martedì 21 gennaio 2014

Come e perché ripensare il Fiscal Compact in Formiche 21 gennaio



Come e perché ripensare il Fiscal Compact
21 - 01 - 2014Giuseppe Pennisi Come e perché ripensare il Fiscal Compact
Il commento dell'economista Giuseppe Pennisi
Nei felpati saloni di Palazzo De Carolis, a via del Corso a Roma, il 20 gennaio l’Istituto Affari Internazionali (Iai) ha organizzato un interessante seminario internazionale sul ruolo delle infrastrutture (specialmente trasporti e reti telematiche) nell’Europa del “dopo crisi”.
IL FEDERALISMO SPINELLIANO
Vale la pena ricordare che lo Iai, nei suoi circa 50 anni di vita, è sempre stato il “custode” del “federalismo spinelliano”. La relazione di base è stata tenuta da Pat Cox, a lungo parlamentare europeo e da anni coordinatore per il “corridoio mediterraneo” dell’Unione Europea. Una sessione è stata presieduta da Paolo Costa; un’altra da Filippo de Robilant, nessuno dei quali può essere definito “euroscettico” o “europerplesso”. Il seminario, in inglese, ha avuto il supporto di Edison, Elettronica, German Marshall Fund degli Stati Uniti, Open Society Initiative for Europe, Salini Impregilo e Unicredit.
IDEE TRASVERSALI
Si riporta questo elenco non per fare pubblicità redazionale, ma per indicare come si tratti di sponsor internazionali diversificati (da imprese multinazionali con base e cervello italiano, a istituzioni pubbliche americane, alla fondazione di Soros) – altra garanzia, se si vuole, del fatto che l’iniziativa è distinta e distante dalle tante di colore politico (o semplicemente di chi spera in candidature alle ormai vicine elezioni europee) che utilizzano i nodi europei a fini strumentali. Al seminario è stato distribuito un documento Iai sui problemi della politica fiscale e monetaria europea. Il lavoro (di Michael Emerson e Alessandro Giovannini) non fa sconti, specialmente in materie di lacune, incertezze e contraddizioni nella “fiscal union” e delle divergenze in materia di “banking union”.
UN QUADRO LUCIDO
Torniamo al convegno, di cui mi auguro vengano pubblicati gli atti. In primo luogo, è stata presentato un quadro lucido ma spietato della situazione delle infrastrutture e reti in Europa; hanno il potenziale di diventare una leva per la ripresa ma, nelle condizioni attuali, sono un freno (trasporti ingolfati ed in urgente esigenza di ampliamento e manutenzione straordinaria, ritardi in materia di banda larga rispetto agli altri continenti). In breve, se non si fa qualcosa di serio, l’Ue rischia di restare indietro. La prognosi è chiara: sono urgenti finanziamenti (quelli pubblici sono stati drasticamente tagliati nei bilanci dei maggiori Stati Ue, quelli privati sono stati in gran misura assorbiti dalla crisi del debito sovrano).
NUOVI MODELLI
Per avviare un programma minimale ma tale da impedire che l’Europa resti al palo,
occorre ripensare il Fiscal Compact, introdurre la golden rule per esentare investimenti pubblici chiaramente ben definiti e ben valutati nei loro costi, benefici, effetti ed impatti, dal computo dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni ai fini dei parametri del Compact.
L’OCCASIONE ITALIANA
Può una Commissione europea in scadenza formulare proposte in questo senso? Può un Parlamento europeo, anch’esso sul punto di essere rinnovato “co-decidere” in questa direzione?
Occorrerà probabilmente aspettare almeno sino alla prossima estate.
Quando il governo italiano, nella veste di presidente degli organi di governo dell’Ue, dovrebbe prendere la palla al balzo.

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