venerdì 2 gennaio 2015

L'Ifigenia di Cecilia Bartoli, intervista al mezzo soprano in Il Sussidairio 3 gennaio



OPERA/ L'Ifigenia di Cecilia Bartoli, intervista al mezzo soprano

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Una sera, negli Anni Ottanta, mia moglie e io ci trovammo a dividere un palco di secondo ordine al Teatro dell’Opera di Roma con un giovane mezzo soprano ed il suo accompagnatore. Era Cecilia Bartoli, allora reduce dei suoi primi successi al Rossini Opera Festival (in La Scala di Seta). Era una normalissima terza serale, nostro turno d’abbonamento e, per qualche ragione, gli amici con cui dividevamo il palchetto avevano chiesto di cambiare serata. Non ricordo quale opera fosse; probabilmente un ‘melodramma giocoso’ dell’inizio dell’Ottocento-  quindi in due atti con un lungo intervallo (come si usa in numerosi teatri italiani). Lo passammo a conversare con Cecilia Bartoli già in ascesa ma semplicissima. Come lo è rimasta, dopo un quarto di secolo sempre in ascesa e in cui, soprattutto a Zurigo, ha riportato opere dimenticate in repertorio. Soprattutto un mezzo soprano che, a differenza di gran parte delle colleghe, ha saputo gestire con grande abilità la propria voce, selezionando con cura i propri ruoli (e la loro progressione); unico esempio analogo che io ricordi è Giulietta Simionato – ma allora si era in un’epoca in cui si utilizzavano raramente gli aerei e, quindi, ci si poteva riposare in viaggi in transatlantico quando si andava a cantare oltre oceano. 
Da qualche anno, Cecilia Bartoli ha assunto un nuovo ruolo, pur continuando a cantare: è direttore generale del Festival di Pentecoste di Salisburgo, a cui ha dato un nuovo impulso. Con una ricetta semplice: ogni festival è a tema e, dato che la manifestazione dura pochi giorni, caratterizzato da spettacoli che vengono ripresi nel festival estivo – e successivamente anche altrove. Questa esperienza manageriale è iniziata con un festival dedicato a Cleopatra nel 2012: Hanno fatto seguito festival dedicati a Norma ed a Cenerentola. Il successo è stato tale che il contratto, inizialmente triennale, è stato esteso al 2021. Occorre ricordare che il suo processore nel ruolo di direttore generale del festival è stato , per sei anni, Riccardo Muti, il quale risiede stabilmente nei pressi di Salisburgo.
Cleopatra, Norma, Cenerentola sono figure femminili notissime. Per la prossima tornata (23 -25 maggio con ripresa al festival estivo, 18 luglio- 30 agosto), il personaggio scelto è Ifigenia.  Meno nota delle altre tre, ispirò Euripide nell’antica Grecia ed in epoca moderna Racine e Goethe per tragedia teatrali e, oltre a Gluck, Hândel, Treatta e Jommelli per opere. Verranno presentate, in parallelo,  Ifigenia in Tauride di Gluck e la tragedia di Goethe sullo stesso tema.

Cosa la affascina del ruolo dell’eroina greca nella versione di Gluck?
Non solo nel lavoro c’è un equilibrio perfetto tra testo e musica, ma l’Ifigenia di Gluck è una donna piena di dubbi e sentimenti. Mi attrae, poi, un ruolo che è una sfida in quanto del testo, in francese, si deve comprendere ogni parola per apprezzarne la drammaturgia e la musica, Gluck è un compositore che adoro, ma è la prima volta che interpreto la sua Ifigenia.

In che modo, Ifigenia in Tauride di  Gluck si inquadra nella Sua concezione del festival?
l festival ha una sua logica interna. E’ imperniato su figure femminili, perché è la prima volta che la manifestazione è diretta da una donna. In una sequenza dinamica, si nota una progressione da opera semi-seria a tragedia lirica a commedia. Ed ora a tragédie-opéra , un genere tipicamente francese rappresentato quasi esclusivamente in Francia con Ifigenia come fulcro dell’operazione. Le opere di Gluck vengono messe in scena più frequentemente, non solo in Francia, grazie alle scoperte interpretative degli ultimi dieci anni , nonché ad una generazioni di cantanti con capacità eccezionali sia vocali sia attoriali. Sono lavori bellissimi, estremamente interessanti come drammi in musica.  Vorrei estendere il repertorio dei lavori di Gluck a quelli che precedono la sua riforma del teatro in musica.

Quale è il nesso tra queste opere, meno conosciute, ed un lavoro come ‘Iphigénie en Tauride’ che appartiene alla sua età matura, ove non tarda?
Sono sempre molto rinascente a Nikolaus Harnincourt il quale amava ripetere  che i capolavori di un artista non sono meteore che nascono e spariscono nel deserto. Per tanti, troppi anni molti compositori non sono stati né studiati né tanto meno rappresentati. Ora sappiamo che senza Gluck, senza Haydn, senza Salieri non ci sarebbe mai stato Mozart,  che senza il barocco non si sarebbe arrivati al belcanto, senza i virtuosismi dell’opera seria non ci sarebbe stata la riforma classicistica di Gluck. Nei lavori giovanili di Gluck, per tornare al tema, si trovano le tracce di quelli che diventeranno i suoi capolavori più noti.

Che tipo di donna è questa Ifigenia?
Quella di Goethe – la trama è identica - è ancora radicata nell’eroina greca . In  Gluck, invece, è piena di passione tanto da ribellarsi contro il Re dei Tauri Thoas. Non vedo l’ora di cominciare a lavorare con Mosher Leiser e Patrice Caurier che curano la regia  e Diego Fasolis responsabile della direzione musicale.


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