sabato 16 febbraio 2013

La Valchiria arriva a Palermo in Il Velino 15 febbraio



La Valchiria arriva a Palermo

Il “Ring”, interamente prodotto dal Teatro Massimo, ritornerà in scena in autunno con le ultime due opere

- 15 febbraio 2013 18:09 fonte ilVelino/AGV NEWS Roma http://www.ilvelino.it/photo/690a3f2d-ff72-4abc-b60e-84735a5b905c/mainhp/
“Die Walküre” va in scena dopo quasi un mese dall'inaugurazione del Teatro Massimo di Palermo con “Das Rheingold” che ha raccolto grande interesse soprattutto per la regia di Graham Vick. Anche questa volta le scene e i costumi sono di Richard Hudson, i movimenti mimici di Ron Howell e le luci di Giuseppe Di Iorio. Sul podio dell'Orchestra del Massimo il finlandese Pietari Inkinen. Fra interpreti vocali, celebri specialisti di questo repertorio, ritroviamo Franz Hawlata come Wotan, Anna Maria Chiuri come Fricka e poi Lise Lindstrom nel ruolo della valchiria Brünnhilde e John Treleaven come Siegmund; Alexey Tanovitski è Hunding e Ausrine Stundyte è Sieglinde. Le otto valchirie sono: Brigitte Wohlfahrth (Gerhilde), Julia Borchet (Ortlinde), Nydia Palacios (Waltraute), Annette Jahns (Schwertleite), Nadine Weissbach (Helmwige), Kremena Dilcheva (Siegrune), Eva Vogel (Grimgerde), Manuela Bress (Roßweiße). Il “Ring”, interamente prodotto dal Teatro Massimo, ritornerà poi in scena in autunno con le ultime due opere, “Siegfried” (19-30 ottobre) e “Götterdämmerung” (23 novembre – 4 dicembre).
Graham Vick al suo terzo “Ring” rivendica la specificità di questo nuovo allestimento destinato al Teatro Massimo: “È pensato per Palermo: racconta di noi qui, adesso, dell’Italia, della Sicilia, del Massimo”. Sulla scena agisce un gruppo di quaranta mimi, che svolge una funzione paragonabile a quella del coro nelle antiche tragedie greche (la forma di teatro a cui Wagner dichiarava di essersi ispirato nel concepire i suoi Musikdramen). Questi ragazzi, dunque, osservano partecipano reagiscono al dramma, ma reagiscono anche a noi, voglio dire che sono corpi conduttori delle nostre emozioni. La presenza di costoro attesta l’importanza del testimoniare: da un lato essi testimoniano l’azione che si svolge sul palco (alle volte anche in platea), dall’altro sono gli spettatori a essere testimoniati da loro. L’ascolto e la visione del Ring richiedono, si sa, una partecipazione incondizionata, e sarebbe auspicabile che ciascuno di noi uscisse da teatro diverso. L’argomento attorno a cui ruota la Walküre è cosa sia la natura, è il contrasto tra “natura” e “civilizzazione” indagato da Leopardi, tra Kultur e Zivilisation (pulsioni istintuali, autentiche e norme del vivere sociale) discusso nel pensiero tedesco a partire dall’illuminismo e culminante nei libri di Oswald Spengler e di Thomas Mann. È giusto o no seguire gli istinti naturali?

Dal punto di vista musicale, diversamente dall’Oro del Reno, la Valchiria contiene molti passi estrapolabili dal contesto e noti al grande pubblico. Nel Primo e Terzo Atto assistiamo a un ritorno in grande stile del canto, della melodia, persino di qualche pezzo chiuso (arie, duetti); ma nel Secondo si parla molto, per una larga parte è come una seduta di autoanalisi alla quale Wotan si sottopone, prima ripercorrendo quanto accaduto col pretesto di narrarlo a Brünnhilde, poi confrontandosi con la propria funzione giuridica, cioè con Fricka. Wagner in questo assoluto capolavoro (uno dei suoi massimi risultati, insieme a Maestri cantori e a Parsifal) fa una scoperta grandissima: l’inconscio (la dimensione umana meno legata alla Zivilisation) come soggetto dell’intreccio e della trama musicale. In questo senso va letto il Secondo Atto, ma anche il mutuo e muto riconoscimento tra Sieglinde e Siegmund nel Primo. Ancora una volta, in essi riconosciamo appendici, estensioni di Wotan. Rappresentano il suo côté selvaggio, avverso al contratto sociale. Non dimentichiamo che il dio si è allontanato dal Walhalla, vive nascosto nella foresta, rifiuta le regole borghesi della casa, della famiglia, della rispettabilità. E poi ci sono le valchirie, esseri che provocano lotte, guerre e scontri per individuare tra i morti gli eroi da condurre in paradiso e così formare un altro esercito presunto invincibile. Ai prescelti, anche attraverso la loro musica gloriosa, vuota, vana, esse promettono una beatitudine perfetta ed eterna, un po’ come si fa con gli attentatori suicidi nelle guerre cosiddette “sante”. Non è forse anche questa una storia di oggi, che conosciamo, che viviamo sulla nostra pelle?

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