martedì 30 giugno 2015

QUANTO DURERA’ L’IRREVERSIBILE EURO? in Formiche luglio



QUANTO DURERA’ L’IRREVERSIBILE EURO?
Giuseppe Pennisi
E’ un interrogativo che tutti si pongono ma che, almeno sino ad ora, pochissimi osano pronunciare. Tanto che sono rimasto sorpreso quando , in un editoriale domenicale de Il Solo-24 Ore , lo ha posto Guido Rossi, europeista come pochi. Notato lo ‘spappolamento dell’unione monetaria’, Rossi invocava il coraggio di salvare l’Europa.
Facciamo un passo indietro; al momento del negoziato del Trattato di Maastricht, economisti di rango come Martin Feldstein e Alberto Alesina avvertirono non solo che l’unione monetaria sarebbe durata poco ma che il Trattato medesimo conteneva i germi della sua autodistruzione.

 In Europa, tra coloro che lo dicevano a gran voce c’era Wilhem H. Hankel della Università di Francoforte e per un periodo mio collega al Centro bolognese della School for Advanced International Studies della Johns Hopkins University. Hankel è diventato noto ai più in quanto promotore dei ricorsi alla Corte Costituzionale Tedesca contro il Trattato di Maastricht ed il Fiscal Compact. Sotto il profilo accademico la sua opera più importante è Caesar’s Money , un’analisi dettagliata della storia e del funzionamento del sistema monetario dell’Impero Romano. Tutto sommato sino all’età augustea quando venne creato (nel 29 dopo Cristo= un sistema monetario unificato, esistevano varie unità di transazione, di riserva e di valore . Data l’esiguità degli scambi commerciali tra le varie aree dell’Impero (in molte delle quali continuavano a esistere i Re che regnavano prima dell’annessione- si pensi ad Erode), il valore delle derrate era l’elemento fondante di quelli che oggi sono i tassi di cambio tra le varie monete. Con l’unione monetaria del 29, l’ asse di bronzo, con il denarius d’argento , con il suo sottomultiplo il sextertius divennero le ‘monete uniche’ di un sistema valido in tutto l’Impero e coronato dall’aureus d’oro. Nonostante il sistema potesse contare sull’unità politica garantita dagli eserciti romani, già Nerone (verso il 60 dopo Cristo) cominciò a riformarlo ridando spazio alle valute locali ed apprezzandole rispetto a quelle ‘imperiali’. Con Commodoro (180-193) venne di fatto abbandonato. Diocleziano (284-305) tentò di ripristinare una moneta unica imperiale. Tentativo di breve durata dato che, nel contempo, il centro economico )e politico) dell’Impero si stava spostando verso Oriente.

La storia – lo sappiamo- non si ripete. E’, però, giudizioso tenerne conto. Specialmente in una fase in cui i movimenti politici contrari alla moneta unica europea stanno crescendo . Lo stesso normalmente cauto The Economist avverte che non si tratta di una tendenza di breve periodo ma di un fenomeno destinata a rafforzarsi e ad espandersi.
Di recente due docenti di finanza aziendale, Eugenio Pavarani dsell’Università di Parma  (è stato, tra l’altro, consigliere d’amministrazione di Banca Intesa) e Alberto Lanzavecchia dell’Università di Padova, hanno scritto un bel saggio (peraltro ancora inedito) in cui si mette apertamente in dubbio la compatibilità dell’unione monetaria europea (quale si è tentato di costruirla) con i principi di base della democrazia (quale affermatesi in Europa). Pavarani e Lanzavecchia non sono movimentisti barricadieri e non fanno politica attiva. Sono studiosi con esperienza operativa sui mercati finanziari. I loro dubbi e le loro perplessità vanno ascoltati con attenzione.
La caducità relativa della stessa ‘moneta unica dei Cesari’, la vera e propria ondata che accusa (a torto o ragione) di tutti i mali di cui soffre l’eurozona (ammalato critico dell’economia mondiale), i dubbi sulla coerenza dell’euro con i principi democratici, dovrebbero indurre ad una riflessione molto seria il gruppo anonimo che si dice sta lavorando ad una revisione dei Trattati, riducendo drasticamente il ruolo della Commissione Europea.

1 commento:

AL ha detto...

Gentilissimo Pennisi, grazie per aver interpretato il motto della mia Università che guida il mio lavoro: Universa Universis Patavina Libertas!
L'articolo da lei citato è stato pubblicato negli Stati Uniti, sul Journal of Corporate Accounting and finance: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jcaf.v26.6/issuetoc

Ne esiste una versione più estesa che va alle radici del problema: l'insostenibilità del debito pubblico, se non a scapito della democrazia. Lo trova qui: http://www.academia.edu/17411281/HOW_EURO_SHRINKS_DEMOCRACY_INSIGHTS_FROM_THE_GREEK_CRISIS

Un cordiale saluto
Alberto Lanzavecchia