lunedì 20 gennaio 2014

Abbado il rivoluzionario in Artribune del 20 gennaio



Abbado il rivoluzionario

È mancato Claudio Abbado, il nostro più celebre direttore d’orchestra. Recentemente nominato senatore a vita, ha diretto le più importanti istituzioni della lirica in tutto il mondo. Qui il ricordo del nostro Giuseppe Pennisi.

Scritto da Giuseppe Pennisi | lunedì, 20 gennaio 2014 · Lascia un commento
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Claudio Abbado
Claudio Abbado
Claudio Abbado non è più con noi. Nel 1976 si celebrava il bicentenario della Dichiarazione d’Indipendenza statunitense e i maggiore teatri d’opera portavano, ciascuno per due settimane, il meglio della loro produzione nella capitale americana. Ero allora dirigente della Banca Mondiale e per ascoltare a Washington il “suo” Simon Boccanegra volai da Nairobi (dopo una giornata di intensi negoziati) a Roma e da lì al Dulles Airport in tempo per indossare lo smoking di prammatica e correre all’Opera House del Kennedy Center. Dopo circa 48 ore senza sonno, uscii emozionato e riposato. Questo è uno dei miei ricordi più forti di Abbado dal vivo. L’altro è il concerto straordinario a Jesi il 5 giugno 2009 per iniziare le “celebrazioni pergolesiane” con la Messa Sant’Emidio per soprano, contralto, due cori e due orchestre, il salmo Laudate pueri, il Salve Regina per contralto e un’aria dal San Guglielmo Duca d’Aquitania.
Due eventi molto differenti, a trentatré anni di distanza l’uno dall’altro. Nel primo, Abbado, in piena maturità ma ancora giovane, faceva scoprire al mondo una partitura meravigliosa ma poco eseguita oltreoceano. Nel secondo, già malato, pregava all’Alto con le note scritte da un compositore la cui avventura umana si era conclusa a soli 26 anni. Ambedue commoventi.
Claudio Abbado
Claudio Abbado
Per questo li rievoco alla notizia della sua morte a Bologna. Malato da tempo, aveva ottant’anni. Nato a Milano il 26 giugno 1933 e figlio di un insegnante di violino, nel 1955 si era diplomato in pianoforte e direzione d’orchestra presso il Conservatorio di Milano. Il primo grande riconoscimento arrivò già nel 1958, quando conquistò il primo posto al concorso Koussevitsky a Tanglewood, nel Massachussets: grazie a quel premio debuttò negli Stati Uniti con la New York Philarmonic. L’anno dopo debuttò a Trieste come direttore sinfonico, mentre l’esordio alla Scala arrivò nel 1960. Aveva impugnato la bacchetta per la prima volta  a sette anni, quando si arrampicò fino al loggione per vedere i gesti del direttore d’orchestra Antonio Guarnieri.
Nel 1963 si aggiudicò il premio Mitropoulos della New York Philarmonic e fu invitato da Herbert von Karajan a dirigere i Wiener Philharmoniker al Festival di Salisburgo. Nel 1968 il debutto al Covent Garden di Londra e quello alla Metropolitan Opera House di New York. Nel periodo della sua direzione musicale alla Scala, durata fino al 1986, Abbado contribuì a un profondo rinnovamento nella programmazione e nelle scelte artistiche del teatro milanese, sganciandosi da una logica puramente filologica e recuperando autori e opere per lungo tempo dimenticati. Queste sue idee, lontane dalle tradizionali logiche dell’ambiente, lo resero oggetto di aspre critiche, senza però scalfire le sue convinzioni politico-sociali.
Claudio Abbado
Claudio Abbado
Sempre sotto la sua direzione, nel 1972 furono inaugurati i Concerti per studenti e lavoratori, testimonianza della profonda volontà di Abbado di avvicinare alla lirica e alla classica anche le classi meno abbienti. Nel 1971 divenne direttore principale del Wiener Philharmoniker, mentre dal 1979 al 1987 fu direttore musicale della London Symphony Orchestra. La sua avventura artistica è proseguita poi alla Staatsoper di Vienna (dal 1986 al 1991), mentre dal 1989 al 2002 ha diretto i Berliner Philharmoniker. Alla fine del suo ultimo concerto con i Berliner, il pubblico lanciò quattromila fiori e lo salutò con trenta minuti di applausi. Dal 2004 è stato direttore musicale e artistico dell’Orchestra Mozart di Bologna. Il 30 agosto del 2013 era stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, insieme a Renzo Piano, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia, come “personalità da considerarsi portatrici di curricula e di doti davvero eccezionali, come attesta il prestigio mondiale di cui sono circondati“.
Tra i nuovi senatori a vita, anche se malato, era il più rivoluzionario. Lo era stato sin da ragazzo e aveva rivoluzionato il modo di dirigere un’orchestra e dare la propria impronta al teatro lirico ancora considerato, grazie al suo apporto, tra i maggiori del mondo.
Giuseppe Pennisi

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