venerdì 15 agosto 2014

Il Festival Puccini e un coraggioso “Trittico” femminile in Avvenire 9 agosto



Opera

Il Festival Puccini e un coraggioso “Trittico” femminile


GIUSEPPE PENNISI

TORRE DEL LAGO
Q
uest’anno il Festival Puccini, giunge alla sessantesima edizione. Per coincidenza, nel 2014 ricorrono 90 anni dalla morte del compositore e 110 della prima esecuzione di Madama Buttefly con cui il 25 luglio è stato inaugurata la manifestazione, un allestimento di rango di Renzo Giacheri con cantati di grande esperienza nei rispettivi ruoli (Micaela Carosi, Rame Laha, Giovanni Meoni e Renata Lamanda) e la bacchetta di José Miguel Perez Sierra). Tuttavia, le attese erano soprattutto per Il Trittico, in ragione dello sforzo produttivo che comporta (circa 35 solisti). Mancava dal Festival Puccini da 40 anni; si replica sino al 30 agosto. Ma si parla già di riprese in altri teatri, anche in Cina. Scelta coraggiosa perché ormai si rappresentano solo le sei opere più note di Piccini. Per affidare le produzione è stato fatto un bando pubblico e si è aggiudicato il l’incarico un team di giovani donne: Monica Bernardi (scene), Carla Conti Guiglia (costumi), Selene Farinelli (regia deIl Tabarro), Vittoria Lai e Giorgia Guerra (regia di Suor Angelica), Elena Marcelli (regia di Gianni Schichi, i cui costumi sono stati disegnati da Lorena Marini).

Inoltre 27 giovani sono stati selezionati per seguire master classe per i ruoli minori. Il lavoro di squadra ha assicurato unità concettuale del progetto. Con voci giovani (e con il timore che il pubblico non accorresse ad un lavoro poco rappresentato), si è utilizzata la 'sala piccola' (500 posti) invece del gran teatro all’aperto (3500 posti) del parco della musica di Torre del Lago.

Occorre chiedersi se la 'sala' ha le caratteristiche acustiche per un lavoro che comporta una partitura complessa per un vasto organico orchestrale. Il Trittico è un poema sinfonico in tre movimenti; inizia con un 'agitato' (il grand­guignolesco Tabarro), continua con un 'largo' ( Suor Angelica) e si chiude con uno 'scherzo' ( Gianni Schicchi) . Nei primi due movimenti, si avvertono echi di tempo di tango e di valzer ( Tabarro) e di slow-fox e di jazz cabarettistico ( Gianni Schicchi). Nel secondo ( Suor Angelica) si percepisce il gran sinfonismo post-wagneriano ed anche la scrittura quasi atonale (nell’aria Amici fiori recuperata dopo oltre 80 anni di oblio) e la polifonia. Non solo si sfata il mito del laicismo di Puccini (che fosse un credente lo ha documentato Oriano de Ranieri in un libro pubblicato un anno fa da Zecchini Editore).

Il Trittico comporta un maestro concertatore in grado di rivelare la raffinatezza di un Puccini in una delle sue partiture più moderne.

Bruno Nicoli, non è stato all’altezza: solo in 'Gianni Schicchi' ha tenuto bene l’equilibrio tra buca a palcoscenico. Nelle altre due opere gli impasti hanno lasciato a desiderare, le voci sono state spesso coperte e l’approccio alla direzione è stato più da didatta che da interprete. Oltre ad Alberto Mastromarino (il cantante senior della partita), alcune giovani voci si sono fatte notare come promesse di buone carriere (in particolare, Mirko Matarazzo, Laura Brioli, Francesca Cappelletti, Ugo Tarquini). È comunque merito del Festival avere proposto Il Trittico

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