domenica 17 marzo 2013

Lirica, il thriller di Janácek conquista la Fenice in Avvenire 17 marzo



Lirica, il thriller di Janácek conquista la Fenice


DI GIUSEPPE PENNISI D

elle opere di Leoš Janácek, Il ca­so Makropulos è quella che più si è vista ed ascoltata in Italia negli ultimi anni. Un’edizione curata da Lu­ca Ronconi, in versione ritmica italia­na, è stata in scena a Torino, Bologna, Napoli ed in lingua originale alla Scala. Un’altra edizione (con la regia di Wil­liam Friedkin e la concertazione di Zu­bin Mehta) ha avuto successo a Firen­ze. La scelta della traduzione ritmica ha una ragione: come il dramma di Karel Capek, da cui è tratta, l’opera ha la gui­sa di un serrato 'giallo' giudiziario (la ricerca di un documento risolutivo in una vertenza che dura da cento anni), anche se tratta essenzialmente di temi etico-filosofici come immanenza e tra­scendenza. Non è da preferirsi alla lin­gua originale poiché nella scrittura vo­cale note e parole si plasmano a vicen­da sino all’immenso arioso finale. Le vo­ci sono sorrette da un’orchestra in ma­gico equilibrio tra il melodismo nostal­gico slavo e il sinfonismo di Richard Strauss, con influenze di Debussy. In breve, un ininterrotto mormorio, inaf­ferrabile e inclassificabile, e provvisto di temi di assoluta originalità, nonché di delicatezza impressionistica e di cal­ligrafismo sonoro. L’allestimento a Venezia sino al 23 mar­zo è coprodotto da La Fenice con il tea­tro lirico di Norimber­ga e i tre teatri che for­mano l’Opéra du Rhin. Si è anche visto al Co­vent Garden e nel Nord della Gran Bretagna. Potrebbe toccare altre città italiane le prossi­me stagioni. La regia di Robert Carsen (scene e costumi sono di Radu e Miruna Bruzescu) mantengono l’ambientazione al tempo in cui l’ope­ra venne scritta, situandola specificata­mente – la protagonista è una cantante lirica – nei giorni della 'prima' a Praga della Turandot di Giacomo Puccini. U­na Praga kafkiana in cui si dipana il th­riller della ricerca di una ricetta di lun­ga vita che ha consentito alla cantante di vivere 327 anni (restando sempre gio­vane e bella) ma che ora sta esaurendo la sua efficacia. Ritrovatale, E.M. (que­ste iniziali la hanno accompagnata per ol­tre tre secoli, pur cam­biando nomi e nazio­nalità) deve decide se continuare la propria avventura terrena: sceglie di andare ver­so l’Alto.

L’opera – come altre di Janácek – in effetti tratta del valore e del­la durata della vita come esperienza ter­rena. Gabriele Ferro concerta con cura e attenzione una par­titura tutt’altro che facile, dandole una patina lirica che la rende scorrevole e misteriosa. Interes­sante la scelta della protagonista; negli ultimi anni si è spesso optato per un so­prano drammatico (Raina Kabaivanska nella versione in italiano, Angela De­noke a Firenze, Salisburgo e nei princi­pali teatri tedeschi). In questo allesti­mento, si torna ad un soprano lirico 'spinto' come previsto da Janácek. Án­geles Blancas Gulín dà al ruolo una dol­cezza e anche una fragilità (di fronte al­le grandi scelte della vita e della morte) che, negli ultimi vent’anni, ho ascolta­to dal vivo solo in una straordinaria in­terpretazione di Anja Silja nel 2000 ad Aix-en-Provence. Buono il resto della compagnia con due giovani tenori (En­rico Casari e Ladislav Elgr) di livello.

© RIPRODUZIONE RISERVATA Carsen ambienta «Il caso Makropulos» durante la prima di Turandot a Praga Grande interpretazione di Ángeles Blancas Gulín







Nessun commento: