lunedì 18 marzo 2013

Ecco quello che i Bersani boy sanno ma non vogliono dire a Bersani in Formiche 18 marzo



Ecco quello che i Bersani boy sanno ma non vogliono dire a Bersani

18 - 03 - 2013Giuseppe PennisiEcco quello che i Bersani boy sanno ma non vogliono dire a Bersani
Da quando, per vari motivi, l’America Latina è di moda, i “Bersani Boy”, ossia coloro che collaborano più strettamente con il segretario del Partito Democratico (specialmente sotto il profilo della politica economica), lo chiamano con il nomignolo affettuoso “El Jefe” (ossia il capo – in spagnolo vuole anche dire “capocuoco”). A tal fine studiano documenti (anche altrui) e ne elaborano di propri. Non riassumono, però, tutto a “El Jefe” un po’ per deferenza un po’ per non scoraggiarlo prima delle consultazioni al Quirinale. Vediamo alcuni punti essenziali dei documenti in questione:
a) In campagna elettorale, il Pd ha tenuto un atteggiamento decisamente pro-europeo. Non solamente è necessario “convertire” un buon numero di senatori del M5S a un percorso diretto a portare più Europa in Italia e più Italia in Europa – due slogan ribaditi più volte prima delle elezioni – ma occorre trovare (come insiste “El Jefe” sui media) un equilibrio tra rigore e sviluppo. E’ facile? Tutt’altro, scrivono nella nota Fiscal policy in Europe: search for the right balance’ Marco Buti (promosso da Prodi a Direttore Generale per la Politica Economica e Finanziaria presso la Commissione Europea) e il suo Consigliere per le Politiche di Bilancio, Nicolas Carnot (discendente dal noto matematico ed adesso al servizio dell’Europa).
b) Un gelo ancora più freddo viene leggendo un altro documento della Commissione Europea che, a differenza di quello semi-clandestino e avvolto di mistero di Buti e Carnot, è stato illustrato da Alexandr Hobsa il 14 marzo nella sala blu del Ministero dell’Economia e delle Finanze alla presenza di un folto gruppo di “Bersani Boy”. L’analisi, approfondita, e accompagnata da alcune simulazioni econometriche (peraltro molto semplici) dimostra che anche se la Germania (e il resto del gruppo dei Paesi nordici) cambia strada e punta sull’acceleratore della liquidità, aumentando, al tempo stesso, saggio di salari e consumi interni (auspicio da tempo della Cgil e di parte del Pd, nonché di Sel), il disavanzo della bilancia dei pagamenti dell’Italia con la Repubblica Federale e con il resto del mondo resterà tale e quale. Dato che, su basi di dati Eurostat, proprio alcuni “Bersani Boy” hanno calcolato che dall’introduzione dell’euro nel 1999 al 2010, l’Italia ha subito una fiscal devaluation del 30%, continuare su questo percorso vorrebbe dire o comprimere ulteriormente il netto in busta paga dei lavoratori o tagliare drasticamente il ‘cuneo fiscale – contributivo‘. Per “El Jefe” è un dilemma come quello del Dottore del play di George Bernard Shaw: operare e far vivere il marito della propria amante o mandarlo al Creatore.
c) Qual è la ragione di fondo del problema? Ovviamente, ce n’è più di una: La principale è il ristagno della produttività che, forse, solo medicine alla Marchionne potrebbero alleviare (ma ciò porterebbe a una guerra aperta con la Cgil). Una determinante la scrive a tutto tondo una simpatizzante in trasferta a Londra, Domenica Tropeano, in un lavoro sulla ‘fragilità finanziaria’ del consolidamento dei saldi di bilancio. In termini più tecnici, sottolineano lo stesso tema due economisti dell’Università dell’Indiana, Huixin Bin e Eric Leeper, nel saggio Uncertain Fiscal Consolidation.
d) In questo quadro, monta ormai dal maggio scorso la marea in favore di una riforma profonda dell’eurozona: al pari dell’unione monetaria latina che, dalla fine dell’Ottocento al 1927 ha regolato i rapporti tra  vari Stati europei (tra cui l’Italia), si andrebbe verso un sistema con due monete – l’euro e il ‘guldenmark’. Il secondo sarebbe la valuta forte a cui il primo verrebbe agganciato con uncrawling peg, perno mobile. Il ‘guldenmark’ sarebbe certamente privilegiato in Germania, Austria, Belenux, Finlandia, Estonia e Slovacchia. Esiste una marea di proposte anche molto tecniche in materia. A “El Jefe” non piacerebbe certo essere immortalato come il Presidente del Consiglio destinato a portare l’Italia monetaria in seconda classe.
e) Infine il contagio dalla piccolo Cipro. Il rischio c’è perché il modo pasticciato con cui si sta gestendo la vicenda sta dando un corpo mortale all’unione monetaria e fa crollare uno cardini del sistema bancario italiano: la garanzia sui depositi sino a 100.000 euro.
Se “El Jefe” non sa, può salire più serenamente le scale del Quirinale. Però, il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, è informato a menadito. E chi al M5S non è ancora informato, può scaricare la documentazione allegata a questa nota.

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