martedì 1 ottobre 2013

I cieli difficili di Alitalia in Lindro 1 ottobre



La concorrenza delle low cost

I cieli difficili di Alitalia

Tra obiettivi non raggiunti e una nuova statalizzazione

- See more at: http://www.lindro.it/economia/2013-10-01/102134-i-cieli-difficili-di-alitalia#sthash.tUAxtA8N.dpuf
Di Giuseppe Pennisi
Nel 2012 gli scali aeroportuali italiani hanno registrato meno passeggeri, in arrivo e in partenza, rispetto al 2011 (-1,3%). Ma per il complesso delle compagnie aeree, italiane e straniere, la percentuale di passeggeri che utilizza voli low cost è pari al 46%, ma scende al 28% se si considerano solo le linee aeree italiane. Quindi, se si guarda alla ripartizione del mercato italiano tra compagnie aree tradizionali e low cost, nel totale risulta che a fronte del 46% dei passeggeri trasportati su voli low cost c’é un 54% che usa i vettori tradizionali. Mentre, focalizzando l’analisi solo sulle linee italiane, per un 28% che ricorre a voli low cost c’é un 72% che preferisce le compagnie aree tradizionali. Inoltre per il complesso delle compagnie aeree, italiane e straniere, tra il 2003 e il 2011, la quota dei passeggeri trasportati su voli low cost sia raddoppiata, passando dal 23% al 46% Colpa della crisi? O dell’alta velocità ferroviaria?
Cosa è avvenuto in questo contesto alla nuova Alitalia, nata cinque anni fa,  dopo una lenta, confusa e tardiva privatizzazione di Alitalia, una “delayed privatization” secondo la brillante definizione di un documento della Banca d’Italia. Nei dieci anni precedenti la denazionalizzazione, tenere in vita il vettore “di bandiera” con varie alchimie finanziarie e forti sostegni pubblici è costato ai contribuenti 4 miliardi di euro; a questa cifra occorre aggiungere i 2,3 miliardi di euro per lo scorporo delle attività poste in liquidazione dal Commissario Straordinario da quelle cedute ai nuovi azionisti. Pochi mesi dopo, l’avvio della nuova azienda, un economista particolarmente attento al settore, Andrea Giuricin, preconizzava che prima o poi la “privatizzazione infinita” di Alitalia si sarebbe conclusa con una nuova nazionalizzazione, nel senso la compagnia sarebbe diventata una filiale di AirFrance-Klm, che è, di fatto, controllata dall’azionista pubblico. Dal nostro punto di vista , è indifferente se l’azionista di riferimento sia italiano o straniero – quel che conta è l’efficienza, l’efficacia, la competitività e la qualità del servizio. Non è, però, indifferente se esso sia emanazione di uno Stato (italiano o straniero) e considerazioni non economiche (e non inerenti a efficienza, efficacia, competitività e qualità del servizio) incidano nelle strategie aziendali e nella gestione dell’intrapresa.
Nel 2010, la prima “relazione semestrale” del management al Consiglio d’Amministrazione della nuova Alitalia ha fatto pensare che i pronostici di Giuricin fossero corretti ed ha lasciato tutti insoddisfatti. Le semestrali successive hanno confermato, in peggio, le previsioni fatte allora. Nessuna voce si è levata a mettere in discussione le cifre ed i calcoli presentati semestre dopo semestre da economisti ed analisti finanziari. Occorre, sottolineare che la prima “semestrale”  riguardava la fase di avvio: non si può chiedere ad un giovane che comincia a solcare un palcoscenico di essere ingaggiato dall’Old Vic per essere il protagonista dello shakespeariano “Amleto”. L’aspetto più preoccupante risultante dal documento è che gli obiettivi posti dallo stesso management per la fase d’avvio non sono stati neanche sfiorati: rispetto agli obiettivi, i ricavi sono stati pari a poco più di un terzo, il prezzo medio effettivo del biglietto a meno del 15%, il “load factor” a meno del 20%. Differenze tra obiettivi e risultati di queste dimensioni e la probabilità di un peggioramento dell’Ebit (margine  al lordo di tasse ed interessi) di 240 milioni di euro entro fine 2009 non possono non innervosire alcuni soci dell’impresa e suscitare perplessità sulla capacità del management di portarla all’approdo auspicato.
La svolta si sarebbe dovuta verificare già nell’estate 2010 (con l’aumento stagionale del traffico passeggeri). E’ stata un’estate dura per tutte le compagnie aeree, tranne alcune low cost: lo documentano le analisi dell’Aita. Per Alitalia, però, l’estate è stata più dura che per altre aziende di trasporto aereo a ragione dei ritardi dei voli e del pasticciaccio brutto dei bagagli smarriti o inviati verso destinazioni differenti da quelle dei passeggeri; in luglio e soprattutto agosto, questi disservizi hanno riempito le pagine di giornali italiani e stranieri, dando l’impressione che tutte le responsabilità fossero di Alitalia (e non anche delle strutture aeroportuali). Come se ciò non bastasse, nell’impresa tenuta in piedi per miracolo con il gettito fiscale gravante sulla collettività, ci sono state nuove ondate di scioperi In autunno, sondaggi d’opinione stimavano un aumento della disaffezione della clientela (sia passeggeri sia cargo) nei confronti della compagnia.
Sempre in autunno , la stampa riportava il rischio di tensioni, anche gravi, tra i soci. Uno dei quali (AirFrance-Klm) avrebbe fatto sapere “off-the-record” essere in attesa di un miglioramento della congiuntura internazionale (e quindi dei propri conti) per acquistare l’intera azienda e di farla diventare una sua sussidiaria. Dal punto di vista del processo di liberalizzazione della società italiana, tale prospettiva è preoccupante unicamente perché equivarrebbe ad una nuova, almeno parziale, statalizzazione d’Alitalia. Potrebbe, però, portare ad una razionalizzazione del sistema aereo europeo (riducendo e rafforzando i gruppi in grado di affrontare le rotte intercontinentali), accentuando la concorrenza (se le regole del gioco sono stabilite, e monitorate, da un ‘autorità indipendente europea) e rendendo, di fatto, Alitalia il partner per le rotte mediterranee ed orientali di una grande multinazionale dell’aviazione civile. Ora, ai primi segni di possibile miglioramento della congiuntura internazionale, AirFrance-Klm rientra in campo e, scaduto il periodo in cui ci si era vincolati a non vedere le proprie quote,  un numero crescente di ‘ patrioti’ pare pronto a lasciare il campo ed a passare la mano - o meglio le azioni.
Come avrebbe dovuto rispondere il management della compagnia alle cifre delle relazioni sui conti ed alle voci su tensioni all’interno della compagine azionarie? Con un nuovo programma che avesse obiettivi tecnici e finanziari realistici e che fosse rivolto ai nodi strutturali: a) l’eterogeneità degli aerei (una delle cause primarie dei ritardi), b) l’integrazione tutt’altro che facile con AirOne (e la situazione effettiva di indebitamento ereditato da AirOne); c) i tempi ed i modi per affermarsi come efficiente ed efficace compagnia nell’aerea europea e mediterranea, prima, ed avviare una rete intercontinentale, poi.
Risposte esaurienti a questi interrogativi non sono mai  giunte. Nonostante la nuova Alitalia è parsa fruire di privilegi più o meno indiretti, specialmente nelle interpretazioni normative dirette ad aumentare i costi e limitare l’attività delle low cost; il miglioramento della competitività non si ancora visto, il destino sembra segnato ed avrà indubbi costi occupazionali (specialmente a Roma) ma nessuno sembra in grado di evitare una vendita a AirFrance-Klm a prezzi inferiori di quelli che i franco-olandesi avrebbero pagato cinque anni fa. C’è – è vero – chi spera in un’offerta dagli Emirati. Allah, però, ha cose più importanti di cui occuparsi.
- See more at: http://www.lindro.it/economia/2013-10-01/102134-i-cieli-difficili-di-alitalia#sthash.tUAxtA8N.dpuf

Nessun commento: