venerdì 15 agosto 2014

A Salisburgo il “Rosenkavalier' che approderà alla Scala in Avvenire 7 agosto



Festival.

A Salisburgo il “Rosenkavalier' che approderà alla Scala


GIUSEPPE PENNISI

SALISBURGO
Per 150 anni dalla nascita di Richard Strauss, uno dei tre fondatori del Festival di Sa­lisburgo, accanto ad un ric­co programma di sinfonica e ca­meristica, viene proposto un nuo­vo allestimento del suo lavoro 'più austriaco': Der Rosenkavalier. Per l’allestimento (che si vedrà alla Sca­la nel 2016) il Festival si è rivolto a Harry Kupfer che a quasi ot­tant’anni sta progettando nuove importanti produzioni tra cui un

Parsifal . Kupfer non riprende una delle sue vecchie regie del lavoro e non imita quella, considerata 'di riferi­mento', di Otto Schenk di cui hanno l’e­sclusiva la Staatsoper di Vienna ed il Na­tional Theater di Monaco. Inserisce il la­voro nel tema di fondo del Festival: il ri­cordo dell’inizio della Grande Guerra. La vicenda è trasportata da un 1740 di ma­niera al 1911, quando Der Rosenkavalier ebbe la trionfale prima esecu­zione a Dresda ed erano già in atto tutte le condizioni perché esplodesse il conflitto. Quindi, il passaggio del tempo e la fine di un’epoca («prima di quanto po­tessi pensare», dice nel terzetto finale la Marschallin), diventa il cuore dell’opera. In buca ci so­no i Wiener Philhamoniker e sul podio è Franz Welser-Möst che a Vienna eseguono Der Rosenka­valier nell’allestimento Schenk almeno dieci volte l’anno.

Non si è alle prese con una com­media ad intrigo in un rococò di maniera ma ad una riflessione sul passaggio del tempo, sui cambiamenti della società, sulla labilità di molti rapporti umani e sulla tolleran­za che fa giganteggiare la Marschallin ri­spetto a chi la circonda. Nel 1911 erano già in atto tutte le condi­zioni politiche, economiche e militari perché gli Stati europei finissero in guer­ra e terminasse un’epoca. Il 1911 viene rievocato con un allestimento in bianco e nero. L’attrezzeria è essenziale con mo­bili d’epoca e soprattutto specchi : la car­rozza bianca della Marschallin è sostitui­ta da una lunghissima limousine. Nel fon­dale vengono proiettate immagini (an­che esse in bianco e nero) di allora: det­tagli di palazzi e strade di Vienna, del Pla­ter, del Belvedere. La concertazione di Franz Welser-Möst acquista un colore differente da quello che ha a Vienna. I tempi vengono dilata­ti, i violoncelli hanno maggior rilievo del solito, la celesta appare in brevi sublimi 'a solo' e il cembalo e l’armonio inter­vengono per rammentarci che ci emo­zioniamo per un mondo che non c’è più.

Der Rosenkavalier diventa un requiem dolce per un impero defunto.

Tra le voci spiccano Sophie Koch (una specialista del ruolo di Octavian) e K­rassimira Stayanova (al debutto nella parte). La prima coniuga perfettamen­te l’ardore sensuale con la maturazione che sviluppa (diventando da ragazzo uo­mo e marito) nell’arco di una sola gior­nata. La Stayanova è una Marschallin, al tempo stesso, bellissima e possente. Di grande livello il Barone Ochs di Günther Groissböck, pieno di sfumature sia nel canto sia nella recitazione. Mojca Erd­mann è una Sophie pupattola- il perso­naggio meriterebbe maggiore caratura. Di buon livello il resto della compagnia, specialmente i giovani del Young Singer Project utilizzati nei numerosissimi ruo­li minore. Alla prima, 15  minuti d’ovazioni dopo cir­ca cinque ore in teatro.

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