lunedì 30 settembre 2013

La nuova stagione romana 2013/14, dal Lago dei cigni al Rigoletto in Il Sussidiario 1 ottobre



OPERA/ La nuova stagione romana 2013/14, dal Lago dei cigni al Rigoletto
Pubblicazione: martedì 1 ottobre 2013
L'Opera di Roma L'Opera di Roma
NEWS ROMA
La stagione 2013/2014 vivrà all’insegna dei capolavori della musica lirica, i classici che il grande pubblico ama. Dominerà soprattutto il binomio amore e morte con piccole parentesi di serenità e sorrisi donizettiani.

L’inaugurazione sarà ancora alla luce del bicentenario verdiano. Il 27 novembre, alle ore 19, il sipario del Teatro Costanzi si alzerà sull’Ernani di Giuseppe Verdi. Un melodramma ricco di bellissime e famose arie, un’opera in cui il grande compositore anticipa caratteri e psicologie che svilupperà nelle creazioni successive, quelle definite “della maturità”. Alla base della storia l’opera teatrale di Victor Hugo “manifesto” del romanticismo francese. Sul podio il Maestro Riccardo Muti; la regia, le scene e i costumi del nuovo allestimento sono firmati da Hugo de Ana, di certo un regista che ama le interpretazioni non classiche e sempre capace di far discutere il pubblico. Sulla scena un cast che il pubblico dell’Opera di Roma ben conosce per averlo applaudito in diversi allestimenti dall’Attila al recentissimo Nabucodonosor, un cast di fama internazionale che sarà presente anche nella tournée in Giappone: Luca Salsi, Tatiana Serjan, Anna Pirozzi, Francesco Meli, Ildar Abdrazakov, Ildebrando D’Arcangelo.

La stagione di danza ha inizio con Il lago dei cigni, in assoluto lo spettacolo di balletto che conta il maggior numero di repliche al Teatro dell’Opera, assicurando una serie infinita di “tutto esaurito”. Il suo contrasto tra bianco e nero non ha mai smesso di incantare. La nuova versione che viene presentata dalla compagnia di Roma è adattata dal francese Patrice Bart. Ritorna sul palcoscenico del Costanzi, insieme ad altri ospiti internazionali, Svetlana Zakharova con la sua straordinaria eleganza. L’orchestra è affidata alla autorevole bacchetta di Andriy Yurkevich.

In gennaio ritornano le magiche atmosfere evocate in Notes de la Nuit, trittico che prevede la ripresa di Quartetto, visionario affrescocreato dal giovane Francesco Nappa proprio per la compagnia capitolina sulle note di Steve Reich e Philip Glass. Segue, per la prima volta all’Opera di Roma, la proposta di una creazione di Jacques Garnier, coreografo francese scomparso nel 1989 a soli quarantotto anni, che in Aunis ha voluto far rivivere i ricordi degli anni infantili cullati dalla brezza marina. Chiude la serata l’onirica visione Aria Tango di Micha van Hoecke, con la presenza di Alessio Carbone. Un teatro vuoto e nudo prende vita alla fine di uno spettacolo con la complicità della musica di Luis Bacalov.

Come ormai consuetudine del cartellone dell’opera l’inizio del nuovo anno (dal 30 gennaio al 6 febbraio) è dedicato al Novecento. Ecco quindi il dittico di Maurice Ravel L’enfat et les sortilèges e L’heure espagnole, due piccoli, deliziosi capolavori di finezza espressiva in scena. Il primo, del 1925, su un malizioso testo di Colette, il secondo del 1911 definito a suo tempo “troppo scabroso”. Alla guida dell’Orchestra e del Coro del Teatro dell’Opera Charles Dutoit, nome di prestigio, amato in tutto il mondo e già applaudito interprete nella passata stagione di Samson et Dalila. Alla regia il giovane Laurent Pelly, esperto nel repertorio del Novecento, che debutta al Teatro dell’Opera.
 
OPERA/ La nuova stagione romana 2013/14, dal Lago dei cigni al Rigoletto
Pubblicazione: martedì 1 ottobre 2013
L'Opera di Roma L'Opera di Roma
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Manon Lescautè uno dei più amati capolavori, forse il primo capolavoro di Giacomo Puccini (in scena il 27 febbraio), di certo l’opera in cui il compositore traccia i fondamentali caratteri delle sue eroine gentili e dolorose che svilupperà pienamente in Bohème. La bacchetta è quella del Maestro Riccardo Muti; alla regia Chiara Muti che questa estate, per la stagione di Caracalla, ha firmato una applaudita edizione delDido and Aeneas di Purcell. Sulla scena un cast composto da voci di fama internazionale, a cominciare da Anna Netrebko, un soprano amato dal pubblico e dalla critica, una vera star che con la propria arte ha conquistato il pubblico dei maggiori teatri del mondo. Una cantante che riesce in modo unico a dare forza e passionalità ai personaggi che interpreta. E così sarà per Manon. Accanto a lei nomi nuovi come quelli Yusif Eyvazov e Simone Piazzolla. Il nuovo allestimento porta inoltre le firme di Carlo Centolavigna per le scene e Alessandro Lai per i costumi.  

E’ stato certamente Pier Luigi Pizzi uno dei più importanti registi che hanno riportato nel repertorio ilMaometto II di Gioachino Rossini. Uno dei suoi prestigiosi allestimenti arriva al Teatro dell’Opera dal 28 marzo. Opera drammatica, carica di tensione e bellissime arie fu composta da un giovane Rossini nel 1842. La regia di Pizzi mette in luce il dolore dei personaggi, potremmo dire la loro vocazione alla morte in una ambientazione di rispetto storico. Dirige l’Orchestra Roberto Abbado. Si ricostruisce così la coppia Abbado-Pizzi, applaudita lo scorso anno per l’allestimento de La Gioconda.

I ballabili tratti da opere verdiane come Macbeth, I vespri siciliani sono il nucleo principale attorno al quale Micha van Hoecke costruisce Verdi Danse, la sua nuova visione teatrale danzante. “Tutto ha inizio con qualche nota di musica al pianoforte, da qui si sviluppano paesaggi, pitture, danze musicali“. Non c’è una vera storia, ma solo evocazioni della mente che si fanno concrete nei corpi di Dinu Tamazlacaru, Gaia Straccamore, Alessandra Amato, Riccardo Di Cosmo e Alessandro Tiburzi. Sul podio lo specialista della danza David Garforth.

Un felice ritorno, l’8 maggio, quello de L’elisir d’amore di Donizetti. Applaudito nel 2011 segnò il debutto al Teatro dell’Opera del regista Ruggero Cappuccio. Spettacolo allegro, solare, mediterraneo che mostra tutta la gioia di vivere che contiene l’opera donizettiana. Un allestimento di successo con le scene di Nicola Rubertelli e i costumi di Carlo Poggioli. Sul podio il Maestro Donato Renzetti, attento esecutori di opere buffe, il cast ha il prestigio della qualità e il fascino della giovinezza, da Rosa Feola a Francesco Meli e Antonio Poli, da Alessandro Luongo a Adrian Sampetrean. 

La bella addormentata nel bosco 
nella versione realizzata da Paul Chalmer nel 2003 per il Teatro dell’Opera conserva intatti i sapori della magica favola di Perrault, rinnovati con gusto ed estro. Lo stile floreale dell’allestimento pensato da Aldo Buti contribuisce a sollecitare il sentimento dell’infanzia. A dare corpo alla delicata e sognante Principessa Aurora, per la prima volta sul palcoscenico del Costanzi, Jurgita Dronina, Prima Ballerina del Het Nationale Ballet, in coppia con Evan Mckie dello Stuttgart Ballett. Sul podio ancora una volta Andriy Yurkevich.

Ancora un classico, un capolavoro che è nella mente del grande pubblico, anche di coloro che non frequentano i teatri d’opera. E’ Carmen di Georges Bizet in scena dal 18 giugno. Un’opera che segna due debutti all’Opera di Roma: il direttore Emmanuel Villaume e il regista Emilio Sagi. Il pubblico romano potrà scoprire l’arte vocale e la grinta di Anita Rashvesvili e poi Clementine Margaine, due cantanti capaci di dare a Carmen una personalità carica di passione. Infatti, per le dieci repliche di Carmensaranno impegnati due prestigiosi cast: Aleksandrs Antonenko/Andeka Gorrotxategui, Kyle Ketelsen/Simon Orfila, Maria Agresta/Eleonora Buratto. Il Coro del Teatro dell’Opera è diretto dal Maestro Roberto Gabbiani.

La stagione di danza si conclude con un classico del Novecento che ritorna sulle tavole del Costanzi,Cenerentola, musicata da Sergej Prokof’ev nel 1945. “Quel che volevo sottolineare nella partitura – scrive il compositore – è l’amore di Cenerentola per il Principe, il sorgere e lo svilupparsi di questo sentimento, gli ostacoli, poi la realizzazione del sogno”. La versione di questo capolavoro è quella creata da David Bintley nel 2010 per celebrare il ventesimo anniversario del Birmingham Royal Ballet, compagnia da lui diretta. L’allestimento porta la firma di John Mcfarlane, apprezzato a Roma per Il flauto magico lo scorso marzo. Dirige l’orchestra Nir Kabaretti.

Rigoletto è certamente una delle opere più eseguite al mondo, accanto a La Traviata. Un capolavoro assoluto conosciuto universalmente per le arie e i cori. Sulla scena del Teatro dell’Opera torna Luca Salsi, ora nei panni di Rigoletto, con Albina Shagimuratova, Giorgio Berrugi. Alla regia Leo Muscato, sul podio Renato Palumbo reduce dal recente successo a Caracalla con Tosca. Debutto il 21 di ottobre e poi dieci repliche sino al 31 di ottobre. 


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L'Opera langue in Italia ma fiorisce in Buthan e Kazakhastan in QuotidianoArte 1 ottobre

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Il 21 ottobre inaugura "Opera Astana" con Attila di Verdi
L'Opera langue in Italia ma fiorisce in Buthan e Kazakhastan
Giuseppe Pennisi
Alcuni teatri d’opera italiani rischiano la liquidazione, specialmente se il decreto 'Valore Cultura' non verrà convertito in legge entro l’8 ottobre (ipotesi che pare improbabile dato il quadro politico e i conseguenti lavori parlamentari). Ma fiorisce altrove.
Grazie alle pagine di pubblicità sui giornali internazionali, si sa che il 21 ottobre viene inaugurata ‘Opera Astana’ con Attila di Verdi, regia di Pier Luigi Pizzi, Valery Gergiev sul podio, Ildar Abdrakzav. Pochi sanno che lo spettacolo è in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma e che il vice direttore del nuovo teatro è l’italiano William Grazioli, a lungo alla guida del Teatro Pergolesi di Jesi e del contiguo festival Pergolesi-Spontini. Ancora meno sono coloro che sanno che il 23 ottobre, ‘Acis e Galatea’ di Haendel inaugurerà la prima stagione lirica a Thimphu nel Bhutan con ala regia di Stefano Vizioli, le scene e i costumi di Giusy Piccolo, Aaron Carpenet al podio e un cast internazionale (Francesca Lombardi Mazzulli, Thomas Macleay, Jacques-Greg Belobo, Brian Downen).
Dato che nel Regno Himalayano non esiste un vero teatro all’occidentale, lo spettacolo avrà luogo (alle 15) nel suggestivo cortile della Royal Textile Academy (RTA) a Thimphu.
Multinazionale il supporto finanziario: Department of Culture, Ministry of Home and Cultural Affairs, Royal Government of Bhutan; Royal Academy of Performing Arts of Bhutan e il RTA. Tra gli sponsor l’University of Texas at El Paso (USA) with additional assistance provided from the Smithsonian Institution (Center for Folklife and Cultural Heritage) e imprese australiane, italiane e olandesi.

“Valore cultura”, gli scenari possibili in Il Corriere Musicale del 30 settembre



“Valore cultura”, gli scenari possibili

Politiche culturali  Il subbuglio della vita politica italiana di questo periodo potrebbe verosimilmente far slittare la conversione in legge del Decreto firmato dal ministro Massimo Bray


di Giuseppe Pennisi

GIUNTI A QUESTO PUNTO DELLA VITA POLITICA ITALIANA è molto difficile che alla Camera dei Deputati il testo del decreto “Valore cultura” venga approvato dalla Commissione pertinente in sede legislativa entro l’8 ottobre. In questi giorni il Parlamento è travagliato da problemi ben differenti, incluso un probabile voto di fiducia, nonché da possibili tensioni sui mercati finanziari. Inoltre l’autorizzazione di via libera, in modo che la Commissione deliberi in sede legislativa (o deliberante), può essere solo proposta dal Presidente della Camera e viene accolta nel momento in cui nessun deputato chiede di sottoporla al voto dell’assemblea. Oltre ai limiti stabiliti per materia (riserva di legge), ci sono limiti procedurali: il Governo o un decimo dei componenti di ciascuna Camera (articolo 72 della Costituzione) o un quinto della stessa commissione, possono infatti esercitare la “Richiesta di rimessione all’Assemblea”. Si tratta, comunque, di una via ormai molto raramente utilizzata, perché, con l’avvento del bipolarismo (ed ora tripolarismo) l’opposizione di turno impedisce regolarmente di ricorrervi.
Se il Governo Letta restasse in carica pur solo per l’ordinaria amministrazione potrebbe reiterare il decreto, che inizierebbe un nuovo iter parlamentare di 60 giorni. Il nuovo decreto potrebbe recepire o meno alcune delle critiche nei confronti del testo attuale; tali critiche hanno già portato ad un clamoroso sciopero al San Carlo di Napoli per un concerto dove era atteso il Capo dello Stato, ad una lettera di alcuni Sovrintendenti e ad altre manifestazioni di protesta.
Se nascesse un nuovo Esecutivo, pur sempre presieduto da Enrico Letta, potrebbe cambiare il titolare del dicastero ed il nuovo Ministro potrebbe avere idee differenti dal suo predecessore.
Se si andasse a scioglimento delle Camere ad elezioni, passeranno diversi mesi prima di un nuovo decreto.
Nel contempo è quanto mai difficile che gli istituti di credito diano nuovi o più ampi fidi ad istituzioni culturali in difficoltà, le quali potrebbero essere costrette a iniziare procedure di liquidazione. Il sito del Mibac mostra che il dicastero è stracolmo di avanzi di amministrazioni e residui (in oltre 200 contabilità speciali) e non ha attuato le misure decretate nel giugno 2009 su proposta unanime del Consiglio Superiore per i Beni Culturali. In parole povere, le risorse ci sono ma non possono essere utilizzate.
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A New York la City Opera fallisce, a Jesi il “Pergolesi” fiorisce in Formiche 30 settembre



A New York la City Opera fallisce, a Jesi il “Pergolesi” fiorisce

30 - 09 - 2013Giuseppe Pennisi A New York la City Opera fallisce, a Jesi il "Pergolesi" fiorisce
Una cattiva notizia: la New York City Opera ha dichiarato fallimento. È stata per anni il secondo teatro dell’opera di New York, situata, nel Lincoln Center, alla sinistra del Metropolitan (Met); nel New York State Theatre (una sala di ben 2700 posti). Soprattutto, ha portato innovazione con prime mondiale di opere americane moderne e prime per gli Stati Uniti di opere che il pubblico conservatore del paludato vicino di casa (il Met) non avrei mai accettato. In parallelo , una buona notizia: nonostante la riduzione dei finanziamenti pubblici e di quelli privati (tutti sono a conoscenza delle difficoltà del principale sponsor, la Banca Marche), il Teatro Pergolesi di Jesi è riuscito ad iniziare con grande successo la 46sima stagione lirica.
È organizzata dalla Fondazione Pergolesi Spontini e dedicata al tenore Franco Corelli nel decennale della scomparsa, ed stata inaugura venerdì 27 settembre con un titolo raro in Italia e per la prima volta rappresentato a Jesi, “L’Arlesiana” di Francesco Cilea, dramma lirico in tre atti da Alphonse Daudet, su libretto di Leopoldo Marenco. L’opera, in un nuovo allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini in coproduzione con il Wexford Festival Opera, è diretta da Francesco Cilluffo, firma la regia Rosetta Cucchi, scene di Sarah Bacon, costumi di Claudia Pernigotti, light designer è Martin McLachlan. Nella compagnia di canto, protagonisti sono il tenore russo Dimitry Golovnin nel ruolo di Federico ed il mezzo-soprano abruzzese Annunziata Vestri nel ruolo di Rosa Mamai; Mariangela Sicilia interpreta Vivetta, Valeriu Caradja è Metifio, Stefano Antonucci canta Baldassarre, Cristian Saitta è Marco, Riccardo Angelo Strano interpreta L’Innocente. L’Orchestra è la Filarmonica Marchigiana, il Coro Lirico V. Bellini è diretto da Carlo Morganti.
“L’Arlesiana” fu rappresentata per la prima volta il 27 novembre 1897 al Teatro Lirico di Milano, con Enrico Caruso nel ruolo del protagonista, che eseguì con gran successo “Il lamento di Federico”, la romanza destinata a mantenere ancora oggi vivo il ricordo di quest’opera. Non è stata mai rappresentata prima a Jesi e in questo suo “debutto” propone al pubblico una autentica rarità musicale: la seconda romanza di Federico “Una mattina m’apriron nella stanza”, ritenuta perduta e recuperata un anno fa dal tenore Giuseppe Filianoti nella città natale di Cilea, Palmi.
Il nuovo allestimento propone un viaggio nella psiche di Federico, oscillando tra momenti di realtà e la sua percezione sempre più delirante. Una scelta sottolineata dalle scene, che con il progredire del dramma sono sempre più infestate da apparizioni, crudeli proiezioni del desiderio del protagonista. Spiega la regista, Rosetta Cucchi: “Al centro della vicenda è l’insana passione per una donna misteriosa che non compare mai nell’opera. Il protagonista, Federico, la desidera disperatamente, la sogna, soffre per lei, e improvvisamente la sua mente comincia a vacillare. Gli sforzi di coloro che lo circondano per mantenere la sua ragione lucida sono inutili, e lentamente la sua anima trasforma la storia d’amore in una cupa ossessione. È come se l’immagine della persona amata, perennemente sospesa nello stato cosciente, eserciti un’attrazione verso il quale Federico non può difendersi. L’amante ossessionato ascolta il canto della sua sirena e follemente ne segue l’ombra, che si muove via via via, diventando una proiezione delle sue follie. Il pubblico segue il viaggio di Federico fuori dalla realtà, intravisto attraverso una porticina nera all’inizio di ogni atto, verso il suo mondo ideale immaginario. Molte persone orbitano attorno a quest’uomo: una potente madre, un fratello debole, un uomo vecchio e saggio e altri, e nessuno di essi sarà in grado di aiutarlo. Ma siamo assolutamente sicuri che tutto è reale?”.
Nella storia, ambientata in Provenza, Federico è deciso a sposare una misteriosa donna di Arles contro la volontà di sua madre, Rosa, ma, giunto finalmente il momento del matrimonio, è costretto a rinunciarvi a causa di Metifio, che vanta un diritto di prelazione esibendo alcune lettere d’amore che l’Arlesiana gli ha scritto. Federico si dispera e la madre Rosa riesce a convincerlo a dimenticare la giovane di Arles sposando Vivetta, una brava ragazza del paese da tempo innamorata di lui. Convinto di aver superato la sua malattia d’amore, Federico decide di accettare il suggerimento della madre, ma proprio il giorno fissato per le nozze, la ricomparsa di Metifio risveglia in Federico la passione e la gelosia per l’amata di un tempo, fino a spingerlo al suicidio gettandosi da una torre. Applausi a scena aperta, ovazioni al calar del sipario e possibilità di portare lo spettacolo altrove (anche all’estero)
La Stagione lirica di tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi prosegue venerdì 4 ottobre con “Viva V.E.R.D.I. Le grandi opere di Giuseppe Verdi”, rara mise en espace di duetti per baritono e basso tratti dalle opere verdiane Attila, Don Carlo, Simon Boccanegra e Falstaff; in scena, il baritono Julian Kim e il basso Luca Tittoto, Giacomo Sagripanti dirige l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, video scenografia a cura di Benito Leonori, mise en espace a cura di Matteo Mazzoni.
Chiude la Stagione Lirica 2013 del Teatro Pergolesi il “Falstaff” di Giuseppe Verdi, venerdì 22 novembre alle ore 20.30, con replica domenica 24 novembre alle ore 16
Al cartellone lirico di tradizione, si affianca inoltre il XIII Festival Pergolesi Spontini dal titolo “Lo scettro e la bacchetta”: dal 5 ottobre al 3 novembre 2013, concerti ed eventi dedicati al rapporto tra musica e potere politico, in un percorso da Gaspare Spontini a Wagner e Verdi; in programma, la prima esecuzione in epoca moderna della Cantata “Gott segne den König!” (‘Dio benedica il Re!’) di Spontini per soli, coro e orchestra, e una giornata dedicata al cinema muto con la proiezione su musica dal vivo del colossal “Cabiria” (1914).

domenica 29 settembre 2013

TELECOM/ Le due "sfide" che Telefonica lancia all’Italia in Il Sussidiario 30 settembre



TELECOM/ Le due "sfide" che Telefonica lancia all’Italia

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La fine della saga (italiana) di Telecom Italia non è “triste”, in quanto se il servizio è buono e le tariffe adeguate poco conta se “la stanza dei bottoni” è a Roma, Milano o Madrid. È “trista” - si consenta a un siciliano di utilizzare, di tanto in tanto, il proprio vernacolo. “Trista” vuol dire ciò che a Pisa e dintorni si dice “birba”, ossia un po’ malandrina. Con colpi di scena degni di un’opera buffa, come quella di un Presidente Esecutivo, che, passato indenne attraverso Enimont e tante altre tempeste, apprende da un comunicato stampa quel che fanno i suoi maggiori azionisti.
Il 3 ottobre è convocato il Consiglio d’amministrazione che verosimilmente si concluderà con il cambio di Presidente Esecutivo e con il controllo dell’azienda da parte della “consorella” spagnola che ha tutto l’interesse a spostare in terra iberica sia il cervello dell’impresa che eventuali nuovi impianti. Può essere che gli utenti italiani ne trarranno beneficio: molti hanno da anni optato per altri operatori sia fissi, sia mobili disponibili sul mercato. È indubbio che l’occupazione ne soffrirà e che verosimilmente verranno penalizzate anche la ricerca e l’innovazione su suolo italiano in uno dei settori più importanti per l’economia del ventunesimo secolo.
Non è questa la sede per rievocare la saga Telecom; da tredici anni redigo ogni anno il capitolo sulle liberalizzazioni della società italiana dell’associazione Società Libera e chi fosse interessato al mio punto di vista e alla sua evoluzione po’ trovarlo qui. Alla vigilia del CdA mi preme porre l’accento su due aspetti: a) il futuro della rete; b) il “male oscuro” di molte imprese di telecomunicazioni (che nel caso di Telecom Italia è esploso all’ennesima potenza). Il primo riguarda il breve periodo. Il secondo il lungo.
Nel breve periodo, è parso, per lo “spazio di un mattino” (come dice un proverbio francese), che si tentassero interventi legislativi dell’ultim’ora o per impedire l’acquisto da parte della spagnola Telefonica delle quote Telco di Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca o per giungere a uno “scorporo forzoso” della rete. L’ipotesi è pura fantascienza: ci saremmo posti al di fuori delle regole Ue e, in aggiunta, la Spagna avrebbe avuto pieno titolo a deferirci alla Corte di Giustizia europea e anche agli organi giurisdizionali della World Trade Organization, anche in quanto il Governo di Madrid non ha mosso neanche una sopracciglia quando il nostro Enel ha assunto il controllo della loro Endesa. Quindi, se scorporo ci sarà, sarà “volontario”.
Il Parlamento avrebbe dovuto “scorporare” la rete quindici anni fa, prima che con il “nocciolino duro” dello 0,7% posseduto da Fiat, Telecom Italia fosse privatizzata. Nell’eventualità che il nuovo azionista di controllo voglia privarsi della vera polpa dell’azienda - per l’appunto la rete - occorre stabilire il prezzo per unità locale di unbundling. Il prezzo attualmente stimato a 9,28 euro, con una proposta dell’Agcom di ridurlo a 8,68, appare troppo basso alla luce dei 10 euro fissati in Germania (dove c’è, però, una molto maggiore diffusione di banda larga). Sempre congetturando la disponibilità di Telefonica di separarsi dalla “rete”, occorre chiedersi chi, dato lo stato del manufatto (la relativamente poca diffusione della banda larga), sarà pronto a scommettere sulla redditività dell’acquisto.
E qui veniamo all’aspetto di lungo periodo. Come sottolineato il 23 settembre su questa testata, una caratteristica del settore è il differenziale tra rendimenti economici alla collettività e rendimenti finanziari all’azienda. Una regolamentazione attenta e un management abile possono, anche in regime di mercato libero, concorrenziale e aperto al resto del mondo, curare questo nodo. Non sta a me discettare di regolamentazione in questa sede. I nuovi “entranti” sul mercato italiano dimostrano, però, che se il management è di qualità si riescono a superare difficoltà come “l’ultimo miglio” per agganciarsi alla rete e la tradizionale diffidenza degli utenti a lasciare operatori con i quali si è usi a lavorare.
Dubito che il management sia stato all’altezza ai tempi del monopolio quando (nomi e cognomi sono su tutti i giornali) la sua principale preoccupazione pare essere stata quella di assicurarsi “pensioni d’oro”. Non è stato, però, migliore nei vari passaggi di mano di chi si indebitava sino al collo nell’illusione di godere di una rendita che non c’era.

E qui veniamo all’aspetto di lungo periodo. Come sottolineato il 23 settembre su questa testata, una caratteristica del settore è il differenziale tra rendimenti economici alla collettività e rendimenti finanziari all’azienda. Una regolamentazione attenta e un management abile possono, anche in regime di mercato libero, concorrenziale e aperto al resto del mondo, curare questo nodo. Non sta a me discettare di regolamentazione in questa sede. I nuovi “entranti” sul mercato italiano dimostrano, però, che se il management è di qualità si riescono a superare difficoltà come “l’ultimo miglio” per agganciarsi alla rete e la tradizionale diffidenza degli utenti a lasciare operatori con i quali si è usi a lavorare.
Dubito che il management sia stato all’altezza ai tempi del monopolio quando (nomi e cognomi sono su tutti i giornali) la sua principale preoccupazione pare essere stata quella di assicurarsi “pensioni d’oro”. Non è stato, però, migliore nei vari passaggi di mano di chi si indebitava sino al collo nell’illusione di godere di una rendita che non c’era.


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