mercoledì 26 agosto 2015

Quei calcoli e investimenti sbagliati del Partito che hanno frenato la crescita in Avvenire 27 agosto



Quei calcoli e investimenti sbagliati del Partito che hanno frenato la crescita
Alla base delle tensioni finanziarie, ci sono anche investimenti errati della Cina. Non solo delle famiglie che, appassionate da secoli del gioco d’azzardo, utilizzando la Borsa come un grande Bingo. Ma anche delle autorità di Governo.
Per quanto le statistiche cinesi siano da prendere con le molle, i dati disponibili confermano che gli investimenti pubblici o parastatali sono stati concentrati nell’area di Pechino e di Shanghai e nel Sud . Ad una crescita del Pil globale cinese attorno al 7% per il 2015 ne corrisponde una del 12% circa nel Centro e nel Nord e una stimata attorno al 2%, proprio là dove si è investito di più. Indicatore eloquente di distorsione nella valutazione.
Quando nel 2009 i gestori di Kynikos, uno dei maggiori fondi d’investimento Usa, si accorse che a Pechino, Shanghai e nel Sud si costruivano appartamenti per 5,6 miliardi metri quadri (per avere un’idea, l’Italia ha una superficie totale 301,340 km quadrati), ridusse drasticamente la propria esposizione in Cina. L’edilizia ha un rapporto incrementale basso tra investimento e prodotto. Inoltre, gli standard erano sbagliati: per rendere, mediamente ciascun appartamento si sarebbe dovuto vendere a un prezzo di 100.000 dollari, mentre il reddito medio delle famiglie è di 10.000 dollari annui. Sono stati inventati mutui ultracentennali (come in Giappone) ma non hanno fatto presa. Esistono quartieri fantasma e banche che attendono si essere rimborsate.
La politica di matrice comunista ha imposto forti interventi della Banca centrale per ricapitalizzare istituti e imprese sull’orlo del fallimento: il debito pubblico giapponese è cresciuto da 7 trilioni di dollari equivalenti nel 2007 a 28 a metà 2014. Secondo Kenneth Rogoff dell’Università di Harvard il debito è ora pari al 282 % del Pil; quello della Grecia, a raffronto, è una bazzecola.
All’inizio del 2015 in occasione dell’assemblea dell’American Economic Association, l’ex ministro del Tesoro Henry Paulson jr. è stato di ghiaccio: Per l’economia reale cinese il giorno del Giudizio si sta avvicinando. Gli investimenti all’estero sono andati un po’ meglio. Durante la crisi finanziaria nel Nord America e in Europa, la Cina ha fatto incetta di miniere in svendita: ora controlla il 40% del rame ed il 50% del ferro mondiale (e può inciderne sui prezzi). Ossessionata da fame atavica, ha acquistato enormi terreni in Africa ed America Latina. Sono investimenti con lunghi periodi di gestazione (prima di rendere) e con un forte grado rischio poiché se si sbaglia il 'pacchetto tecnico' (dosaggi di concimi e fertilizzanti) va tutto in fumo.
Giuseppe Pennisi
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