martedì 9 aprile 2013

Perché Barca può far diventare europeo il Pd in Formiche 9 aprile



09 - 04 - 2013Giuseppe Pennisi Perché Barca può far diventare europeo il Pd
Non so il ministro della Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, sia “disceso” o “salito” in campo. Tuttavia, per quanto abbiamo weltanschaungeen (visioni politico-culturali del mondo) piuttosto differenti, ci frequentiamo da un certo numero di anni; non da quando ha un incarico di governo per la buona prassi di non cercare amici in ruoli ufficiali ove non si è esplicitamente cercati.
Non solamente ci rispettiamo a vicenda ma credo che abbiamo reciproco piacere a scambiare idee. Siamo ambedue economisti di formazione anglosassone, anche se Barca è chiaramente e decisamente marxista (d’altronde la Cambridge nel Regno Unito è stata per decenni l’ultimo avamposto dei seguaci di Karl Marx in Occidente) e io mi considero di tradizione neo-classica liberal-liberista (pur se con una punta di “strutturalismo” di marca più asiatica ed africana che latino-americana). Ho sempre trovato stimolanti le discussioni con lui.
Non è, però, a ragione del piacere della conversazione che ritengo che, ove Barca “scenda” o “salga” in politica attiva, egli sia la persona adatta a fare diventare “europeo” il Pd, a porre un partito la cui dirigenza sembra logora e la cui struttura organizzativa (capillare, costosa e poco efficiente) ricorda il mondo di fare politica nel Novecento storico più che nell’era dell’integrazione economica internazionale. Le ragioni sono le seguenti:
In primo luogo, Barca ha una profonda ‘culture’ internazionale non solo per gli studi a Cambridge e per il lungo lavoro in stretto contatto con le istituzioni europee ma anche e soprattutto perché ha una famiglia internazionale. Così come, con mia moglie Patrice, alterno italiano con inglese e francese in gran misura in funzione dell’ambiente in cui siamo, penso che anche lui parli indifferentemente italiano o inglese con sua moglie Clarissa (e con i loro figli) a seconda della circostanze. Non è un dettaglio secondario. Così come non lo è leggere come primo quotidiano un giornale straniero (nel mio caso l’International Herald Tribune che mi viene recapitato alle 6,30 ogni mattina). L’utilizzazione di una lingua internazionale, e la lettura di un quotidiano internazionale, pongono le nostre faccende di bottega in un contesto più vasto. Probabilmente, quello più appropriato per comprenderle e per distinguere ciò che è davvero importante da ciò che riguarda litigi da comari.
In secondo luogo, si deve a Fabrizio Barca la migliore analisi del capitalismo italiano e dei suoi problemi. Suggerisco di leggere non tanto i suoi lavori pù prettamente accademici quanto lo snello “Il capitalismo italiano, storia di un compromesso senza riforme” edito da Donzelli una quindicina di anni fa. E’ un’analisi puntuale di come si è arrivati alla situazione attuale, di quali sono i compromessi che bloccano le riforme e di quali sono le riforme essenziali che occorre fare per rimettere in moto l’Italia.
E’ un’analisi, of course, di un’economista di scuola marxista ma in gran misura condivisibile perché rigorosa ed “europea”. Le implicazioni sono riforme ben differenti da quelle delineate da uno Stefano Fassina e dall’attuale scuderia del PD. L’agenda per il cambiamento, di cui si è spesso parlato in questi giorni dandole contenuti fumosi (per utilizzare un lessico elegante), la si ricava dalle misure per ridurre quel “compromesso senza riforme” che da decenni blocca l’evoluzione della società e da vent’anni arresta la produttività dei fattori produttivi. E’ un’agenda che pone come sue prime misura la rottura di recinti alla base di privilegi.
In terzo luogo, Barca ha avuto modo di conoscere amministrazioni pubbliche molto efficienti (la Banca d’Italia) e molto inefficienti (Ministeri, Regioni) e di avere anche esperienze in organizzazioni internazionali di differente spessore e qualità. Quindi, ha consapevolezza dei limiti dell’azione amministrativa, anche quando è guidata dall’azione politica con le migliori intenzioni. Non se ha mai letto il capolavoro che ha fatto ottenere il Premio Nobel a V.S. Naipul, il romanzo A Bend in the River ma è certamente d’accordo con il messaggio di fondo del libro: per l’uomo l’utopia è la cosa peggiore. Lo è ancor di più per chi fa politica ed assume posizioni di leadership.
Questi elementi inducono a pensare che Fabrizio Barca posso tirare il Pd fuori dalle secche in cui si è messo e portarlo ad essere un partito socialdemocratico di livello europeo.

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