di cui 173 giornate di apertura per spettacoli/eventi vari e 314 per prove/allestimenti). Le maestranze contrattualizzate per le produzioni liriche curate dalla Fondazione sono state 973, di cui 450 le maestranze artistiche (Festival Pergolesi Spontini 107, Lirica di Tradizione 343), 500 quelle tecniche (Festival 179, Lirica 321) e 23 gli addetti all’organizzazione, per un totale di 20.117 giornate lavorative erogate. I fornitori di beni, servizi e prestazioni professionali (artistiche, tecniche, scientifiche) nel 2014 sono stati 418, di cui 159 provenienti dalla Vallesina, 93 dalle Marche, 140 dall’Italia e 26 fornitori dall’estero. Grande impulso è stato dato al Laboratorio scenografico della Fondazione che ha registrato lo scorso anno 98 giornate di apertura e 233 giornate lavorative per 10 lavoratori. Infine, 12.400 studenti di ogni ordine e grado, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di II grado, sono stati coinvolti in progetti educativi (Ragazzi… all’Opera, 6+ in lirica, ecc.) o hanno partecipato con la propria classe o la propria famiglia agli spettacoli di teatro per ragazzi e giovani. La Fondazione ha trovato una formula: stretta collaborazione con il Teatro delle Muse di Ancona e con il Circuito Lirico Lombardo per ‘la stagione lirica’ in senso stretto (sette titoli – la metà di quelli della Scala, il principe dei teatri d’opera italiana) ed un breve festival principalmente cameristico per gusti raffinati.
In secondo luogo, questi risultati si sono ottenuti grazie alla politica di collaborazioni con enti simili e di coproduzioni su cui ha sempre insistito l’amministratore delegato della Fondazione, William Graziosi. Dall’11 al 15 novembre nell’elegante Teatri Pergolesi della città marchigiana si può vedere un Don Pasquale (le cui scene ed i cui costumi sono stati manufatti dai laboratori jesini) ma è che è coprodotto con ben altri 12 teatri- quattro della Lombardia(  Teatro “G. Donizetti” di Bergamo, Teatro Sociale di  Como, Teatro “A. Ponchielli” di Cremona, Teatro “G. Fraschini” di Pavia ) ed otto francesi (Centre lyrique Clermont-Auvergne (Opéra de Saint-Etienne, Opéra de Limoges, Opéra du Grand Avignon, Opéra de Massy, Opéra de Reims, Opéra de Rouen, Opéra de Vichy). L’allestimento vede sul podio Giuseppe La Malfa, una delle giovani bacchette più promettenti (che ha già ottenuto successi , oltre che in Italia, in Germania, Grecia, Cina, Egitto e Francia) ed un veterano dl ruolo come Paolo Bordogna come protagonista, oltre ad un’affiatata compagnia di giovani voci.
La strepitosa facilità creativa di Gaetano Donizetti trova in quest’opera, nell’equilibrio perfetto tra gli elementi comici, melodici e la leggerezza dei personaggi, la sua forma più compiuta e originale che ha reso Don Pasquale l’opera maggiormente rappresentata all’estero, ancor più che in Italia, di Donizetti. 
E’ utile  ricordare che al "Théâtre des Italiens” parigino,  il 3 gennaio 1843, (“prima” mondiale del lavoro) il ruolo di “Don Pasquale” era interpretato da Luigi Lablache, che maturo ma prestante, con altri due interpreti della serata- Giulia Grisi e Antonio Tamburini- aveva portato al trionfo “I Puritani di Scozia” di Vincenzo Bellini. Il libretto firmato da Giovanni Accursi (ma in realtà di Giovanni Ruffini) , inoltre, è chiaro: Don Pasquale, zitello sulla quarantina, è ancora “ardito” (sessualmente, parlando), sente “un foco insolito”, si “strugge d’impazienza” al pensiero di “prender moglie”. In effetti, l’età dei quattro personaggi del capolavoro di Donizetti è più o meno la seguente:  Don Pasquale è sulla quarantina, il mefistofelico Dottor Malatesta sulla trentina, il “nipotino” Ernesto (cresciuto dal Don come se fosse un figlio) ha sì e no 25 anni e Norina tra i 18 ed 20. Sono passati poco più di due lustri dal rossiniano “Le compte Ory”, ultima opera sfacciatamente erotica (dalla prima all’ultima nota) di compositori italiani prima che il capitolo venga riaperto (ma dopo oltre 70 anni) dalla pucciniana “Manon Lescaut”: nel 1843, nel teatro lirico italiano sta per iniziare la notte dell’eros del melodramma verdiano. Già malandato e precocemente invecchiato, Donizzetti, che aveva scavato nell’eros con le tre opere dedicate alle tre regine Tudor  e nel 1840 aveva composto la carnalissima “La Favorite”, guarda in “Don Pasquale” con ironia al mondo, inebriando di champagne un canovaccio vetusto. L’ironia non ha nulla di farsesco – come ci dice una delle partiture più raffinate e, quindi, più difficili di Donizetti ed una vocalità che, nel 1843, aveva richiesto gli interpreti dell’apoteosi del “bel canto”. E’ intrisa di leggera malinconia; il terzo atto pare preconizza lo sveviano “Senilità”.

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