venerdì 30 ottobre 2015

Festival di musica ed arte sacra in Avvenire 30 ottobre



Il festival
Roma, a San Pietro risuona la modernità della musica sacra
UROMA sciti la sera di giovedì in una stracolma Piazza San Pietro dove una leggera pioggia mitigava il caldo di un tardo scirocco, non si poteva non riflettere sulla modernità del concerto appena ascoltato. Per l’inaugurazione del XIV Festival internazionale di musica e arte sacra (dedicato a Giovanni Paolo II), è stato scelto un programma che amalgama differenti epoche e stili: per l’elevazione spirituale si ha la Messa solenne per santa Cecilia di Gounod del 1855, seguita durante la celebrazione dell’eucarestia della Messa di padre Rupert Mayer di Hans Berger (completata nel 2008), interpolata, però, durante la comunione, da un canto orasho in latino dei kakure kirshitan.
La Messa per santa Cecilia è strettamente legata alla Terza repubblica della borghesia e dell’industrializzazione trionfante: una scrittura semplice, ma al tempo stesso grandiosa e caratterizzata da una luce serena. Comporta un organico orchestrale di medie dimensioni (la Roma Sinfonietta), un coro (sempre Roma Sinfonietta) e tre solisti. Il tenore (Pierluigi Paolucci) ha nel Sanctus una vocalità “spinta” ed un’impostazione simile
a quella del protagonista dell’opera più nota di Gounod, il Faust. Il soprano Sachie Ueshima ha una bella intonazione, ma forse la parte avrebbe richiesto una voce più spessa. Buono il baritono David Ravignani.
Si passa poi, durante la celebrazione eucaristica officiata dal cardinal Cremaschi, alla prima italiana della Messa di padre Rupert Mayer di Hans Berger. Padre Rupert Mayer (1878-1945), beatificato nel 1987, è stato un gesuita che si oppose al nazismo. La Messa segue gli stilemi musicali della fine del Novecento per un lavoro che intende essere grandioso: un organico orchestrale più ampio, un doppio coro (il Montini Chor), una scrittura orchestrale più possente che raffinata, echi di musica americana, testo nella lingua del Paese (qui, tedesco). Al momento della comunione, il lavoro di Berger viene amalgamato con un dolcissimo canto orasho della “Chiesa del silenzio” giapponese di circa tre secoli fa eseguito dal nipponico IlliminArt Philharmonic Chorus. L’innesto funziona perfettamente. Al termine, il tenore ha ripreso il Sanctus di Gounod quasi a riaffermare che la musica classica è sempre contemporanea. Il vero coup de théâtre del concerto è la giovane direttrice Tomoni Nishimoto, che domina un complesso organico.
Il festival prosegue nelle basiliche romane sino al 4 novembre sia con concerti monografici (ad esempio il Requiem verdiano o la Settima e l’Ottava sinfonia di Beethoven eseguite dai Weiner Philharmoker) sia con giustapposizioni (ad esempio l’ultimo lavoro per organo di Giovanni Allevi inserito in un concerto per organo che spazia da Bach a Mendelssohn).
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Roma
XIV FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA E ARTE SACRA
Fino al 4 dicembre
Fino a mercoledì la rassegna, dedicata quest’anno a Giovanni Paolo II, amalgama differenti epoche e stili in varie basiliche romane, tra tradizione (Gounod, Verdi, Beethoven con i Weiner Philharmoker) e innovazione (Berger, Allevi)
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