sabato 27 luglio 2013

Opere micro, grande lirica in Avvenire 27 luglio

Opere micro, grande lirica


DI GIUSEPPE PENNISI Q uali che siano i marchingegni di finanza pubblica per sostenere le fondazioni liri­che, in Italia l’opera come forma di e­spressione estetica è condannata se non si attira nuovo e più giovane pubblico Mancano da­ti completi ma basta aggirarsi per teatri d’opera e vedere in sala, nei palchi e nei loggioni, una pre­valenza (circa due terzi) di 'pantere grigie e bian­che' la cui frequentazione è destinata, per ragio­ni naturali, a diminuire. Alcuni mesi fa uno dei maggiori trimestrali tedeschi del settore – Max & Joseph pubblicato a Monaco – ne attribuiva la responsabilità principalmente agli allesti­menti e alle drammaturgie, tanto tradizionali da sembrare stantie, e di scarsa attrattiva per le nuove generazioni. Avvenire ha ricordato alcuni mesi fa co­me il teatro povero americano (quasi privo di finanziamento pubblico) ha rinnovato il pubblico portando in scena dramma in musica tratti da romanzi, film ed anche eventi politici recenti e molto noti.

Benjamin Britten (di cui quest’anno si celebra il centenario della morte) lo aveva preconizzato già sei decenni fa e composto, per il 'suo' teatro a Al­deburgh e per tournée, opere con organico al­l’osso e facilmente trasportabili. Alcuni teatri (ad esempio, il Lirico Sperimentale di Spoleto e la Fi­larmonica Romana) si sono in parte messi su que­sta strada mettendo in scena brevi 'reality opera' tratte da fatti di cronaca. Poche fondazioni l’han­no seguita anche in quanto operano in vasti tea­tri ottocenteschi ed hanno in gran misura chiuso strutture (come la Piccola Scala) adatte a questo scopo. Tuttavia, alcune fondazioni dispongono anche di teatri - bomboniera (ad esempio per il Maggio Fiorentino il Goldoni). Peccato che, pur avendolo coprodotto (ed in parte pagato), sia sta­to cancellato Written on the Skin di George Benja­min che sta trionfando in tutta Europa e che né il Maggio né altri teatri italiani abbiano rappresen­tato Thanks to my Eyes del milanese Oscar Bian­chi, uno dei maggiori successi artistici e com­merciali non solo nel Vecchio Continente ma an­che in America degli ultimi tre anni. Sono a lavo­ri a basso costo su argomenti che interessano i giovani.

Infine, in Italia soltanto Lucca, Reggio Calabria ed un festival sperimentale romano si sono interessati alle micro opere di Gerolamo Deraco che, un me­se fa, ha vinto in Ungheria il premio Bartók Plusz e simulta­neamente entrato nel Guinness dei Primati con TACI , che con i suoi 8 secondi è l’opera più breve al mondo, eseguita la sera della prima 17 volte (1+7=8) ogni volta con variazioni. Deraco la chiama «un minimo dramma» per vo­ce e orchestra, presentata con regia di Aczél An­drás, concertata da Cser Ádám e con protagoni­sta Röser Orsolya Hajnalka. Tema, «l’illusione di spazio» e il conseguente «vuoto sociale della so­cietà contemporanea». In settembre, sarà al­l’Opéra National di Nizza, poi in vari teatri tede­schi, austriaci e del Nord Europa. Non figura in nessun cartellone italiano.

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