martedì 30 giugno 2015

Nostalgie d’America, Bob Dylan conquista Caracalla in Avvenire primo luglio



Nostalgie d’America, Bob Dylan conquista Caracalla
GIUSEPPE PENNISI
ROMA
Con Bob Dylan alle Terme di Caracalla, in una serata davvero speciale, il cowboy musicale per antonomasia della seconda metà del ventesimo secolo è giunto, con la sua band, nelle più grandiose rovine romane. La sera e la notte romana hanno accarezzato il cantante ed i suoi collaboratori; serata calda ma ingentilita dal ponentino; un tramonto bellissimo mentre stava per iniziare lo spettacolo e tre quarti di luna sorridente al termine attorno a mezzanotte; cavea piena (circa 4000 spettatori entusiasti, dato che sono state aggiunte file di poltrone nella buca d’orchestra); discesa attorno al palco alle ultime canzoni, seguita da ovazioni. Era il secondo concerto di questa breve tournée italiana (nell’ambito del “never ending tour” internazionale) iniziato a San Daniele nel Friuli e con le prossime puntate a Lucca ed a Torino, il primo ed il due luglio.
Sul palco gli stessi musicisti che lo accompagnano da diversi anni: il bassista Tony Garnier che suona con lui dal 1989, il batterista George Recile, i chitarristi Stu Kimball e Charlie Sexton e il polistrumentista Donnie Herron (banjo, mandolino, pedal stele). Un ensemble molto raffinato, capace di passare da tinte jazz a quelle blues, suonando come le vecchie band degli anni 40 e 50. Bob Dylan ha suonato il pianoforte ed in diversi brani è stato al centro del palco cantando e accompagnandosi solo con l’armonica che suona come un vero virtuoso. Sono stati eseguiti circa venti brani tra i più noti del suo repertorio: Things Have Changed ha aperto il concerto seguito da She Belongs To Me, Beyond Here Lies Nothing, Tangled Up in Blue, Blowin’ in The Wind e l’omaggio a Frank Sinatra (ed Edith Piaf) con
Autumn Leaves. In breve un’antologia dei suoi più noti successi. Sarebbe stato utile fornire un programma con i testi o, meglio ancora, proiettarli sui lati del palco. L’aspetto saliente è come Dylan ha gestito la propria vocalità. Ricordo, per motivi molto personali la sua voce negli Anni Sessanta: il primo ottobre 1966 studiavo negli Usa e partecipai alla marcia sul Pentagono contro la guerra in Vietnam organizzata dagli Students for a Democratic Society, mentre dagli altoparlanti si ascoltavano le canzoni raccolte da Dylan nell’album Bringing it Back Home. Aveva un voce vellutata tra il tenore lirico ed il bari tenore. Ora è chiaramente un baritono. Ha forse perso il velluto ma a 74 anni compiuti ha un’intonazione, un fraseggio ed un legato da fare invidia. Pochi cantanti (un raro esempio è Anja Silja) hanno gestito il proprio strumento in modo così abile.
Dato che si è scelta un’antologia pop-folk per un tour internazionale, mancavano dal programma due aspetti importanti del contributo musicale di Dylan. Il primo è quello dei “diritti civili” (non solo il “pacifismo”) che ha contrassegnato diversi anni del suo repertorio: un tema vivo ed importante come non mai, testimoniato da tragici episodi di cronaca avvenuti di recente negli Usa. Il secondo è la sua musica spirituale e religiosa in senso lato ed ecumenico: dalle canzoni che in qualche modo rispecchiano le sue simpatie per la Jewish Defense League a quelle del periodo in cui Dylan e sua moglie parteciparono al movimento dei New Born Christians. Sono dimensioni poco note al pubblico europeo (ed a quello non americano in generale). Proprio per questa ragione sarebbe stato utile svelarlo nello splendore delle Terme di Caracalla.
© RIPRODUZIONE RISERVATA Il menestrello del rock a Roma ripercorre la sua incredibile carriera. Un repertorio di hit storiche da cui purtroppo mancano la fase dedicata ai diritti civili e la sua musica spirituale
http://avvenire.ita.newsmemory.com/newsmemvol1/italy/avvenire/20150701/p220107spe1.pdf.0/img/Image_3.jpg
CANTAUTORE. Bob Dylan

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