mercoledì 24 aprile 2013

Vi racconto l’Enrico Letta che conosco in Formiche 24 aprile

Vi racconto l’Enrico Letta che conosco
24 - 04 - 2013Giuseppe Pennisi Vi racconto l'Enrico Letta che conosco
Durerà a lungo il governo Letta (pochissimi pensano che la riserva non verrà sciolta in modo positivo nel giro di poche ore)?
Riuscirà Enrico Letta a superare quello che è il maggiore scoglio sul percorso dell’Esecutivo che si accinge a guidare: le tensioni inevitabili della primavera 2014 quando la “Trimestrale di cassa”, il Documento di Economia e Finanza (DEF) ed il Piano Nazionale per le Riforme (PNR) con lo spettro delle elezioni europee (probabilmente l’8-9 giugno) con un sistema elettorale (proporzionale con preferenza) che accentua le divergenze tra partiti e all’interno di ciascuno di essi? La procella (ove non proprio una tempesta perfetta) sarà dura ed occorrerà navigare tra tante Scille e tante Cariddi, ed evitare di ascoltare numerose sirene.
Verosimilmente riuscirà a farlo meglio di altri (non lo raffronto con nessuno dei competitor citati sulla stampa in questi giorni) per la radicata cultura democristiana che – lo dimostrano le vicende di questi ultimi vent’anni – rende, nel centro sinistra, coloro che vengono dall’ormai antico partito di maggioranza relativa più duttili e più abili timonieri di coloro che hanno fatto la propria formazione in quello che fu l’ex-PCI.
Inoltre, la sua età lo fa essere un interlocutore efficace nei confronti delle sue controparti europee ed americane, molti suoi coetanei (ove non anche più giovani di lui). C’è da auspicare che porti con sé una squadra di ministri giovani, non perché la giovane età sia una virtù di per stessa, ma perché una dirigenza politica giovane è meglio attrezzata (delle fasce d’età più anziane) a comprendere i temi ed i problemi di un Paese che (al pari di altri) ha perso il vantaggio di essere nel gruppo che per due secoli ha detenuto il monopolio del progresso tecnologico ma che da due lustri mostra di avere poca efficienza adattiva a orientare produzione, investimenti, e consumi alle nuove esigenze dell’economia internazionale.
Nel corso degli ultimi vent’anni, ho avuto modo di interfacciarmi con Letta spesso. La prima volta fu alla metà degli Anni Novanta, quando io rappresentavo in Italia l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), e lui era capo della Segretaria tecnica del Ministro degli Esteri Beniamino Andreatta. L’occasione specifica era l’organizzazione della presentazione del Rapporto Annuale dell’UNCTAD – una cortesia che l’OIL, con una base a Roma, faceva ad una consorella del sistema della Nazioni Unite – a Palazzo Rondinini (una cortesia personale dell’Istituto Affari Internazionale). Con il giovane collaboratore di Andreatta, passammo rapidamente dal ‘Professore’ e ‘Dottore’ al ‘tu’ e mi colpì l’efficienza con cui gestiva la sua piccola squadra e soprattutto con cui operava con la struttura del Ministero.
Successivamente, ci siamo incontrati più volte in Arel in seminari di economia internazionale e di economia del lavoro, nonché un paio di volte è stato invitato alla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione in dibattiti sull’Europa con ospiti stranieri (ad esempio, con Fréderic Michel, fondatore ed all’epoca direttore di Policy Network, pensatoio del centro-sinistra europeo, e di Frank Vibert, direttore dell’European Policy Forum, di orientamento, invece, liberal-liberista). Altre occasioni sono state nella legislatura 2001-2006 quando collaborai con il Ministro per le Attività delle Produttive, e con il Vice Ministro per il Commercio con l’Estero, e feci parte del Comitato Scientifico dell’I.C.E.,riprendendo spesso in mano dossier da lui trattati. Meno frequenti i contatti negli ultimi anni anche a ragione del fatto che il mio incarico istituzionale al CNEL non presenta occasioni ufficiali d’interazione.
Enrico Letta ha, però, spesso avuto il garbo di farmi inviare suoi libri in lettura – forse a ragione del lavoro di tanti anni fa e degli incontri successivi. Probabilmente egli stesso considera “Passaggio a Nord-Est” del 1994 come Richard Wagner giudicava il proprio “Die Feen” – ossia il frutto di un entusiasmo giovanile ora da dimenticare. La “tetralogia europea” (Euro, Morire per Maastricht del 1997, “La Comunità Competitiva” del 2001, “Il Dialogo attorno all’Europa” del 2002 e “L’Allargamento dell’Unione Europea” del 2004) rispecchiano tanto il suo europeismo quanto la sua esperienza di Ministro per gli Affari Europei. Considero tali anche ‘L’Europa a Venticinque’ del 2005 ed il recente (2010) “L’Europa è Finita?”.Coloro che volessero conoscere meglio il suo pensiero dovrebbero leggere “Costruire una cattedrale. Perché l’Italia deve tornare a pensare in grande” del 2009.

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