venerdì 4 gennaio 2013

Il nodo della nuova «vigilanza» sui conti - l’analisi in Avvenire 5 gennaio



Il nodo della nuova «vigilanza» sui conti l’analisi

Il prossimo Parlamento dovrà nominare un organismo indipendente per la verifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio


DI GIUSEPPE PENNISI L’ ultimo provvedi­mento approvato dal Parlamento riguarda «disposizioni» specifiche per raggiunge­re l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 e mantenerlo negli anni successivi. È stato varato il 20 dicembre, alla vigilia dello scioglimento delle Camere. Le misure chiave sono essenzialmente: a) il monitoraggio del ministe­ro dell’Economia sull’an­damento dei conti ed il rapporto del Ministro al Parlamento su eventuali correzioni degli scosta­menti; b) la creazione di un organismo indipen­dente per l’analisi e la ve­rifica degli andamenti di finanza pubblica e per la valutazione dell’osservan­za delle regole di bilancio. È verosimile che la prossi­ma primavera il nuovo mi­nistro debba, appena in­sediato, predisporre una proposta di «correzione» (ciò che in passato era u­na manovra di finanza pubblica effettuata poche settimane prima dell’as­sestamento di bilancio).

Facile congetturare che l’aggiustamento, ove ne­cessario, dovrebbe essere dal lato della spesa poiché proprio in quelle settima­ne ci sarà un aumento del­l’Iva; ulteriori incrementi del carico tributario a­vrebbero un effetto reces­sivo in un’economia pro­babilmente non ancora in ripresa.

Il nuovo organismo verrà creato dal prossimo Parla­mento e quindi non potrà incidere sul 2013. È stata concepita una costruzio­ne istituzionale accurata perché i Presidenti delle due Camere nominino persone di grande autore­volezza. Il Presidente e i due componenti dell’or­ganismo devono essere scelti in un elenco di die­ci specialisti di finanza pubblica approvato dalle Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento con una maggioranza di due terzi. Hanno un man­dato di sei anni non rin­novabile e sono coadiuva­ti da uno staff di trenta persone. Ci sono guaren­tigie per rendere difficili lottizzazioni in base alla appartenenza a questo o a quello schieramento.

Di solito, organismi di questa natura sono effica­ci se – come nei regimi presidenziali – esecutivo e Parlamento hanno legitti­mazioni elettorali diffe­renti non quando – come nei regimi parlamentari – il governo è espressione delle Camere. Forniscono un supporto tecnico a Par­lamenti giustapposti a go­verni (che hanno a loro di­sposizione i dicasteri). Ta­le supporto è meno ne­cessario se l’esecutivo è e­manazione del Parlamen­to e le Camere hanno pie­no accesso alle strutture «serventi» il governo.

Nell’ultimo decennio so­no stati creati organismi a­naloghi (con mandati leg­germente differenti) in al­cune democrazie parla­mentari (Gran Bretagna, Belgio, Danimarca, Olan­da, Svezia). Nel 2011 sono stata istituiti fiscal coun­cils in Irlanda e Portogallo nell’ambito dei program­mi di riassetto definiti con l’Unione Europea. È trop­po breve l’esperienza di questi councils per trarne conclusioni. Ho avuto mo­do di parlare a lungo del­l’argomento con il Presi­dente dell’organismo bri­tannico, l’Office for Bud­get Responsibility, Robert Chote. L’Office britannico è forse il più simile all’or­ganismo che si sta crean­do in Italia. Chote, di no­mina politica, al pari del suo vice, è affiancato da u­na quindicina di addetti in gran misura in posizione di «distacco» dai dicasteri economici. La sua opinio­ne è che avendo un forte «diritto di tribuna» e una notevole autorevolezza professionale (studi a Cambridge e Johns Hopkins, incarichi in Ban­ca Mondiale, Fondo Mo­netario, Tesoro britanni­co), i suoi (frequenti) in­terventi pubblici riescono a rendere maggiormente trasparenti le scelte di bi­lancio ma non ad incidere sui loro contenuti.

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È verosimile che in primavera il nuovo ministro debba predisporre una proposta di «correzione»

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