martedì 17 dicembre 2013

È ancora presto per stappare lo champagne in Avvenire 18 dicembre




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È ancora presto per stappare lo champagne


GIUSEPPE PENNISI
L
e bottiglie di champagne sono pronte, ma non si sa ancora se ver­ranno stappate il 20 dicembre al termine del Consiglio Europeo: l’occa­sione sarebbe il compromesso sull’Unio­ne bancaria. Ove si giungesse ad un ac­cordo secondo le linee guida sin qui fil­trate, occorrerà comunque chiedersi se il gioco è valso la candela.

In base al compromesso (la cui bozza sfio­ra le 200 pagine), la Germania rinunce­rebbe all’opposizione alla creazione di un nuovo fondo europeo per ammorbi­dire l’urto dei fallimenti: ne verrebbe crea­to uno di 55-65 miliardi di euro (la cifra non è ancora definita), da costruire pro­gressivamente nell’arco di dieci anni. Non sarebbe la Commissione Europea (in quanto organo tecnico) a dire la parola finale su fallimenti e piani di ristruttu­razione, ma un nuovo Consiglio espres­sione dei Governi; la Commissione ne ap­plicherebbe le decisioni (è probabile che le procedure vengano messe a punto en­tro la primavera, come sussurrato da Ma­rio Draghi) nei prossimi mesi. Nell’arco dei dieci anni per l’entrata in funzione del nuovo fondo sarebbero le autorità na­zionali a dovere intervenire individual­mente a carico dei rispettivi Erari.

Il diavolo, come è noto, si nasconde nei dettagli e gli uomini hanno la memoria corta. Un meccanismo analogo venne previsto nel Trattato di Maastricht, ma appena i mercati annusarono – a torto o ragione – che qualche Stato dell’area non sarebbe stato in grado di arrivare pun­tuale a tutte le tappe – scoppiò la crisi dell’estate-autunno del 1992 che lasciò alcune banche centrali in braghe di tela e spinse alcuni Governi a dire
bye-bye al futuro euro. Sarebbe più semplice am­pliare il raggio d’azione del Meccanismo Europeo di Stabilità (il cosiddetto Fondo salva Stati) – aumentandone la dotazio­ne se e quando ce ne fosse l’esigenza – op­pure utilizzare una rete di accordi tra le banche centrali simile agli accordi mo­netari europei del 1978-1999.

Inoltre, per giungere al compromesso verrebbero accantonate
sine die sia la messa in atto di una garanzia europea sui depositi in conto corrente (entro un tetto ben specificato) sia l’uniformità delle garanzie nazionali. Ciò aumenta il rischio dei bail in, cioé dei salvataggi a carico dei risparmiatori piccoli e me­di, i cui conti correnti verrebbero utiliz­zati per coprire crisi di insolvenza e po­trebbe causare fughe di risparmio ver­so gli Stati (ed i sistemi bancari) più ga­rantisti. L’Italia che è tra gli Stati ga­rantisti (sino a 100mila euro) ne gua­dagnerebbe. Ma il futuro della finanza europea ne soffrirebbe.

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