mercoledì 28 ottobre 2015

IL DEBITO DEL MONDO in Formiche mensile novembre



IL DEBITO DEL MONDO
Giuseppe Pennisi
La stampa quotidiana si interessa raramente alla Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), una delle più antiche organizzazioni internazionali con compiti importanti . Il suo principale scopo è quello di promuovere la cooperazione tra la banche centrali. Al contempo, la BRI fornisce specifici servizi finanziari in qualità di "banca delle banche centrali" ed opera come agente o mandataria (trustee) nei pagamenti internazionali che le vengono affidati. Infine, la BRI rappresenta oggi un rinomato specialistico  centro internazionale di ricerca in ambito finanziario, monetario ed economico.
Nell’ambito di queste attività, la BRI ha prodotto di recente una nuova base di dati sul debito pubblico, curata da quattro dei suoi funzionari Christian Dembiermont,  Michela Scatigna, Robert Szemere e Bruno Tissot. Il testo integrale del lavoro può essere letto nel fascicolo di settembre della Quaterly Review della BRI. E’ una disanima che compara il valore nominale dei singoli Stato con quello ‘di mercato’, fornisce dati sull’indebitamento del settore privato, rende omogenee le varie statistiche nazionali. Per ora il lavoro riguarda 40 Paesi (di cui 26 sviluppati). L’intenzione è di estenderlo a tutti gli Stati membri della BRI. Ma già su questa base, si possono trarre conclusioni interessanti. Il saggio, ancorché tecnico, è molto chiaro e se ne consiglia la lettura a coloro che in queste settimane sono coinvolti nella preparazione di leggi di bilancio (o simili) e, quindi, di sostenibilità del debito pubblico.
I dati nuovi od aggiornati rendono possibile le definizione e la copertura degli indicatori sul debito in modo omogeneo e coerente, facilitando così i raffronti tra Paesi e le analisi relative ai singoli Paesi, anche perché sono su base trimestrale (un lasso di tempo adeguato per analisi ed in consonanza con gli aggiornamenti trimestrali delle statistiche sui conti economici nazionali dei maggiori Paesi). Inoltre, i dati consentono raffronri con le statistiche sul debito del settore privato non finanziario che la BRI raccoglie sistematicamente dal 2013; quindi le analisi possono ora tenere conto (in termini nominali e di valore ‘di mercato’) per regioni e per settori, includendo anche il settore privato non finanziario.
Complessivamente i dati mostrano che mentre il dibattito degli ultimi anni ha riguardato quasi esclusivamente il debito pubblico, od il debito di quello che un tempo veniva chiamato ‘settore pubblico allargato’,l’indebitamento del settore privato non finanziario era in rapida ascesa ben prima della crisi del 2008, mentre il debito del settore pubblico (per il complesso dei 40 Stati) è cominciato a crescere in parallelo con le tensioni e fibrillazioni  del 2008, at un tasso ‘rapido e persistente’. Al tempo stesso, però,  il debito privato si stabilizzava, in varie forme e modi. Era , però, una mera una riduzione della crescita non una riduzione: nel complesso il debito privato del settore non finanziario dei Paesi considerati è cresciuto dal 229% del Pil nel 2007 al 265% a fine 2015 ( in termini di parità di potere d’acquisto).
Nei Paesi ‘emergenti’ in via di sviluppo, in questo periodo, il debito pubblico è stato sostanzialmente stazionario, mentre quello privato è  cresciuto dal 117% al 167% del Pil.
Per l’Italia il debito pubblico in senso stretto (core debt) passa da un valore nominale di 128,6% del Pil a fine 2013 a ad uno di mercato pari a 138.2% . Non c’è da stare allegri : la differenza di 9,6 punti percentuali indica che il mercato internazionale valuta il debito italiano meno di quanto dicano le cifre ufficiali. Ciò dipende da numerosi elementi. Dato che i dati BRI ci pongono immediatamente al di sotto della Grecia e quasi al livello del Giappone, non è il caso che si ritorni a parlare di debito pubblico e di come ridurlo? Tema che pare essere stato accantonato negli ultimi due anni.

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