martedì 7 maggio 2013

Come Letta potrebbe uscire dal labirinto economico in L'Indro del 7 maggio



Giuseppe Pennisi
Martedì 7 Maggio 2013, 15:50

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ammortizzatori socialibcecassa integrazionedisoccupazioneEnrico LettagovernoUe
L’analisi statistica ci dice che unaluna di miele’ di un Governo con il Parlamento e l’opinione pubblica dura tra i sei e i nove mesi. Tuttavia, esperienze recenti affermano che è in corso un acceleramento, o, se si vuole, un accorciamento. Il Governo Monti in Italia e la Presidenza Hollande in Francia hanno avuto ‘lune di miele’ di circa tre-cinque mesi a ragione, nel primo caso, del forte aumento della pressione tributaria causata dal decreto Salva Italia a cui non ha fatto seguito un impulso alla crescita (di produzione , redditi ed occupazione) con il Cresci Italia e, nel secondo caso, dall’avere fatto in campagna elettorale promesse che si sono subito rivelate impossibili da mantenere.
Enrico Letta ha di fronte a sé una ‘ luna di miele’ che minaccia di essere breve (come quelle di Monti e di Hollande) anche a ragione di rissosità all’interno della maggioranza, frutto inevitabile delle circostanze in cui è nata e della mancanza di tempo per definire un programma chiaro, condiviso e tale da non dare adito ad equivoci. Prima dell’inizio dell’estate, deve avere avviato a soluzione i nodi economici e sociali più gravi. Ciò vuol dire individuare subito un filo d’Arianna per percorrere un labirinto complesso in cui le principali forze che sostengono il Governo sostengono tesi contrapposte, con l’aggravante che nell’ambito di una di queste forze si supportano linee tra loro contrastanti.
A mio avviso, il filo d’Arianna può essere composto di questi elementi:
a) Ottenere dalle autorità europee una deroga-rinvio agli obblighi relativi all’equilibrio strutturale di bilancio’ e all’arco di tempo per portare lo stock di debito pubblico al 60% del Pil al pari di quanto già concesso a Spagna e a Francia.
b) Mettere in atto misure efficaci per la ripresa e per aumentare il tasso di occupazione, soprattutto giovanile.
c) Arrestare , o almeno rallentare, l’incremento del disagio sociale in corso da anni ed aggravatosi negli ultimi mesi.
Vediamo gli aspetti essenziali di questi tre elementi.
In primo luogo , il saggio 'Does high public debt consistently stifle economic growth? A critique of Reinhart and Rogoff' («Gli alti debiti pubblici impediscono davvero la crescita? Una critica a Reihart e Rogoff» pubblicato poche settimane fa da Thomas Herndon, Micheal Ash, e Robert Pollin dell'Università del Massachussetts a Ahmerst mette in serio dubbio i risultati del riassunti da Carmen Reihart e Kenneth Rogoff  autori di 'This time is different: eight century of financial folly' («Questa volta è differente: otto secoli di follia finanziaria») pubblicato nel 2009 presso la Princeton University Press per presentare in modo organico una serie di studi prodotti nell’arco di dieci anni.
Il lavoro mette in serio dubbio il teorema di Reinhart e Rogoff in base al quale se lo stock di debito pubblico supera il 90% del Pil, la crescita potenziale subisce un freno pari ad un punto percentuale del Pil. Tale ‘teorema’ è diventato , per anni, la dottrina dominante delle istituzioni finanziarie internazionali e, quel che più conta, la base della lettera del 2011 di Olli Rehn, vice-presidente della Commissione europea, in cui si richiamavano i ministri economici e finanziari dell’eurozona (e dei cosiddetto «PIIGS» in particolare) a osservarla.
E successivamente della lettera della Banca centrale europea e della Banca d’Italia al Governo italiano che innescò il cambiamento di esecutivo. Reinhart e Rogoff hanno essenzialmente ammesso gli errori statistici ed econometrici. Ho esaminato questi punti altrove con maggior dettaglio tecnico. L’implicazione politica è che cadono le ragioni per la lettera di Rehn (ed atti successivi) e ne diminuisce il loro valore. Quindi, il Governo italiano ha le ragioni per chiedere un trattamento pari a quello di Francia e Spagna all’ormai imminente Consiglio Europeo del 22 maggio. E di conseguenza, la chiusura immediata della ‘procedura d’infrazione’ (aperta contro Roma). Ciò darebbe spazio ad una politica di bilancio più‘accomodante’ nei confronti della crescita.
Le misure per la crescita devono riguardare principalmente le imprese e l’occupazione giovanile. Ciò vuol dire non solo ridurre il ‘cuneo fiscale’ sul lavoro e adottare sgravi per le imprese che impiegano giovani ma anche risolvere al più presto il problema dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese (il decreto pare impantanato) e fare arrivare alle imprese l’aumento della liquidità che resta parcheggiato presso le banche centrali e la stessa Bce.
Sul primo punto, un lavoro di Franco Bassanini e Marcello Messori mostra come (seguendo un percorso già adottato in Spagna) si possa risolvere il problema dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese senza aggravare il deficit e lo stock di debito pubblico. Sul secondo uno studio di quasi vent’anni fa di Ben Bernanke e Mark Gertler (Inside the Black Box : The Credit Channel of Monetary Policy Transmission) delinea le misure che devono essere prese per evitare la penalizzazione di cui soffrono le imprese italiane.
Per quanto attiene al terzo punto, dati recenti di Nomisma documentano che in Italia il tasso di risparmio delle famiglie si sta contraendo più che in altri Paesi europei e che la povertà sta crescendo più che altrove. C’è il rischio di ‘social unrest’. Occorre ripensare drasticamente il welfare perché i fondi pubblici vadano effettivamente verso chi è in maggiore condizioni di disagio. L’aumento del finanziamento della cassa integrazione in deroga è un tampone temporaneo. Occorre andare rapidamente verso un ridisegno degli ammortizzatori sociali.





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