lunedì 9 febbraio 2015

Tra Atene e Bruxelles inizia quel gioco delle parti di cui Padoan è maestro in Avvenire 8 febbraio



Tra Atene e Bruxelles inizia quel gioco delle parti di cui Padoan è maestro
GIUSEPPE PENNISI
L’Italia non è interessata alla partita sul debito greco soltanto perché dalla sua soluzione dipende, in buona parte, il futuro dell’unione monetaria o per i crediti (circa 30 miliardi di euro, secondo l’ultima conta) che vanta nei confronti della Repubblica Ellenica. Lo è anche perché ha le carte per essere protagonista del negoziato che porti alla soluzione.
Non tanto per il suo peso specifico nell’unione monetaria o nel debito greco quanto perché – pochi lo sanno (ma Carlo Cottarelli, rappresentante anche della Grecia al Fondo monetario internazionale, ne è ben consapevole) – il ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, è uno dei massimi esperti di 'teoria dei giochi a più livelli'.
All’inizio degli Anni Ottanta, furono un libro ed alcuni saggi di Padoan (scritti a quattro mani con Paolo Guerrieri, ora senatore del Pd, entrambi professori alla Sapienza) a portare in Europa questa teoria, che allora stava facendo i primi passi negli Usa. Padoan e Guerrieri ne divennero 'capi scuola'. In sintesi, nell’eurozona è in corso in gioco a più livelli in cui ciascuno dei partecipanti deve massimizzare obiettivi di 'reputazione' e di 'popolarità' differenti (e in certi casi divergenti) di fronte alle altre parti in causa. Tutti devono mantenere una buona 'reputazione' rispetto agli altri soci dell’eurozona e presentarsi come convinti assertori della moneta unica. In termini di 'popolarità', però, ciascun partner risponde alla propria opinione pubblica. I 'falchi' devono massimizzarla nei riguardi, ad esempio, di quel 73% di tedeschi che secondo gli ultimi sondaggi sarebbero «stanchi e stufi» della Grecia. Le 'colombe', invece, non possono non prendere l’affaire Grecia come strumento per andare verso l’unione monetaria più flessibile chiesta da movimenti che risultano vincenti alle elezioni. E la Grecia? Il governo, appena in carica, sa che la propria 'popolarità' dipende un elettorato 'arrabbiato' a cui occorre rispondere.
La teoria indica in sistemi di equazioni gli strumenti per trovare la soluzione. Senza entrare in queste raffinatezze, appare chiaro che, proprio come in un caso scuola di questa teoria, la partita è cominciata con un 'gioco ad ultimatum' (quale quello tra Don Giovanni ed il Commendatore nelle varie versioni del mito del burlador de Sevilla): sia i greci sia la Bce sia altri hanno lanciato ultimatum. Tuttavia, a differenza del mito del burlador, nessuno vuole che l’avversario soccomba ma hanno tutti interesse a mantenere 'reputazione' all’interno dell’eurozona e 'popolarità' riguardo i propri elettori. Una soluzione che possa soddisfare questi obiettivi del 'gioco a più livelli' può consistere nell’allungamento delle scadenze del debito greco, accompagnato dal denaro fresco per gli investimenti dal piano Juncker. Ambedue le misure farebbero 'vincere' sia 'falchi' che 'colombe' in termini di 'reputazione' (avrebbero collegialmente salvato l’unione monetaria) ed anche in termini di 'popolarità' di fronte ai loro elettori. I 'falchi' mostrerebbero che sono relativamente poche le risorse Juncker dirottate verso la Grecia e che comunque numerosi Stati dell’eurozona non hanno progetti cantierabili in misura adeguata da assorbire le risorse disponibili. Le 'colombe' esulterebbero per la 'nuova flessibilità', da presentare come un pertugio per giungere alla golden rule (cioè lo scomputo di investimenti pubblici dai calcoli per il Fiscal Compact) . E il governo greco potrebbe dire di avare sconfitto la troika.
Tutti gabbati? Direbbe il Falstaff verdiano. Non proprio: dal 'gioco a più livelli' ci sarebbero le basi per ripartire. Per tutti.
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