venerdì 25 luglio 2014

Una sorpresa dall’Ocse: le Pmi italiane tengono anche grazie alle banche in Avvenire 20 luglio


Una sorpresa dall’Ocse: le Pmi italiane tengono anche grazie alle banche


GIUSEPPE PENNISI
Pochi si sono accordi che, per la prima volta, l’Ocse ha scelto Roma per presentare la pro­pria analisi (ben quattrocento pagine di gran­de formato ed a stampa fitta) sull’andamento delle Piccole e medie imprese (Pmi) nella crisi che colpi­sce del 2008 numerosi paesi industrializzati.

È una scelta non casuale: in uno scoreboard (termi­ne che si potrebbe tradurre come 'pagella') di tre­dici indicatori di base, applicati a trentun paesi, le P­mi italiane e le politiche pubbliche attuate per alle­viarnee le difficoltà e facilitare le ripresa sono giudi­cate dall’Ocse in modo sostanzialmente positivo. È una buona notizia, che è circolata, però, unicamen­te tra gli addetti ai lavori mentre, in una fase in cui dalle istituzioni internazionali giungono analisi e previsioni poco incoraggianti nei confronti dell’Ita­lia, andrebbe valorizzata . Il documento ricorda che la manifattura italiana è composta quasi interamente da Pmi (il 99,9%) , in gran misura a struttura fami­liare (le 'micro imprese' con meno di dieci dipen­denti, sono quasi il 95% del totale e le 'medie' con sino a 249 addetti lo 0,5%,mentre le 'grandi', con più i 250 addetti, appena lo 0,1%). Questo universo avrebbe potuto essere schiacciato e triturato dalla crisi mentre ha retto non solo grazie alla resilience (capacità di resistenza) ed innovazione degli im­prenditori ma anche a ragione di un «sistema ban­cario orientato a sana intermediazione ed a prestiti ad attività produttive più che a mere transazioni sul mercato dei capitali». In Italia e Spagna, le banche hanno accettato ritardi nel rientrare da prestiti a P­mi, salvando occupazione e capacità produttiva. Po­chi altri Paesi Ocse (precisamente Canada, Norvegia, Regno Unito, Turchia) hanno adottato misure di que­sta natura. I 60 miliardi di euro, messi a disposizio­ne delle Pmi in Italia tra il 2009 ed il 2012, tramite mo­ratorie sui rimborsi e fondi di garanzia, hanno avu­to, secondo l’analisi Ocse, un ruolo cruciale. Adesso è quanto mai essenziale che arrivino alle Pmi i pa­gamenti delle pubbliche amministrazioni per debi­ti commerciali da esse contratti nei loro confronti. Ma le aspettative sono sostanzialmente ottimistiche. Perché il manifatturiero guidi l’economia reale ita­liane fuori dalla crisi occorre «Riaccendere i Moto­ri », dal titolo di un saggio di Gianfelice Rocca, a lun­go alla guida di un’importante impresa manifattu­riera ed ora presidente dell’Associazione delle In­dustrie Lombarde. Anche questo saggio trasuda di ottimismo. D’altronde, tutto un filone della discipli­na economica (la neuro-economia) sostiene che so­lo con una forte dose di ottimismo si può crescere . In 140 veloci pagine, si va alla scoperta della straor­dinaria capacità d’innovazione dell’Italia, dell’in­credibilità capitale di creatività e di esperienza che risiede in un comparto importante del manifattu­riero: quello chiamato medium tech . Un’innovazio­ne incrementale che costruisce , mattone dopo mat­tone, sull’esperienza del passato, valorizzando il me­rito ordinario. L’Europa sarà di supporto o di freno? Auguriamoci che si vada verso un 'Industrial Compact' che e­quilibri un 'Fiscal Compact' comunque da ripensare e riscrivere.

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