lunedì 20 ottobre 2014

Consigli di lettura ai parlamentari alle prese con la Legge di stabilità in Formiche 20 ottobre



Consigli di lettura ai parlamentari alle prese con la Legge di stabilità
20 - 10 - 2014Giuseppe Pennisi Consigli di lettura ai parlamentari alle prese con la Legge di stabilità
Robert. S. McNamara (Segretario alla Difesa delle Amministrazioni Kennedy e Johnson, precedentemente presidente e amministratore delegato di Ford Motor Company e successivamente presidente e amministratore delegato della Banca Mondiale) aveva, ed ha, la fama di straordinaria capacità di lavoro. Essendogli stato a fianco, posso assicurare che lavorava dalle 8 alle 18 (con un’ora per il pranzo) ma che parcellizzava il tempo in segmenti di 15 minuti con una pausa di 3-5 minuti tra un segmento e l’altro. Ossia riunioni ed incontri non duravano più di un quarto d’ora. Cosa avveniva nella pausa? Tirava fuori dal cassetto della scrivania un libretto e ne leggeva attentamente alcune pagine. Erano di solito libri brevi. Alternava raccolte di economia con saggi di economia “scritti in prosa” (amava dire). Si era laureato in statistica ed era stanco di matematica avanzata e testi tecnici.
Questo ricordo mi viene alla vigilia del dibattito parlamentare sulla Legge di stabilità. Come potranno deputati e senatori vagliare bene testo ed emendamenti senza un “metodo alla McNamara” che induca a parcellizzare il tempo per concentrare l’attenzione?
Non mi arrogo la pretesa di dare consigli in materia di letture di poesia, ma vorrei dare un suggerimento ai parlamentari su testi economici. Rifuggano del best seller di Thomas Piketty Capitalismo nel XXI Secolo (che pur è stato presentato nella Sala della Regina di Montecitorio). Per ragioni pratiche, non ideologiche: è troppo lungo, e pesante (con le sue 550 pagine non entra nei cassetti e non è organizzato in modo che se ne possano leggere poche pagine alla volta”. Prendano invece il libretto (si fa per dire) di 130 pagine di Deirdre N. McCloskeI Vizi degli Economisti, le Virtù della Borghesia appena apparso nella collana “Mercato, Diritto, Libertà” dell’Istituto Bruno Leoni.
E’ breve perché Deirdre N. McCloskey (professoressa sia all’Università dell’Illinois a Chicago che a quella di Götegorg in Svezia) distilla il suo pensiero in occasione di tre conferenze a Rotterdar ; ha al suo attivo oltre venti libri ed oltre 200 saggi. Nata uomo, sposata per trent’anni e padre di due figli, è diventata donna nel 1995. E’ poco nota in Italia non solo perché i transgender suscitano perplessità nell’accademia italiana (specialmente se sono “conservatori di destra”, e tali si definiscono) ma anche perché appartiene a una disciplina “di confine”: la cliometrica, ossia la storia economica con metodi quantitativi. Materia che nel nostro Paese ha più adepti tra i sociologi della politica (o dell’economia) che tra gli economisti.
Il saggio di Deirdre N. McCloskey ha due aspetti in comune con il lavoro di Piketty: a) sotto il profilo editoriale, si legge agevolmente (e concetti complessi vengono resi facilmente comprensibili); b) sotto il profilo sostanziale tratta di temi affini a quelli di Capitalismo nel XXI Secolo, ossia i fondamenti dell’economia politica e della politica economica. Analogamente a Piketty, quindi, ci riconduce a quanto si insegnava e studiava sino all’inizio degli Anni Ottanta nelle facoltà di Economia prima che si andasse verso ricerche sempre più specializzate, e sempre più tecniche, su singoli frammenti dello scibile economico.
A differenza di Piketty, però, Deirdre N. McCloskey si pone l’obiettivo di demolire tre pilastri che hanno retto la disciplina, ed il suo spezzettamento, negli ultimi quaranta anni (e con i pilastri, gli architetti): a) l’impiego eccessivo ed a volte superficiale di dati statistici (Klein); b) la modellistica macro-economica “alla lavagna” (Samuelson); e c) l’ingegneria sociale (Tinbergen).
Con cosa le sostituisce? Con le virtù “borghesi” del “buon padre di famiglia”. Lei che padre lo è stato, prima di diventare da Professore a Professoressa (distinguished), sa di che si tratta. Di queste virtù ne mette due in prima fila: l’avidità ed il desiderio di essere il primo della classe.
Nell’autunno 1990, in un’occasione conviviale dopo la presentazione del primo Rapporto della Banca Mondiale, chiesi a Stanley Fischer (oggi è Vice Presidente della Federal Reserve americana, allora era Vice Presidente della Banca Mondiale, nel contempo è stato Governatore della Banca centrale di Israele) se poteva riassumere in una parola sola come uscire dalla povertà (tema fondante della legge di stabilità al vaglio del Parlamento), mi rispose: Greed (Avidità).
Ci si pensi prima di approvare nuovi balzelli e vincoli nascosti tra le righe. Le virtù della borghesia possono essere di maggior aiuto degli economisti dei loro modelli e dei loro vizi.

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