domenica 9 agosto 2015

Festival di Salisburgo:il successo intramontabile della Norma 'moderna' il Il Sussidiario 8 agosto


FESTIVAL DI SALISBURGO/ Il successo intramontabile della Norma "moderna"

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Norma di Vincenzo Bellini è la prima opera che il compositore catanese ebbe modo di programmare e comporre con calma. In accordo con il librettista Felice Romani, Bellini ambiva ad un lavoro che non fosse principalmente un’occasione per gli interpreti di dare sfoggio alle loro abilità vocali (con un’orchestrazione essenzialmente di supporto) ma in cui musica e narrazione si integrassero. Tratta da un dramma francese allora – si era nel 1830 – di grande successo, univa una tragedia personale di amori e tradimento con pulsioni rivoluzionarie nazionali. Per questo motivo, è uno dei lavori rimasti nei cartelloni durante il Risorgimento, quando il bel canto era stato soppiantato dal melodramma, prima donizettiano, poi verdiano. Sempre per questa ragione, sono possibili adattamenti moderni quali quello presentato l’anno scorso a Salisburgo che ha ottenuto l’Oscar internazionale della lirica per il 2013 e che situa la vicenda nella Francia occupata dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Il successo è stato tale che è stato riproposto questa estate ed avrà probabilmente una lunga tournée in numerosi Paesi europei.
Attenzione non è la prima volta che questa opera di Bellini viene ambientata durante l’occupazione tedesca. Nel 2002 una produzione Jossi Wieler e Sergio Morabito, rispettivamente  sovrintendente e direttore artistico dell’Opera di Stoccarda, precede di circa un decennio quella di Salisburgo ed ha ottenuto l’Oscar della critica tedesca quando debuttò nel 2002. E’ stata ripresa più volte a Stoccarda e ha girato per altri teatri europei. Nel giugno 2014, su questa testata, è stata recensita la versione vista al Teatro Massimo di Palermo, dove questo titolo è di casa (46 edizioni dal 1830) ma la sera della prima, la versione con la protagonista "partigiana" ha avuto un accoglienza mista: il pubblico palermitano ha poco apprezzato l’adattamento drammaturgico ma ha applaudito la parte musicale.
Non così a Salisburgo, dove tutte le recite erano esaurite dalla primavera scorsa, nonostante i primi posti costassero 430 euro. La ‘Haus fur Mozart’, il teatro dove l’opera è stata messa in scena, letteralmente traboccava: esauriti anche i posti in piedi alla fine della platea e delle due galleria. Ovazioni non applausi al termine dello spettacolo. Il successo deve in buona parte essere a Cecilia Bartoli, non solo protagonista ma, anche a ragione del ruolo come direttore generale ed artistico del Festival di Pentecoste, autrice della concezione stessa dello spettacolo. Cecilia Bartoli ha chiamato il suo team preferito: Mosher Leiser e Patrice Courier alla regia, Christian Fenouillat per scene, Agostino Cavalca per costumi, Christophe Forey per le luci, Konrand Khun per la drammaturgia. Ha poi lavorato molto sulle voci per tornare a quelle originali belliniane non alle versioni ‘di riferimento’ frutto di adattamenti nella seconda metà dell’Ottocento e del Novecento.
Quindi, Norma (Cecilia Bartoli) è un soprano drammatico che non supera mai il ‘re’ ma scende a registro da mezzo soprano, Adalgisa (Rebeka Olvera) un giovane soprano lirico e soprattutto Pollione (John Osborn) un tenore della tessitura alta non il tenore ‘spinto’ con uno spiccato registro di centro alla Franco Corelli ed infine Oroveso (Michele Pertusi) inclina più al registro di un baritono che a quello di un basso. In buca, un barocchista del livello di Giovanni Antonini dirige con cura l’orchestra ‘La Scintilla') con strumenti che hanno il suono il più simile possibile a quello del 1830. Ottimo, come sempre, il coro della Radiotelevisione Svizzera italiana.
L'edizione di Stoccarda si svolge interamente in una chiesa spoglia, diventata rifugio di una cellula della resistenza. Non è chiaro se di tedeschi anti-nazisti o di cittadini di altri Paesi occupati, in quella in scena a Salisburgo siamo chiaramente nella Francia occupata sin dalla prima scena in una stazione ferroviaria ma si avvertono echi di Roma città aperta di Rossellini (in vari momenti Cecilia Bartoli assomiglia ad Anna Magnani) e di Lacombe Luci di Louis Malle. L’ambientazione è essenzialmente unica ma bastano pochi siparietti e qualche cambiamento di attrezzeria per creare luoghi differenti. Spettacolo di grande livello sotto tutti i profili. Sprigiona forte tensione. Auguriamoci che si possa vedere in Italia, non solamente in televisione od in DvD.


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