sabato 19 settembre 2015

Così toccare i tassi è diventato un lavoro ad altissimo rischio in Avvenire 19 settembre


Così toccare i tassi è diventato un lavoro ad altissimo rischio
La Federal Reserve ha lasciato i tassi immutati perché ritoccarli oggi è più difficile di quanto non lo fosse ieri, o meglio ieri l’altro prima dell’internazionalizzazione dei mercati dovuta anche alla tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Lo si tocca con mano alla luce dell’esperienza degli ultimi vent’anni. Ci sono studi approfonditi dei sette episodi americani di restrizioni monetarie (li chiamiamo così gli economisti) dal 1995 ad oggi. In effetti, tali episodi sono terminati nove anni fa, quando negli Usa sia la politica monetaria sia la politica di bilancio diventarono molto espansionistici a ragione della crisi che, iniziata con i mutui subprime, minacciava di travolgere il sistema finanziario.
La prima caratteristica è che sono stati brevi: mediamente due anni. Nei prime cinque dei sette episodi, la Federal Reserve ha allentato le briglia del credito dopo poco più di un anno. Per due determinanti: da un lato, a ragione anche dell’internazionalizzazione dei mercati, l’inflazione è da un quarto di secolo piuttosto contenuta; dall’altro, il timore (anzi la paura) di spingere l’economia verso una recessione. Esperienze analoghe sono state effettuate in Svizzera e Giappone, come Janet Jellen ha ricordato in una recente audizione in Congresso.
Anche la Banca centrale europea, di fronte prima alla crisi dei subprime e poi del debito sovrano dell’eurozona nel 2010 ha alzato due volte i propri tassi direttori, nel 2008 e nel 2011, per adottare successivamente una politica aggressiva di espansione monetaria (che comprende il Quantitative Easing carato da Mario Draghi, ma non è limitata a unicamente questo strumento) quando, dati alla mano, si è constatato che l’eurozona era in recessione con solo pochi Paesi in moderata espansione. La Svezia è un esempio ancora più puntuale: nel 2010-2011, a fronte di segnali di inflazione, ha aumentato i tassi di base dallo 0,25% al 2% per effettuare una brusca virata al fine 2011-inizio 2012: oggi ha tassi negativi.
Che lezioni trarne? In un’economia internazionalizzata e con rapidi movimenti di capitale è molto più difficile avere un’idea di quale è il tasso di equilibrio che mantiene la crescita economica senza accelerate l’inflazione. In passato, le principali banche centrali si coordinavano e decidevano più o meno all’unisono, mentre adesso grandi banche centrali (che non appartengono ai club di un tempo) vanno per conto loro. Tutto ciò incide sui flussi finanziari e sui cambi. Meglio, quindi, essere prudenti nel maneggiare lo strumento.
Giuseppe Pennisi
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Oggi che ogni banca centrale si muove in autonomia è complicato trovare il giusto equilibrio monetario

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