lunedì 12 agosto 2013

Esodati e super-pensioni Il cantiere previdenza in Avvenire del 13 agosto


Esodati e super-pensioni Il cantiere previdenza

Dopo l’Imu l’esecutivo dovrà affrontare altri nodi economici Le ipotesi sul tavolo per ridurre il gap tra assegni d’oro e «minime»


DI GIUSEPPE PENNISI D opo l’Imu, le pensioni. Se e quando il governo riuscirà a superare lo sco­glio dell’imposta sulla prima casa, si troverà alle prese con un nodo tradizional­mente destinato a fare entrare in fibrillazio­ne uomini, donne, bambini, anziani, mercati finanziari e, quindi, a causare temporali sot­to il cielo della politica: la previdenza.

Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha confermato ad Avvenire che, in settembre, si aprirà un tavolo per tentare di risolvere il problema degli esodati. Si tratta di un tema complesso in quanto ci sono molteplici ca­tegorie , tra cui alcune rimaste senza sti­pendio e senza trattamento previdenziale in seguito a incentivazioni, pure pubbliche. E l’ex presidente del Consiglio, Giuliano A­mato, ha gettato un sasso nello stagno: a ra­gione della situazione del mercato del la­voro, di frequenti interruzioni di impiego, di basi contributive agganciate ad un Pil che non cresce e si contrae, occorre una rifor­ma molto più vasta dei 'rattoppi' per gli e­sodati. Si sono aggiunte altre voci con la pubblicazione di e­lenchi (e foto) di iper-pensio­nati d’oro o di diamante.

La proposta nel Palazzo è un contributo addizionale su red­diti e pensioni 'elevati' per la costituzione di un fondo di rie­quilibrio a favore dei meno for­tunati. Non sarebbe discrimi­natoria , e quindi sarebbe costituzionale, perché 'erga omnes', lavorativi attivi, red­ditieri e pensionati: una 'tassa di scopo' che aumenta sia il carico tributario con­tributivo complessivo sia il cuneo fiscale. Rendendo imprese grandi e piccole anco­ra meno competitive e spegnendo i flebili barlumi di ripresa.

Il problema segnalato da Amato (ed altri) e­siste e non può essere eluso. Come amava di­re Churchill, per scrutare bene il futuro, oc­corre guardare al passato. Sono trascorsi 18 anni dalla 'riforma Dini' che ha introdotto il sistema contributivo e 20 dalla 'riforma A­mato' che ha portato da 15 a 20 anni di con­tributi il requisito per avere titolo ad un trat­tamento previdenziale ordinario. Quando il requisito venne allungato (gennaio 1993), la stessa Organizzazione internazionale del la­voro (Oil) brontolò: in gran parte dei 190 Sta­ti membri dell’Oil si richiedono attorno a dieci anni. Altrimenti, molti lavoratori fini­scono nel limbo dei silenti che per avendo contribuito per un lasso di tempo abba­stanza lungo non fruiscono, al termine del­la loro vita attiva, di trattamenti ed il loro la­voro impingua quelle degli altri. In Italia, la contraddizione è tanto più palese poiché per la ’gestione separata’ (chiamata INPS2) si ri­chiedono solo cinque anni di contributi.

Occorre, in primo luogo, fare leva su questo tassello (i modelli econometrici di INPS e RGS consentono di fare i conteggi in pochi minuti). Occorre, poi, introdurre un 'tetto' sia ai contributi sia ai trattamenti (come av­viene in quasi tutti i Paesi). Ovviamente, la norma non può essere retroattiva. Occorre, infine, ripristinare 'l’integrazione al mini­mo', a carico dell’erario, per le fasce più bas­se degli incapienti. I costi complessivi de­vono essere coperti da spese risultanti poco proprietarie in base alla spending review.

E per gli attuali 'pensionati d’oro' o di 'diamante'. Sono pochi ed anziani. Tutti ormai ne conoscono nomi e volti. Pazien­tiamo. In attesa che vengano loro aperti i pascoli dell’eternità.

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Avanza l’idea di un contributo addizionale su redditi elevati che favorisca la costituzione di un fondo di riequilibrio per i meno fortunati Si studia anche un 'tetto' massimo

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