mercoledì 30 aprile 2014

MAASTRICHT: URGE UN TAGLIANDO in Formiche maggio



MAASTRICHT: URGE UN TAGLIANDO
Giuseppe Pennisi

Quando uscirà questo articolo, si saprà se il Parlamento Europeo ha approvato il compromesso sul secondo pilastro di quella che dovrebbe essere l’unione bancaria europea faticosamente raggiunto tra numerosi soggetti a fine marzo. E sarà in corso una campagna elettorale europea in cui negli Stati dell’eurozona, numerosi partiti e candidati si presentano , in vario modi, ostili alla moneta unica e  chiedono in diversa misura cambiamenti delle regole che presiedono al suo funzionamento: dall’abolizione a modifiche profonde del Fiscal Compact a cambiamenti di dettaglio a questa o quella norma.
In questa rubrica, e nel quotidiano telematico a cui la rivista è associata, sosteniamo da mesi che, anche ove il secondo pilastro dell’unione bancaria venisse approvato, è urgente fare un tagliando complessivo al Trattato di Maastricht ad un quarto di secolo circa da quando lo si è negoziato. Soprattutto in quanto la situazione economia europea – prima ancora che mondiale – ha avuto un’evoluzione molto differente da quella concepita, nel 1990-91, dai ‘padri fondatori’ dell’unione monetaria. Allora si pensava che grazie alla clausole del Trattato si sarebbe andati non proprio verso l’area valutaria ottimale teorizzata da Robert Mundell ma verso una convergenza delle economie degli Stati aderenti all’euro. E’ sotto gli occhi di tutti, invece, una sempre più insidiosa divergenza con sempre più gravi risvolti economici, sociali e politici.
Da anni, in effetti, si sta riscrivendo il Trattato di Maastricht. Ma a pezzi e bocconi. Per tamponare questa o quella crisi e fare fronte ad emergenze , m senza una chiara idea , per utilizzare il linguaggio colloquiale, su dove si andrà a parare. Già nel 2005 , un ‘protocollo interpretativo’ allentò i vincoli, togliendo (allora) le castagne dal fuoco a Francia e Germania. Di fronte alla crisi della Repubblica Ellenica si reagì creando fondi ed istituzioni che sarebbero anatema in un’area valutaria ottimale in linea con il teorema per cui Mundell si meritò il Nobel per l’Economia. Oggi si sta creando un’unione bancaria con pilastri pendenti; si può solo augurare che abbiano le qualità della torre nella pisana Piazza dei Miracoli.
Occorre ricordarsi , in piena buona fede, che il Trattato di Maastricht è stato redatto frettolosamente, sotto la spinta delle conseguenze dell’unificazione tedesca sul resto d’Europa. È naturale , non solo  corretto, che le istituzioni e le norme “evolvano”. E che i ‘tagliandi’ sono utili alle norme come alle automobili. Senza un quadro di riferimento, c’è il pericolo che tra qualche anno l’eurozona assomigli al vestito d’Arlecchino – una serie di toppe multicolori , oggetto di infinite vertenze giuridiche sulla loro interpretazione ed applicazione.
 Tra poche settimane,  l’Italia presiederà gli organi di governo dell’Unione Europea (UE): perché non cogliere l’occasione non necessariamente di rinegoziare il Trattato di Maastricht ma di giungere ad un chiarimento su dove si vuole arrivare e come si vuole farlo? Soprattutto se prima di allora avremmo dato prova che stiamo rimettendo ordine a casa nostra.

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