martedì 15 settembre 2015

Festival Enescu. Bilanci e anticipazioni in Tempi 15 settembre



Festival Enescu. Bilanci e anticipazioni
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Settembre 15, 2015 Giuseppe Pennisi
Il 20 settembre termina il Festival Enescu. Intervista con il Direttore Generale Mihail Constantinescu
Enescu Festival Ateneo Romeno (18 of 72)
Il 20 settembre termina il Festival Enescu, che ormai si pone ogni due anni come il rivale ed il proseguimento del Festival Estivo di Salisburgo: inizia, infatti, proprio quando il secondo termina ed i melomani di razza si spostato dalla città austriaca annidata nelle Alpi Bavaresi alla Capitale della Romania, che sta ritrovando il suo ruolo di Parigi dell’Est. In dieci anni che la visito periodicamente, vedo il restauro accurato del centro art nouveau unitamente al sorgere di arditi grattacieli analoghi a quelli della “nuova Berlino”.
È il momento di consuntivi preliminari e di anticipazioni. Il Direttore Generale del Festival Mihail Constantinescu ha concesso di fare il punto in un’intervista esclusiva per tempi.it.
In primo luogo le cifre: 8 milioni di euro (di cui 6 pubblici – Governo centrale, Regione, Comune) e 2 da sponsor e biglietteria. I prezzi dei biglietti sono bassi (i primo posti non toccano i 40 euro a raffronto dei 430 di Salisburgo) perché salari e potere d’acquisto sono contenuti in Romania e si vuole incoraggiare la massima partecipazione della popolazione. È interessante pensare che il budget dei maggiori festival musicali italiani varia dai 6 ai 12 milioni di euro.
Scorriamo altri numeri: 22 giorni di festival; 22 lavori di Enescu eseguiti dai maggiori complessi mondiali; tre Baronetti britannici tra gli artisti; Simon Rattle; Roger Norrington e Andreas Schiff; dieci vincitori del concorso internazionale (abbinato da alcuni anni al Festival); 11 tonnellate di attrezzature unicamente per i concerti dei Berlin Philarmoniker; 9.000 notti di albergo prenotate per gli artisti; 1.200 voli aerei di linea, 14 charter e due cargo; oltre mille litri di acqua, 9.000 tazze di caffè, e 3.000 di tè predisposte per gli artisti durante gli intervalli; la presenza di 26 orchestra sinfoniche tra cui le quattro considerate il top della concertistica mondiale: 5 opere di cui una portata dal National Theater  di Monaco di Baviera (altra eccellenza). Il primo concerto della giornata inizia alle 11 del mattino; l’ultimo alle 22.30 e termina ad ore piccolissime.
«Il Festival iniziò nel 1958 in pieno regime comunista per due ragioni», ricorda Mihail Constantinescu, che ne è direttore generale dal 1990 – nonostante Enescu fosse apertamente anti-comunista e si fosse trasferito a Parigi all’arrivo del regime. «Da un lato, la pressione della comunità musicale del Paese perché il massimo musicista romeno venisse degnamente ricordato. Da un altro, il regime voleva dare prova di tolleranza e indicare quel distacco dalla linea di Mosca che negli anni successivi divenne una vera rottura. Nel primo decennio fu un festival di grandissima qualità con la partecipazione dei maggiori musicisti dell’epoca, quali von Karajan. La situazione cambiò all’inizio degli anni Settanta quando il Congresso del Partito Comunista romeno (mai troppo innamorato di un festival considerato “borghese”) indicò che il Festival dovesse allinearsi al “realismo comunista romeno”. Venne ridotto in un primo momento da tre-quattro settimane ad una sola. Venne, poi, incorporato in un festival più ampio di musica principalmente folcloristica romena. I grandi artisti internazionali, se invitati, declinarono. Negli anni Ottanta, man mano che l’Est si apriva al mondo occidentale, ci fu un lento graduale mutamento: il festival diventò regionale, luogo di confronto tra artisti dell’Europa orientale che si stavano distanziando dal “realismo socialista”, aprendo a nuove tematiche e ritrovando quello spirito innovativo che pur aveva contrassegnato la musica anche e soprattutto russa all’inizio del ventesimo secolo».
Quando avvenne il vero cambiamento? «Cominciò con il festival del 1991 a cui parteciparono grandi nomi internazionali, anche se il pubblico romeno avrebbe voluto quelli degli anni Sessanta (alcuni erano deceduti, altri avevano lasciato la carriera). Il vero cambiamento avvenne nel 1998 quando prendemmo tre decisioni valide ancora oggi: utilizzare per molti eventi la Sala Grande del Palazzo dei Congressi che può ospitare sino a 4000 spettatori; iniziare i concerti “di mezzanotte”; estendere il festival ad altre città del Paese. Nel 2001, poi, inaugurammo la “piazza del festival”, all’aperto e dedicata principalmente alla musica giovane e sperimentale».
L’attuale direzione musicale è in scadenza: quali le prospettive per il futuro? «Il 20 settembre verrà annunciato ciò che è sulla bocca di tutti: Zubin Mehta sarà il nuovo Presidente ed il direttore artistico sarà Vladimir Jurowsky, due grandi nomi di livello internazionale. Il programma per il festival 2017 è pronto. Verrà inaugurato il 2 settembre con un nuova grande edizione di Oedipe, l’unica opera lirica di Enescu che in Italia si è vista ed ascoltata al Teatro Lirico di Cagliari. Altro gioiello Mathis der Mahler di Hindemith, opera che mette in guardia contro tutte le guerre, specialmente quelle di religione e che vede la religione come stendardo della libertà. Tornerà l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e con essa altre grandi orchestre».


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