martedì 23 luglio 2013

Maxi manovra taglia-debito Ecco cosa può fare il Tesoro in Quotidiano Arte 23 luglio



Maxi manovra taglia-debito Ecco cosa può fare il Tesoro


DI GIUSEPPE PENNISI P rima la crescita e poi la riduzione del debito pubblico? Oppure prima la riduzione del debito pubblico e poi la crescita? Sembra il titolo di un libretto dell’Abate Giambattista Casti per un’opera di Antonio Salieri ('Prima le pa­role, poi la musica'). O ancora l’e­terna questione se sia nato prima l’uovo o la gallina. In sintesi, se non si riduce il peso del debito, non si cresce, ma se non si cresce, il fardello del debito in proporzione del Pil non può che aumentare.

E se ci proponesse, invece, di cercare di ridurre il costo del debito pubblico e, quindi, gradualmente lo stock? È una proposta formulata più volte negli ultimi due anni da Avvenire, anche sulla base di forme innovative di «riscatto», attuate da alcuni Paesi dell’America Latina e dalla Germania. In America Latina non si trattava di risolvere il nodo del debito pubblico interno (abbastanza contenuto a differenza di quello sull’estero) ma di affrontare il peso di un insostenibile debito previdenziale. In Germania, il problema era come coniugare denazionalizzazioni con la riduzione del debito dei Länder orientali. In tutti questi casi, per il riscatto sono stati istituiti fondi specifici quali il Treuhandenstat ( Tha) tedesco e si è utilizzato parte dello stock di ricchezza pubblica e privata.

Il nodo irrisolto delle cessioni


Un fondo per riscatto del debito pubblico dovrebbe basarsi su tre pi­lastri: a) parte del patrimonio immobiliare pubblico; b) parte del parimonio immobiliare privato su base volontaria, in cambio di un’esenzione permanente da eventuali imposte patrimoniali; c) parte dei veri di gioielli di famiglia (Enel, Eni, Finmeccanica, Poste Italiane, Sace, St-Microelectronics, Terna, Poligrafico, Sogin, Inail). Rai, Ferrovie, Fincantieri ed altre imprese da denazionalizzare non verrebbero incluse poiché fardelli da rimettere in sesto o da liquidare.

Con un tale 'sottostante' in garanzia, il fondo potrebbe emettere titoli a lungo termine (a tassi allineati su quelli di riferimento della Bce) per riscattare il debito pubblico e, in via subordinata, finanziare investimenti a lungo termine di interesse collettivo attual­mente accantonati a ragione delle ristrettezze di bilancio. Il fondo sarebbe un veicolo per denazionalizzare/ privatizzare le società /gli enti le cui azioni sarebbero il suo 'sottostante'. È ad un’operazione di questa natura che ha fatto cenno, in recenti interventi, il ministro Saccomanni. Perché funzioni, il 'sottostante' do­vrebbe essere aggregato (con una cartolarizzazione) e non dovrebbe essere quotato in Borsa per un certo numero di anni (al fine di costituire una garanzia solida). Potrebbe essere col­locato presso fondi pensione per da­re corpo ad una efficace ed efficiente previdenza integrativa. Ciò richiede­rebbe una preventiva riduzione del loro numero da 700 ad una decina, con effettiva portabilità.

Annunci e progetti allo studio


Ci sono segnali che indicano di non abbassare la guardia e, anzi, di rimettere in campo manovre straordinarie per ridurre lo stock di debito pubblico. Il fardello del debito rende certamente più ardua l’utilizzazione di strumenti di stimolo della domanda e di supporto dell’offerta, essenziali per tornare su un sentiero anche solo di moderato sviluppo. Se ad esso aggiungiamo il fatto che il declassamento della qualità dei t­toli di Stato italiani, deciso recentemente da Standard & Poor’s, è stato motivato con il «deterioramento in prospettiva del quadro economico e finanziario dell’Italia» e che è iniziato un aumento dei tassi d’interesse a lungo termine, il quadro dei problemi in campo è completo. Sotto il profilo politico, il Pdl ha presentato una proposta di riduzione dello stock di debito per un valore di 400 miliardi di euro, da attuarsi nell’arco di cinque anni. Già nel giugno 2012, il Cnel aveva tenuto un ampio semi­nario mettendo a confronto varie proposte presentate in materia nei due anni precedenti (gli atti sono di­sponibili in e-book ) e poche setti­mane dopo la fondazione Astrid ha formulato un documento con un ventaglio di suggerimenti tecnici all’allora ministro dell’Economia e delle Finanze. Il piano 'taglia debito' ora posto sul tappeto si pone nel solco di quel dibattito. Un passo indietro dell’intervento pubblico per  indietro dell'intervento pubblico per ridurre il debito che grava sulle spalle di tutti è, senza dubbio, un obiettivo condivisibile. Occorre chiedersi quanto sia fattibile. Un banchiere di rango, Pellegrino Capaldo, autore in passato di proposte incisive di riduzione del debito tramite dismissioni, sottolinea che oggi il quadro è molto più difficile di quanto non fosse nel 2011-2012, a ragione del crollo dei valori immobiliari e dell'andamento non entusiasmante della Borsa. Un esempio? L'unica privatizzazione decretata dal governo tecnico è stata quella dell'Unici, l'Unione nazionale degli ufficiali in congedo. Tutto è ancora fermo, in realtà: il pertinente decreto infatti non è stato convertito in legge, pare a ragione delle difficoltà di collocare nelle pubbliche amministrazioni 3 dei 15 dipendenti dell'ente.


L’obiettivo è istituire un fondo 'ad hoc' grazie alle dismissioni di immobili e gioielli di famiglia Ma vendere il patrimonio dello Stato è impresa improba

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