venerdì 24 maggio 2013

Le «5 Stelle» che incuriosiscono Washington in Avvenire 24 maggio



Le «5 Stelle» che incuriosiscono Washington

l’analisi


I grillini sono giovani, istruiti, liberi dai pregiudizi della guerra fredda. Portano avanti temi che stanno a cuore agli Usa. Senza contare le affinità su democrazia diretta e finanziamenti


DI GIUSEPPE PENNISI N ei 'corridoi del potere' si narra che la diplo­mazia italiana abbia dovuto sudare le prover­biali sette camicie perché non si verificasse un incontro tra il segretario di Stato degli Usa, John Kerry, e i capigruppo parlamentari del Movimento 5 Stelle, Roberta Lombardi (Camera) e Vito Crimi (Senato). Mol­ti politici degli altri schieramenti erano entrati, infatti, in fibrillazione per le 'aperture di credito' al M5S fat­te, anche pubblicamente (ad esempio in uno dei licei storici della Capitale), dall’ambasciatore degli Stati U­niti presso la Repubblica Italiana, David Thorne.

Come si spiega questa attenzione? In primo luogo, il Di­partimento di Stato, il Dipartimento della Difesa, e l’A­genzia centrale per la sicurezza (Cia), di solito in lite perenne tra di loro, concordano su due punti essen­ziali. Il primo: oggi l’Italia è ancora più importante per la Nato - e per gli Usa - di quanto non lo fosse ieri, poi­ché, per motivi differenti, sia la Grecia sia la Turchia non possono essere considerate totalmente affidabili (e ancor meno stabili). L’Italia ha, però - e questo è il se­condo punto - un ceto politico logoro e logorato che ri­chiede un cambiamento molto più profondo di un sem­plice passaggio di testimone generazionale a fasce d’età anagraficamente più giovani, ma allevate nella cultura partitica della Prima e della (cosiddetta) Seconda Re­pubblica. Occorre notare che l’attuale ceto dirigente pubblico americano (sia i politici sia gli alti funziona­ri) è cresciuto culturalmente in una fase successiva al­la guerra fredda. E a Washington si ritiene che due tra i tre maggiori schieramenti politici italiani, il Pd e il Pdl, siano ancora radicati nella 'cultura della guerra fred­da'. Mentre il M5S viene considerato affrancato dai pregiudizi di quella lunga fase e attento a tematiche (quali i beni pubblici mondiali, lo scontro tra civiltà, i nuovi terrorismi, le nuove povertà) che sono al centro delle preoccupazioni Usa.

In secondo luogo rispetto ad altri gruppi politici italia­ni, il M5S pare - visto dagli Usa - relativamente com­patto, meno litigioso di altri e abituato a comporre le differenze al proprio interno facendo ricorso a metodi di democrazia diretta. A riguardo, occorre tenere pre­sente che negli Stati Uniti la democrazia rappresenta­tiva è la regola per il Congresso federale e le assemblee legislative dei singoli Stati (dove variano moltissimo i sistemi elettorali), ma la democrazia diretta ha in nu­merosi Stati dell’Unione notevole spazio nel funziona­mento delle Contee, degli organi di controllo della scuo­la, dell’elezione dei magistrati giudicanti (dove ciò av­viene) e degli sceriffi. La democrazia diretta è, poi, spes­so il metodo che prevale nella formazione delle PTAs (Parents-Teachers Associations) che, in numerose Con­tee, governano le singole scuole e le università. Di con­seguenza, a torto o a ragione, il ceto dirigente ameri­cano nel M5S ritrova o, almeno, intravede, alcune ca­ratteristiche familiari e che spesso fanno solidamente parte della cultura politica statunitense.

In terzo luogo, da Washington si guarda con simpatia all’abolizione dei rimborsi elettorali e alla riduzione di altri costi della politica e della macchina burocratica (uno dei vessilli del M5S). Si fa notare che non solo i par­lamentari italiani sono molto più numerosi di quelli del Congresso federale Usa, ma hanno compensi si­gnificativamente più elevati di quelli dei loro colleghi americani (così come la diplomazia italiana ha com­pensi nettamente superiori a quelli della diplomazia degli Stati Uniti, pur incidendo molto meno sugli e­quilibri internazionali). In quarto luogo, negli Usa colpisce e piace il relativa­mente elevato livello medio d’istruzione dei parla­mentari M5S: sottolineano che l’88% ha una laurea ri­spetto a un terzo circa nel Pd ed alla metà quasi nel Pdl. Ciò non vuol dire che a Washington si 'scommetta' sul M5S, ma che Oltreoceano se ne stia esaminando l’e­voluzione con cura. Con l’attenzione che si riserva a un soggetto che potrebbe diventare un futuro interlocu­tore.

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