martedì 25 novembre 2014

Le cento repliche de La Traviata nella produzione Carsen a “La Fenice” in Formiche 25 novembre



Le cento repliche de La Traviata nella produzione Carsen a “La Fenice”
25 - 11 - 2014Giuseppe Pennisi Le cento repliche de La Traviata nella produzione Carsen a "La Fenice"
Come ormai tradizione, anche quest’anno la “stagione” La Fenice ha avuto una doppia inaugurazione: il 22 novembre alle 18 è stata presentata una nuova affascinante e commovente edizione di Simon Boccanegra (di cui riferisco altrove) ed il 23 novembre alle 17 la centesima replica di Traviata nella produzione di Robert Carsen.
La doppia inaugurazione ha un significato perché una parte del pubblico è straniera e non affronta un viaggio sino alla laguna per una unica serata. Sia Traviata (nel 1853) sia Simon (nel 1857) debuttarono a La Fenice; per il centenario del debutto della prima delle due opere venne allestito, nel 1953, un magnifico allestimento di Nicola Benois (che ancora circola in ‘teatri di tradizione’) con Maria Callas come protagonista. Alla riapertura del teatro, dopo l’incendio e la ricostruzione, nel 2004 Traviata venne scelta come titolo inaugurale in un nuovo, ed allora controverso, allestimento di Robert Carsen (con scene e costumi di Patrick Kinmoth). Fu un enorme successo, nonostante le polemiche di qualche critico ultra-tradizionalista. Da allora la produzione viene replicata dieci volte l’anno; la sera del 23 novembre, con una cena nella Sale Apollinee del teatro con tanto di torta e candela, se ne è celebrata la centesima replica; ben 35 repliche sono previste nella stagione 2014-2015 in quanto lo spettacolo è molto richiesto dal pubblico che verrà a Venezia nel corso del viaggio nel Nord Italia per l’Expo. La biglietteria è già attivissima.
La serata, a cui ero presente, va trattato su due piani differenti. In primo luogo, l’allestimento e la recita (alla prova dei dieci anni dal debutto). In secondo, i vantaggi del “repertorio” rispetto a “stagioni” costruite come se ognuna fosse un festival.
Innanzitutto, l’allestimento di Traviata firmato da Carsen pone la vicenda ai nostri giorni in un mondo (si era pre-crisi ) dove impera il denaro; le stesse foglie, che svolazzano nel bosco del primo quadro del secondo atto, sono banconote. In questo mondo, Violetta è una escort che vuole però lasciare la professione. ll bosco (presente non solo nel secondo ma anche nel terzo atto) simbolizza la ricerca di un’esistenza fresca e pura a cui anela e che non le viene concessa. Alfredo è un “bamboccione” che matura tardi, solo quasi di fronte alla fine della donna che ama. Suo padre è dominato da una tradizione perbenista e conservatrice del milieu; anche lui solo alla fine acquista consapevolezza del danno commesso separando i due giovani. Chi li contorna sono “viveurs” dell’Europa “da bere” all’inizio del ventunesimo secolo.
La produzione richiede dettagli molto precisi ed una recitazione di classe. I due protagonisti, poi, devono essere giovani ove non giovanissimi. L’allestimento regge bene gli anni e promette di restare in scena per almeno un altro lustro ove non due. Un cast giovane era alla centesima replica. In buca, Diego Matteuz (classe 1984) ha concertato con calore dando l’accento sulle tinte melanconiche. La protagonista era Francesca Dotto (classe 1987) alle prese con un ruolo impervio che richiederebbe, a rigor di logica, due soprani: uno lirico di coloratura sino alla metà del secondo atto (Amami Alfredo!) ed uno drammatico, con vocalità di maggior spessore, nel resto dell’opera. Francesca Dotto è cresciuta nel corso dello spettacolo, regalando un perfetto terzo atto. Renato Coltelazzi (classe 1980) ha dato buone prove in fondazioni liriche e teatri di tradizioni, ma la sera del 23 novembre, è parso in difficoltà con il registro acuto. Perfetti tutti gli altri nei rispettivi ruoli, che hanno sovente cantato le relative parti a La Fenice.
A questo punto il discorso diventa più ampio. Un’inchiesta pubblicato dal mensile Classic Voice ha mostrato, dati alla mano, che la fondazione veneziana è la meglio gestita d’Italia se per gestione si intende un alto numero di recite, una buona diversificazioni dei titoli (con attenzione alla lirica contemporanea), bilanci in ordine, nonostante sovvenzioni notevolmente inferiori di cui di cui fruiscono enti meno virtuosi. I dati puntuali possono essere letti su Classic Voice. L’alto numero delle recite comporta “repertorio” ossia allestimenti che possono durare diversi anni e che possono essere alternati con altre opere (la cui messa in scena non richiede complesse attrezzature scenografiche) in modo da offrire una scelta ai 27 milioni di turisti l’anno in una città di 55.000 residenti.
Ma ciò non riguarda solamente Venezia. La Scala ed il nuovo Sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma stanno andando verso il semi-repetorio . E’ un tracciato che dovrebbe essere seguito da altri teatri, soprattutto da Firenze che, al pari di Venezia, se non attira un elevato numero di turismi non potrà alimentare il nuovo Teatro (e gli altri).
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L'Italiana in Algeri
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